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Altre Economie

Ripensiamo l’uso sociale del denaro

Viviamo in un momento di grande crisi della finanza internazionale: non sappiamo se anche questa volta il sistema globale saprà riprendersi e ripartirà con un nuovo ciclo espansivo. Quello che sappiamo e vediamo sotto i nostri occhi è l’impatto di…

Tratto da Altreconomia 97 — Agosto 2008

Viviamo in un momento di grande crisi della finanza internazionale: non sappiamo se anche questa volta il sistema globale saprà riprendersi e ripartirà con un nuovo ciclo espansivo. Quello che sappiamo e vediamo sotto i nostri occhi è l’impatto di questa crisi sull’economia reale, vale a dire sul potere d’acquisto della stragrande maggioranza dei lavoratori. E vediamo altresì come le famiglie, specialmente nel nostro Paese, abbiamo reagito a questa perdita netta dei salari reali con un ricorso, sempre più massiccio, all’indebitamento. Sotto la spinta di questa domanda crescente di piccoli prestiti sono sorte in questi ultimi anni una miriade di società finanziarie che conducono una vera e propria caccia al cittadino in crisi di liquidità. Milioni di volantini sono volati sulle nostre auto, nella cassetta della posta delle nostre case o ci sono finiti nelle nostre mani, tutti con offerte favolose di prestiti rapidi anche fino a 50.000 euro. Una buona parte delle famiglie italiane ha cominciato a prenderci gusto, ad imitare i governi del ventennio 1980-2000 che hanno pagato il debito pubblico facendo ricorso a nuovo indebitamento. Insomma: pagare i debiti contraendo altri debiti, e così all’infinito. O quasi. C’è, infatti, un tetto a questo processo che alla fine porta al collasso del sistema ed al disastro finanziario milioni di famiglie. È già successo negli Usa e noi rischiamo di fare la stessa fine.

Da diversi anni , in Italia, sono attive le Mag, cooperative finanziarie non profit, che praticano il microcredito, mentre per i prestiti di più alto valore è presente, sul mercato del credito, la Banca popolare Etica di Padova. Sono imprese non profit che hanno come scopo principale quello di dare “credito” agli esclusi dal sistema creditizio for profit. Molti soggetti deboli ne hanno beneficiato, soprattutto con la formula del microcredito. Ma anche questa forma di altreconomia comincia a mostrare i suoi limiti. Il principale è quello che riguarda la partecipazione sociale alla gestione del denaro in un contesto culturale come il nostro dove sono sempre più esasperate le forme di individualismo e di disgregazione sociale. Dato che anche le imprese di credito non profit devono in qualche modo garantirsi quando prestano il denaro raccolto, finiscono per richiedere garanzie al singolo o a chi gli fa da garante, senza far crescere la responsabilità sociale di un gruppo, rete o area sociale. Inoltre, anche nei casi virtuosi, queste forme di altreconomia costituiscono solo una goccia nel mare dei bisogni crescenti di credito, come dimostra l’indebitamento crescente delle famiglie.  
Da queste considerazioni nasce la necessità di ripensare l’uso sociale del denaro. 
Non ci sono formule sicure e ricette vincenti in ogni contesto, ma una grande sperimentazione dal basso che va seguita e, quando funziona, replicata tenendo conto delle specificità locali. Fra le tante esperienze di uso sociale del denaro una merita una particolare attenzione: la finanza partecipativa. Ve ne sono diverse versioni. Nei Paesi dell’Est, prima della caduta del muro di Berlino, era in voga nei grandi e tristi quartieri popolari. In Svezia è nato e si è affermato un’associazione chiamata Yak, che vede la partecipazione di quasi quarantamila soci all’interno di un sistema in cui, a rotazione, si è risparmiatori e creditori, senza passare dal martello del tasso d’interesse e con una gestione comunitaria del denaro raccolto.
C’è un caso recente in Italia di finanza partecipativa che ha appena avviato i primi passi. Si tratta dell’associazione Microdanisma (dal grecanico “dono”) che opera nell’area dello Stretto di Messina, ed oltre al microcredito classico ha messo in piedi un meccanismo -per adesso valido solo per associazioni e cooperative- che prevede la possibilità di attingere a piccoli prestiti a tasso zero in base alla quota sottoscritta dalla singola associazione. Per ogni nuovo soggetto che presenta una richiesta di credito, viene valutato il progetto relativo al finanziamento richiesto e, se positivo , Microdanisma diventa uno sponsor dell’iniziativa -con relativa visibilità- ed il soggetto richiedente acquista una o più quote diventando anch’esso socio di Microdanisma.  Insomma, si instaura un rapporto di reciprocità e di fiducia, o di “dono e contro-dono”, che ha come effetto anche quello di creare una rete di associazioni e soggetti del non-profit per una gestione comune e partecipata del denaro.
 

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