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Diritti / Opinioni

Nuovi punti di riferimento per rigenerare le coscienze

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Lo stato di salute delle quattro culture decisive per la vita pubblica in Italia (cattolica, comunista, socialista e laica) non è buono. Mancano radici, riferimenti ideali, progetti per il bene comune. Per uscire da questa situazione abbiamo bisogno di educatori coraggiosi e testimoni profetici. Le “idee eretiche” di Roberto Mancini

Tratto da Altreconomia 217 — Luglio/Agosto 2019

Rigenerare le coscienze. È il primo passaggio per risollevare l’Italia, che resta in gran parte prigioniera di vizi antichi (il cinismo, l’irresponsabilità, il culto per l’uomo forte, la simpatia per il fascismo) e nuove mode (l’odio sui “social”, l’elogio dei comportamenti iniqui e la derisione di quelli onesti e solidali). Siamo una delle nazioni più indebitate al mondo, i giovani emigrano, scuola e università sono alla deriva, il lavoro diminuisce, l’assetto ambientale e idrogeologico è disastroso, i servizi pubblici vengono disarticolati, il diritto di manifestare il dissenso è minacciato, la nostra politica (con poche eccezioni) è un circo di infima categoria, metà dei cittadini non va a votare. A fronte di questo disastro, i temi di attualità da noi, oltre al calcio, sono la persecuzione dei migranti e di chi li aiuta, la libertà di sparare ai ladri, la flat tax, le tattiche per le elezioni e quello che dice Salvini.

Per individuare le radici interne del disastro (a parte quelle globali) basta verificare la salute delle quattro culture storicamente decisive per la vita pubblica in Italia: la tradizione cattolica, quella comunista, quella socialista e quella laica. Il cattolicesimo (proprio quando ha una figura profetica, lucida e coraggiosa come papa Francesco) è al servizio del bene comune solo in parte, grazie alla minoranza rappresentata dalla Caritas, da comunità e figure di riferimento più solidali, generose e avanzate. Ma in larga misura è rimasto un cattolicesimo gelido, contento di stare a destra, infastidito dall’esempio di papa Francesco. Si tratta di cattolici che non sono sfiorati dall’idea che seguire il Vangelo e sostenere la Lega sono due cose del tutto incompatibili.

La cultura comunista, a sua volta, è rimasta sbriciolata a partire dalla grottesca “svolta” di Achille Occhetto nel 1989. Dopo il grande lavoro per “la via italiana” verso un comunismo democratico, incarnato credibilmente dalla figura di Enrico Berlinguer, appena caddero i regimi sovietici e il muro di Berlino i dirigenti del PCI si vergognarono del sogno di un’altra economia e di un’altra società, assimilandosi con zelo alla mentalità del capitalismo. Come se così facendo finalmente realizzassero l’adesione alla democrazia. Come se “la via italiana” fosse stata uno scherzo da archiviare. Da allora gli eredi di questa tradizione hanno mancato di dare qualsiasi contributo effettivo al rinnovamento della democrazia e dell’economia.

Della cultura socialista si fa presto a dire: dopo la rovinosa avventura del periodo di Craxi, tranne una sparuta minoranza, il socialismo italiano si è dissolto; non pochi suoi esponenti sono addirittura andati a militare nel partito di Berlusconi. Il fallimento della tradizione comunista e socialista ha screditato la sinistra, con cui chiunque se la può prendere agevolmente come se fosse la causa di tutti i mali. Da parte sua, la tradizione laica (repubblicani, liberali, radicali) ha continuato a insistere sui diritti civili, appassionandosi alle dispute tra clericali e anticlericali, ma senza mai mettere in discussione il capitalismo.

Privi di radici e riferimenti ideali, senza progetti né speranze per il bene di tutti, impauriti, rassegnati e depistati, molti oggi, se e quando votano, decidono sulla base di pregiudizi; altri per il calcolo del proprio interesse, altri per odio verso tutto ciò che sia riferibile alla “sinistra”. Su tutti pesa il condizionamento esercitato dai social, dai canali televisivi e da gran parte dei giornali. Ne deriva che si può pure essere brave persone, ma se si ha la mente incapsulata in questo scenario di menzogne, di paure coltivate in laboratorio, di stereotipi razzisti, maschilisti e fascisti, il risultato è che la coscienza personale e collettiva va distrutta. Perciò abbiamo estremo bisogno di educatori coraggiosi, di guide umili e democratiche, di testimoni profetici, di onesti coltivatori della democrazia, di laboriosi promotori di un altro modo di essere comunità umana e civile.

Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata. Nel 2016 ha pubblicato “La rivolta delle risorse umane. Appunti di viaggio verso un’altra società” (Pazzini editore)

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