Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Interni / Opinioni

Rifiuti abbandonati: piaga di un Paese incivile

Fantasmi nell’agenda politica. Nessuno se ne vergogna. Intanto suolo e paesaggio ne fanno le spese. Chissà se i migliori se ne occuperanno. La rubrica del prof. Paolo Pileri

Tratto da Altreconomia 236 — Aprile 2021
© Claudio Schwarz - unsplash

Parliamo di littering, l’abbandono dei rifiuti qua e là. Una pratica disgustosa che va dalla carta o dal mozzicone a terra fino all’abbandono seriale di frigoriferi e macerie nei boschi, in campagna, lungo i cigli delle strade, sotto i cavalcavia. Una vera e propria piaga diffusa ovunque in Italia, e ipertrascurata dalle politiche. Chi di noi non continua a vedere rifiuti lungo strade, campi, parcheggi, boschi, parchi, fiumi, fossati e spiagge? Rifiuti che rimangono nei suoli e viaggiano per fiumi fino al mare.

Eppure, pare che in Italia il problema non esista. Tranne per qualcuno che non molla. Giorgio Ghiringhelli, pioniere nella lotta al littering, ha smosso le istituzioni in provincia di Varese con tanto di dati e rapporti: “Insubria-Pulizia Sconfinata”. Roberto Cavallo si è inventato le maratone “Keep Clean&Run”. Legambiente continua con il suo “Puliamo il mondo”. Ma alla fine la vergogna dello spargimento dei rifiuti sul suolo e nelle acque non arriva a interessare i piani alti dei governi. E nulla cambia. Nel sito dell’ex ministero dell’Ambiente (oggi ministero della Transizione ecologica, Mite) il tema più simile si occupa di mini-discariche abusive ma è fermo ad aprile 2019, e comunque non riporta dati sul littering, né iniziative di contrasto, né stime di impatto sulla spesa pubblica. Solo chiacchere amministrative: procedure, sanzioni, norme, regolamenti.

5 miliardi: teniamo al nostro Paese? Vogliamo generare lavoro e orgoglio? Vogliamo un turismo che non ci fa vergognare? Vogliamo lasciare a figli e nipoti un Paese e un paesaggio puliti? Iniziamo con il 2,5% di Next Generation Eu

Eppure, di littering si parla in Europa e qualcuno ha pure stimato la spesa pubblica che sta generando. Se prendiamo i costi stimati in Svizzera (200 milioni di franchi all’anno), li raddoppiamo immaginando che la quantità di rifiuti dispersi in Italia sia almeno il doppio (ma sarà di più), viene fuori che solo la rimozione richiederebbe almeno 2,5 miliardi all’anno. A questi dovremmo aggiungere i costi di ripristino dei luoghi. A farne le spese non sono solo la bellezza e l’immagine del nostro Paese, specie fuori dalle città, ma soprattutto la nostra salute, quella dell’ambiente e quella della biodiversità. Diciamo che sarebbe un tema perfetto per le politiche One Health. Quei rifiuti disperdono sostanze tossiche nell’aria, in acqua e nei suoli uccidendoli (altra causa di morte per i suoli). Tant’è che il Mite considera rifiuto i primi 10 centimetri di suolo sotto il littering e dice: “asportare”.

Cosa si aspetta a intervenire? E chi lo sa. Forse ignoranza, forse perché è tutto sulle piccole spalle dei soli Comuni che non ce la fanno o i sindaci vanno poco sui bordi dei loro Comuni. Non tutti però. Lo scorso agosto quello di Gerre de’ Caprioli (CR) ha spopolato sui social riportando al suo padrone il frigorifero mollato in un prato. Ma tempo qualche giorno e tutto è tornato nel dimenticatoio. È ora di intervenire con un piano di pulizia nazionale, con tanto di mobilitazione di protezione civile e ingaggio di centinaia di persone. Una sorta di piano vaccinale al paesaggio per estirpare i virus della monnezza e dell’incuria (pulire, ripristinare luoghi, formare adulti, giovani e politici), altrimenti il nostro Paese pullulerà di città zozze come la Leonia di Italo Calvino, circondata da “sterminati immondezzai”.

Ecco una delle cose che il governo precedente aveva dimenticato nel piano Next Generation Eu, ma che quello in carica può inserire con piglio “Whatever it takes!”, al posto di qualche inutile autostrada o di ponti fantasmagorici sugli stretti o di improbabili idrogeni blu. Questa mossa ha tutte le carte in regola per generare occupazione, ridare dignità al Paese, essere vera transizione ecologica e renderci tutti “i migliori”.

Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “100 parole per salvare il suolo” (Altreconomia, 2018)

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.