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Ambiente / Opinioni

Riscaldamento globale: questi vent’anni non sono andati persi

Un bilancio sullo stato del clima. Ma non possiamo aspettare il 2040 prima di agire con serietà e decisione. La rubrica del prof. Stefano Caserini

Tratto da Altreconomia 220 — Novembre 2019
© Carolina Pimenta - Unsplash

Davvero tanto è successo sul tema dei cambiamenti climatici da quando è nata Altreconomia. In questi 20 anni i dati sullo stato del clima del Pianeta sono diventati molto preoccupanti. Le concentrazioni di COsono aumentate del 14%, da 358 a 410 ppm (parti per milione). Le temperature dell’atmosfera e degli oceani si sono alzate come la scienza del clima aveva previsto. Anche se c’è ancora chi in televisione dice che le temperature non stanno aumentando dal 2000, i dati raccontano di un +0,3 °C solo negli ultimi due decenni. In Italia, è andata peggio: i dati dell’ISAC-CNR mostrano un aumento di oltre mezzo grado. I ghiacci si sono ridotti, gli oceani si sono fatti più acidi, fino a livelli che secondo l’IPCC non hanno precedenti negli ultimi 65 milioni di anni.

20 anni. Potrebbero sembrare due decenni persi nella lotta al surriscaldamento globale, ma qualcosa di importante si è messo in moto

E se vent’anni fa uscivano i primi lavori che mostravano l’anomalia dell’aumento delle temperature globali rispetto ai secoli precedenti, suscitando pesanti attacchi delle lobby dell’industria fossile, oggi gli scienziati hanno sfornato decine di lavori simili. Non desta più alcuna sorpresa, così, quando l’organizzazione meteorologica mondiale afferma che le temperature medie degli ultimi 5 anni sono le più calde da quando le misuriamo. In questi 20 anni è cambiato qualcosa anche sul fronte delle azioni per contrastare i cambiamenti climatici. Certo, si è fatto troppo poco, non abbastanza, e ha giustificazioni chi dice che “abbiamo perso 20 anni”. Se si confronta con quanto avremmo dovuto o potuto, sì, possono sembrare anni buttati. Ma se non guardiamo solo la “fotografia” del 2019 ma il film degli ultimi 20 anni, allora possiamo trovare un movimento interessante, in particolare negli ultimi 5-10 anni. A differenza di vent’anni fa, oggi è normale parlare di transizione energetica, a livello comunale, regionale e nazionale; gli scenari 100% rinnovabili sono discussi nella letteratura scientifica e nei convegni. Vent’anni fa la produzione di energia rinnovabile dal sole e dal vento era irrisoria, e produrre un kilowattora fotovoltaico o eolico era fuori mercato. Oggi le gare per la fornitura di energia vengono spesso vinte dai parchi eolici e dalle installazioni fotovoltaiche. Ricordo chi diceva vent’anni fa che le energie rinnovabili intermittenti non potevano crescere perché avrebbero messo in crisi le reti elettriche. I numeri attuali di Danimarca, Portogallo o Irlanda sarebbero sembrati sogni. E non è solo la parte tecnologica a dare segni di speranza. Anche grazie ai ragazzi di Fridays For Future si parla di clima come non mai, e anche la qualità lentamente è migliorata. Vent’anni fa era normale per i nostri quotidiani mettere in discussione l’evidenza del surriscaldamento globale e della sua origine antropica. Oggi le percentuali di articoli negazionisti sono minime, quasi limitate ai quotidiani del mondo parallelo, che inseguono col lumicino pochi professori, generalmente molto anziani (che l’amico Ugo Bardi definisce “mummie” scientifiche), che negano l’evidenza. Gli incidenti di trasmissioni televisive che rilanciano fake news provocano proteste e petizioni (invito a firmare questa: tiny.cc/no-climate-fakenews). È il clima culturale ad essere cambiato: la crisi climatica è penetrata in tutti i settori, non è più solo una faccenda di ambientalisti. Persino il governo italiano è costretto a mettere in agenda un Decreto Clima, e si accorge (lentamente) che le parole retoriche non sono più sufficienti. Che non possiamo più fare finta. Che non possiamo permetterci altri 20 anni prima di agire con serietà e decisione.

Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Il clima è (già) cambiato” (Edizioni Ambiente, 2019)

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