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Opinioni

Ricostruire l’Italia

È quanto stanno facendo in vario modo, senza clamore, tutti quelli che: fanno bene il loro lavoro, pagano le tasse e hanno il senso della legalità, si interessano del bene comune, s’impegnano in politica o nel sindacato per difendere i diritti delle persone

Tratto da Altreconomia 131 — Ottobre 2011

Ricostruire l’Italia. È quanto stanno facendo in vario modo, senza clamore, tutti quelli che: fanno bene il loro lavoro, pagano le tasse e hanno il senso della legalità, si interessano del bene comune, s’impegnano in politica o nel sindacato per difendere i diritti delle persone. E ancora: gli insegnanti che resistono e svolgono al meglio la loro responsabilità educativa, i giornalisti leali con la realtà e con l’opinione pubblica, gli artisti che ricordano la bellezza a tutti, quelli che hanno cura delle relazioni tra le persone, quelli che sanno essere gentili, accoglienti, che disdegnano l’arroganza. Quelli che promuovono l’armonia e la giustizia lì dove operano. Quelli che lavorano per l’avvento dell’altra economia.
Ma l’impegno diffuso, silenzioso, prezioso di tante donne e di tanti uomini oggi non basta. Bisogna che questa sensibilità di chi ha riguardo per la società e per il bene comune diventi una cultura condivisa che prevale sulla stoltezza e, spesso, sulla patologia dei pochi che hanno le redini del potere politico, economico e mediatico. Solo così molti altri potranno risvegliarsi e scoprire la loro responsabilità di contribuire al cambiamento. Solo così tanti revocheranno finalmente il loro consenso a un potere nocivo per il nostro Paese. Solo così smetteremo di aspettarci l’alternativa all’Italia berlusconiana da un leader o da una bandiera di partito, avendo compreso invece che l’alternativa -che in una parola si chiama democrazia- nasce da ciascuno lì dove vive, da ogni gruppo o associazione sul territorio, da ogni forma di comunità o di istituzione di cui siamo co-soggetti attivi.
Il cambiamento non può partire dallo schieramento politico-istituzionale esistente. In termini di visione, di intelligenza della realtà, di cultura, di speranza, di passione, di creatività nel trovare vie d’azione, infatti, esso esprime sì e no, nella migliore delle stime possibili, il 10% della capacità politica di cura del bene comune necessaria al nostro Paese. Il restante 90% è fatto di ignoranza: diseducazione, conformismo, mancanza di pensiero, narcisismo, incompetenza, analfabetismo etico e civile, brutalità, avidità e opportunismo sembrano i prerequisiti più adatti a fare carriera politica. Al momento lo schieramento culturale e politico italiano vede protagonisti, da una parte, una destra dominante e allergica alla democrazia e, dall’altra, un centro, più debole e frammentato, che va dall’Udc al Pd. La sinistra cosiddetta radicale è in via di sparizione e quel poco che resta è ancora impegnato a estinguersi nei suoi deliri frazionisti e identitari. Il risultato è che manca del tutto la sinistra. Poiché si dà sinistra lì dove c’è un progetto alternativo al sistema capitalista. Il che non significa affatto riproporre lo spettro del socialismo reale; basterebbe ricordarsi anzitutto del fatto che il modello di società emergente dalla Costituzione della nostra Repubblica non porta né al capitalismo puro, né al socialismo di Stato.
In queste condizioni quanti hanno a cuore la democrazia devono elevare il grado di congruenza del loro impegno. “Grado di congruenza” vuol dire capacità di dare risposte appropriate alla situazione presente. E questo si può fare adottando un metodo. Il metodo di porre sistematicamente la questione della giustizia verso chiunque, la giustizia delle condizioni di vita delle persone, a partire dal luogo in cui si vive e si opera. Parlo della giustizia secondo la dignità umana, secondo qui diritti fondamentali il cui rispetto nei confronti degli altri sarà sentito da ciascuno come proprio dovere. Di qui la responsabilità di associarsi, di agire insieme, partendo già dall’organizzazione di cui si è partecipi: un’associazione, un gruppo, un coordinamento di persone operano nello stesso posto di lavoro, un Comune, una scuola, una comunità religiosa, un sindacato. Infatti la convergenza dell’impegno di tanti verso l’alternativa non deve sfociare necessariamente in un unico soggetto: la convergenza è data concretamente dal seguire tutti uno stesso metodo. Il metodo nonviolento della cura della giustizia secondo dignità e bene comune, quella giustizia che è la sostanza e il metodo dell’altra politica e dell’altra economia. Dell’altra vita che si sperimenta non appena si esce dall’inerzia.

Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata. I suoi ultimi libri sono Visione e verità (Cittadella editrice, 2011), La logica del dono (Edizioni Messaggero, 2011) e Idee eretiche (Altreconomia, 2010)

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