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Ambiente / Attualità

Salvare Venezia dall’immutabilità del Mose. L’appello al Governo delle realtà veneziane

In occasione della convocazione a Roma del Comitato interministeriale per la Salvaguardia di Venezia e della Laguna lo scorso 26 novembre, diverse realtà impegnate nella tutela della città hanno inviato una lettera all’esecutivo per chiedere ascolto, un cambio di rotta e l’impegno a voler affrontare i problemi di fondo e i danni della grande opera. “Le dighe mobili sono un progetto nato vecchio, intrinsecamente fragile per la sua complessità e la sua rigidità”

“Per salvare Venezia bisogna finire subito il Mose, a qualsiasi costo”. È questo il ritornello che i vertici degli organismi oggi responsabili della “grande opera”, affiancati dalle Amministrazioni locali, hanno ripetuto a ministri e politici giunti a Venezia dopo il disastro della notte tra il 12 e il 13 novembre. Si tratta di un ritornello pericoloso secondo diverse realtà associative veneziane che hanno deciso a fine novembre di appellarsi al Governo chiedendo ascolto, un cambio di rotta e l’impegno a rendere Venezia “città simbolo” a livello globale per una “innovativa capacità di gestione del cambiamento climatico in tutte le sue componenti ambientali, sociali ed economiche”.

Per contrastare quindi la “cintura di opacità e disinformazione che da anni protegge l’immutabilità del progetto” e “l’incredibile e irresponsabile ostinazione nel non voler vedere e non voler affrontare i problemi di fondo”, le realtà veneziane -dal Movimento “per un’altra città possibile” alla sezione locale di Italia Nostra, dall’Associazione Poveglia per tutti a Legambiente sezione Venezia– hanno scelto lo strumento della lettera diretta al Comitato interministeriale per la Salvaguardia di Venezia e della Laguna (“Comitatone”) convocato a Roma lo scorso 26 novembre. Un tentativo di sollecitare l’apertura di un autentico e costruttivo dialogo.

La premessa riguarda la precedente “scelta sciagurata” di aver consegnato nel tempo al Consorzio Venezia Nuova un “ulteriore consistente finanziamento per finire in fretta l’opera” del Mose, senza tener conto dei “gravi problemi tecnici e ambientali già evidenti e ai dubbi radicali sulla possibilità stessa dell’opera di rispondere agli obiettivi di salvaguardia di Venezia”.

“La questione cruciale -scrivono le realtà veneziane- è che le dighe mobili sono un progetto nato vecchio, intrinsecamente fragile per la sua complessità e la sua rigidità, impostato su parametri progettuali obsoleti e su ipotesi di funzionamento dei dinamismi naturali e del cambiamento climatico che risalgono agli ultimi decenni del secolo scorso”. Non solo: “Il livello di marea di 187 cm sul medio mare e soprattutto la dinamica da ‘vortice ciclonico’ della sua formazione stanno a dimostrare il profondo mutamento delle condizioni meteo climatiche già in atto. Non una emergenza occasionale dunque, ma un nuovo contesto di lungo periodo, nel quale dobbiamo aspettarci mutamenti ancor più grandi, con prospettive di innalzamento del livello del mare comprese a fine secolo tra 50 e 100 cm, che renderanno l’opera, ammesso che possa mai funzionare, del tutto inadeguata al suo scopo”.

La parziale realizzazione del Mose condotta finora avrebbe già prodotto “molti danni alla morfologia lagunare”, oltre ad aver “assorbito tutte le risorse per Venezia, impedendo di fatto tutti gli altri interventi necessari, come ad esempio quelli per il riequilibrio morfologico, per la riduzione della officiosità delle bocche, per il contrasto all’approfondimento, al livellamento dei fondali e alla perdita di sedimenti che stanno trasformando la Laguna in un braccio di mare”.

Quella contenuta nella lettera è una richiesta di ascolto responsabile delle voci critiche, di cambiamento reale di registro e di puntuale analisi delle istanze emerse con maggiore frequenza e maggiore consenso nelle numerose assemblee non partitiche che si sono tenute nelle ultime settimane.

La prima è quella di “non destinare un solo euro al completamento delle dighe prima di aver scientificamente dimostrato la loro possibilità di funzionare”. Poi si affronta il tema delle risorse destinate alla città: non si chiedono solo coperture dei danni ma anche soprattutto aiuti ai cittadini per “far fronte ai problemi della residenzialità e alle manutenzioni degli edifici”. “Contributi da erogare con regole di massima trasparenza -sottolineano i sottoscrittori della lettera- capaci di invertire l’attuale tendenza alla mercificazione ad uso turistico delle risorse urbane”. Per quanto riguarda le grandi navi da crociera e da trasporto merci è stata ribadita la richiesta di attuazione immediata del loro “divieto di transito lagunare”, “stabilendo normativamente le caratteristiche dimensionali compatibili con la tutela della laguna”.

