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“RiMaflow” si difende dalle accuse. La versione della fabbrica recuperata

L'interno della sede di Ri-maflow ©Ri-maflow

Dopo l’arresto in estate del presidente Massimo Lettieri, accusato di traffico illegale di rifiuti, la cooperativa che gestisce la ex fabbrica di Trezzano sul Naviglio (MI) ha organizzato un’assemblea pubblica il 9 settembre per rispondere alle tesi degli inquirenti. Centinaia le attestazioni di solidarietà, dall’Italia e non solo

Sono centinaia le firme arrivate da tutto il mondo in queste settimane in solidarietà a “RiMaflow” la fabbrica occupata e recuperata di Trezzano sul Naviglio (Milano) che lo scorso luglio è finita nella bufera a seguito dell’arresto di Massimo Lettieri, presidente della cooperativa che gestisce la realtà, con l’accusa di “associazione per delinquere finalizzata al traffico illegale di rifiuti”. “Fino a questo momento ha parlato solo l’accusa, ora vogliamo raccontare la nostra versione -spiega Gigi Malabarba, ex operaio dell’Alfa Romeo di Arese, già senatore e oggi anima del progetto-. Vogliamo smentire pubblicamente, davanti a tutti coloro che ci hanno espresso la loro solidarietà, le accuse che ci vengono mosse”. L’appuntamento è per domenica 9 settembre presso la fabbrica (in via Boccaccio 1 a Trezzano sul Naviglio) per un’assemblea pubblica organizzata dalla cooperativa a partire dalle ore 16 dal titolo “RiMaflow vivrà. Massimo libero”.

Fin dai giorni immediatamente successivi all’arresto la cooperativa aveva ribadito con forza la propria estraneità alla vicenda. “Con le ditte che ci hanno conferito macchinari e materiali con regolari documenti di trasporto, alcune delle quali figurano tra quelle indagate, non abbiamo nulla a che fare per qualsiasi altra loro attività”, si legge in un comunicato diffuso il 26 luglio scorso. Al centro dell’inchiesta della procura di Milano era finito un progetto sperimentale che prevedeva la lavorazione di scarti di produzione di carta da parati. “La sperimentazione, peraltro onerosa e quindi in perdita, è terminata mesi fa”, sottolinea ancora il comunicato.

Il coinvolgimento in un’inchiesta sul traffico illecito di rifiuti e l’accusa di associazione a delinquere prevedono però l’applicazione di misure restrittive molto rigide, che hanno posto in seria difficoltà l’attività della cooperativa. “Non possiamo comunicare con Massimo, che si trova ancora in carcere a Salerno e tutte le attività regolari sono ferme, paralizzando il lavoro di tutta la cooperativa -spiega Gigi Malabarba-. Inoltre il conto corrente è sotto sequestro e non possiamo pagare gli stipendi né i fornitori, non potremo pagare i contributi né le tasse e questo ci costerà delle sanzioni quando la situazione si risolverà”. Tutta l’attività regolare di “Ri-maflow” è paralizzata. Con un danno economico importante cui si andranno a sommare le spese legali, che si preannunciano importanti.

Nata nel 2013 da una coraggiosa scommessa (riportare lavoro e occupazione in una fabbrica chiusa e abbandonata dalla dirigenza, la Maflow di Trezzano sul Naviglio) oggi “RiMaflow” è una realtà che oggi dà lavoro a un centinaio di persone e accoglie all’interno dei suoi capannoni 35 botteghe artigiane “sfrattate” dalla crisi o da canoni di locazione troppo elevati. Riuso, riciclo, riappropriazione e reddito sono alcune delle parole d’ordine del progetto di “RiMaflow” cui si aggiungono legalità e tutela dell’ambiente. “Collaboriamo con Libera e con la Caritas con l’obiettivo di creare posti di lavoro: è il solo modo per sottrarre manovalanza alla ‘ndrangheta che in questo territorio è molto presente e gestisce diverse attività. Tra cui il movimento terra e lo smaltimento dei rifiuti -spiega Gigi Malabarba-. Lavoriamo contro le bande criminali, con una precisa visione etica ed ecologica: da una fabbrica metalmeccanica abbiamo deciso di riconvertire l’attività di ‘RiMaflow’ al recupero delle materie prime”.

All’interno di quest’ottica di legalità “RiMaflow” appoggia totalmente l’inchiesta svolta dalla Procura di Milano: “Siamo felici del fatto che si stia indagando per combattere i danni prodotti dal traffico e la gestione illecita dei rifiuti -conclude Malabarba-. Noi siamo certi di poter dimostrare la nostra estraneità a questa vicenda e di poterne uscire. Questo però sarà possibile solo quando inizierà il processo. Il nostro timore principale è legato soprattutto alle tempistiche: non solo per il nostro presidente Massimo Lettieri che dovrà restare in carcere, ma per una serie di difficoltà in cui ci troviamo”.

Ma il futuro di “Ri-maflow” non riguarda solo le attività economiche e lavorative. In questi anni, infatti, attorno alla fabbrica recuperata è nata la rete “Fuori mercato” che promuove un approccio responsabile e sostenibile al cibo e alla filiera alimenrate, che recentemente ha promosso lo sviluppo di un “luppoleto sociale” dove lavorano giovani migranti. “RiMaflow” collabora a diversi progetti con associazioni del territorio, cascine, con il Parco Sud Milano, la Caritas Diocesana, la Civica scuola di musica di Corsico, la nascita della Libera Masseria di Cisliano all’interno di un bene confiscato alla ‘ndrangheta. “Il tutto sempre con l’idea che sia possibile costruire una rete dell’economia alternativa -conclude Gigi Malabarba-. Vogliamo continuare a difendere questa rete. Ma se viene meno ‘RiMaflow’ anche questa rete è a rischio”.

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