Pubblichiamo di seguito la versione integrale della lettera. Le adesioni sono ancora aperte.

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Messaggio al ‘Comitatone per Venezia’ (Comitato Interministeriale per la Salvaguardia di Venezia e della Laguna, L. 798/1984), convocato a Roma il 26 novembre 2019

e a tutti i suoi componenti ministri :
– On. Presidente del Consiglio dei Ministri, Prof. Giuseppe Conte
– On. Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Dott.a Paola De Micheli
– On. Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gen. Sergio Costa
– On. Ministro per i Beni e Attività Culturali e per il Turismo, Avv. Dario Franceschini
– On. Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Prof. Lorenzo Fioramonti

C’è voluto il disastro della notte tra il 12 e il 13 novembre per riportare Venezia nell’agenda del Governo, dopo lunghi anni nei quali l’attenzione (quando c’è stata) è stata tutta assorbita dallo scandalo per l’amplissima rete corruttiva su cui si è basato il funzionamento del Consorzio Venezia Nuova. Il risultato paradossale di quello scandalo è stata la consegna al medesimo Consorzio Venezia Nuova di un ulteriore consistente finanziamento per finire in fretta l’opera.

È stata una scelta sciagurata. A quel tempo il Governo non ha ritenuto di dover prestare alcuna attenzione ai gravi problemi tecnici e ambientali già evidenti e ai dubbi radicali sulla possibilità stessa dell’opera di rispondere agli obiettivi di salvaguardia di Venezia. Dubbi sollevati e documentati da autorevolissimi studiosi veneziani e del mondo scientifico internazionale.
Con crescente sconcerto la popolazione ha così assistito all’emergere in continuazione di nuovi problemi e al rimando di anno in anno di quella “ultimazione urgente”. Per di più sempre condizionata a ulteriori consistenti finanziamenti.

La questione cruciale è che le dighe mobili sono un progetto nato vecchio, intrinsecamente fragile per la sua complessità e la sua rigidità, impostato su parametri progettuali obsoleti e su ipotesi di funzionamento dei dinamismi naturali e del cambiamento climatico che risalgono agli ultimi decenni del secolo scorso. Il livello di marea di 187 cm sul medio mare e soprattutto la dinamica da “vortice ciclonico” della sua formazione stanno a dimostrare il profondo mutamento delle condizioni meteo climatiche già in atto. Non una emergenza occasionale dunque, ma un nuovo contesto di lungo periodo, nel quale dobbiamo aspettarci mutamenti ancor più grandi, con prospettive di innalzamento del livello del mare comprese a fine secolo tra 50 e 100 cm, che renderanno l’opera, ammesso che possa mai funzionare, del tutto inadeguata al suo scopo.
Intanto la realizzazione condotta finora ha già prodotto molti danni alla morfologia lagunare e ha assorbito tutte le risorse per Venezia, impedendo di fatto tutti gli altri interventi necessari, come ad esempio quelli per il riequilibrio morfologico, per la riduzione della officiosità delle bocche, per il contrasto all’approfondimento, al livellamento dei fondali e alla perdita di sedimenti che stanno trasformando la Laguna in un braccio di mare.

Ai Ministri e ai politici che sono venuti a Venezia per vedere e per promettere, i vertici degli organismi oggi responsabili dell’intervento, affiancati dalle Amministrazioni locali, non hanno trovato di meglio che suggerire il vecchio ritornello: per salvare Venezia bisogna finire la grande opera subito e a qualsiasi costo. Senza alcun ripensamento, senza alcuna verifica, senza prestare minima attenzione agli autorevoli e sempre più consistenti dubbi tecnici, su alcune gravi criticità di quanto già fatto, sulle opzioni tecniche e sull’intera impostazione del progetto.
Oggi il Governo deve avere il coraggio di rompere la cintura di opacità e disinformazione che da anni protegge l’immutabilità del progetto e ascoltare responsabilmente le voci critiche. Per questo chiediamo al Governo riunito nel Comitatone di cambiare registro, di non perpetuare l’incredibile e irresponsabile ostinazione nel non voler vedere e non voler affrontare i problemi di fondo. Dopo tutto quello che è successo perseverare nell’errore davvero minerebbe alla base la fiducia nelle istituzioni.

La città è stata duramente colpita, ma i cittadini veneziani si sono attivati dovunque e comunque, dando prova di grande capacità di reazione e di solidarietà. Non solo per rimediare ai danni, pulire, salvare abitazioni e beni culturali, ma per trovare insieme, in un rinnovato senso di collettività, una prospettiva condivisa di futuro e misure indispensabili a mantenere abitabile la città, frenando l’esodo della popolazione. Un esodo destinato a diventare fiume in piena se mancheranno ai cittadini concrete prospettive di poter abitare, crescere e lavorare a Venezia in sicurezza.
Le richieste qui di seguito riportate registrano quanto emerso con maggiore frequenza e maggiore consenso nelle numerose assemblee non partitiche che si sono tenute in queste settimane. Sono dunque solo una sintesi, che verrà sottoposta a integrazioni e sarà oggetto di una adeguata raccolta di firme.

– non destinare un solo euro al completamento delle dighe prima di aver scientificamente dimostrato la loro possibilità di funzionare;
– destinare risorse non solo per risarcire i danni, ma per aiutare i cittadini a far fronte ai problemi della residenzialità e alle manutenzioni degli edifici. Contributi da erogare con regole di massima trasparenza, capaci di invertire l’attuale tendenza alla mercificazione ad uso turistico delle risorse urbane.
– riavviare da subito, con le risorse finanziarie oggi disponibili e in prospettiva con un nuova Legge Speciale per Venezia, gli studi e le realizzazioni degli interventi comunque necessari che ci sia o non ci sia il Mose: il riequilibrio della morfologia lagunare, la riduzione dell’officiosità delle bocche con elementi (stagionali) rimovibili, gli studi per il sollevamento puntuale o esteso delle quote di calpestio, la ripresa e l’aggiornamento del “progetto rii”, il potenziamento dell’Ufficio maree.
– dare attuazione da subito al divieto di transito lagunare delle grandi navi da crociera e da trasporto merci stabilendo normativamente le caratteristiche dimensionali compatibili con la tutela della laguna.
– collocare il terminal delle grandi navi da crociera fuori dalla Laguna e abbandonare i progetti dell’Autorità portuale di marginamento del Canale dei petroli e di collocazione dei fanghi sull’isola delle Tresse.
– prima della assunzione di qualunque decisione circa il terminare o meno le dighe mobili, condurre una indispensabile operazione di verità sul grado di avanzamento della realizzazione, sulla affidabilità del sistema, sulla durata della sua vita utile, sulla sua adeguatezza nelle nuove condizioni determinate dal cambiamento climatico, sulla possibilità e sul costo del rimedio agli errori progettuali ormai evidenti, come la risonanza sub-armonica, l’instabilità, la complessità dell’enorme sistema di controllo ad oggi inesistente. Occorre conoscere con esattezza il costo preventivo del completamento e della gestione e, per converso, dell’eventuale smantellamento dell’opera. Sono informazioni che il Governo deve obbligatoriamente conoscere per decidere, così da non caricarsi di oggettive gravi responsabilità (politiche ma anche giuridiche, istituzionali) quando i dati di fatto risulteranno incontrovertibili, ma a quel punto irrimediabili. Lo strumento proposto per questa operazione di verità, impossibile da consegnare agli attuali responsabili, è la nomina di una Commissione tecnica di altissimo profilo. Una Commissione in cui lavorino esperti di livello internazionale, sicuramente “terzi” rispetto al Consorzio Venezia Nuova, e gli esperti tecnici veneziani che hanno sollevato le critiche e le questioni da approfondire. Una Commissione che possa operare con accesso illimitato alle informazioni, agli strumenti modellistici e alle risorse umane del Consorzio, chiamata a concludere i suoi lavori in un tempo limitato (sei mesi).

Egregi signori Ministri, vi inviamo “con urgenza” questo messaggio in vista della riunione del Comitatone del 26 novembre perché vogliate responsabilmente evitare decisioni che riguardano questi temi ancora una volta senza aver ascoltato e aver capito la natura e la gravità dei problemi di Venezia. Non si tratta né di indugi né di inefficienza. In questo quadro di complessità e gravità dei problemi, se tutti insieme riusciremo a cambiar rotta, Venezia può divenire a livello globale città simbolo per una innovativa capacità di gestione del cambiamento climatico in tutte le sue componenti ambientali, sociali ed economiche. Ci aspettiamo di essere ascoltati e di poter partecipare attivamente, nelle forme che vorrete identificare, alla definizione degli interventi e dei Piani necessari, alla verifica della loro coerenza e alla attiva collaborazione nelle politiche e nei molti, eterogenei, necessari campi d’azione. Tutto questo perché un tavolo congiunto sia anche un riconoscimento che la democrazia si attua attraverso una vera partecipazione della cittadinanza.

Venezia, 25 novembre 2019

Movimento “per un’altra città possibile”
Comitato Ambientalista Altro Lido
EcoIstituto del Veneto Alex Langer
Forum Futuro Arsenale
Gruppo di lavoro via Piave
Insieme x Venezia e Terraferma
Italia Nostra, sez. di Venezia
Associazione Il Villaggio
Associazione Poveglia per tutti
Associazione Venessia.com
“la salsola”
Legambiente sezione Venezia

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