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Diritti / Attualità

Richiedenti asilo: gli ostacoli delle banche per l’apertura del conto. Il caso Unicredit

Numerose segnalazioni denunciano una scorretta “resistenza” da parte degli istituti di credito all’apertura del conto corrente di base a danno dei richiedenti asilo. La legge prevede il contrario. L’associazione Codici ha inviato una diffida a Unicredit. L’Abi però ridimensiona la portata del fenomeno

Le banche oppongono resistenza all’apertura del conto corrente di base a danno dei richiedenti asilo, nonostante la legge preveda il contrario. Numerose segnalazioni sono state inviate a diverse associazioni che si occupano di antidiscriminazione e tutela dei consumatori: agli sportelli viene domandato ai richiedenti protezione internazionale di presentare ulteriori documenti, oltre alla richiesta d’asilo, difficili -spesso impossibili- da ottenere. A metà febbraio 2020, l’Associazione nazionale di volontariato per la difesa dei consumatori nel campo dell’usura, della sanità e della legalità (Codici) ha così inviato una diffida a Unicredit per richiedere che cessi immediatamente il comportamento “scorretto” e garantisca la parità di trattamento nell’apertura dei conti correnti. Al tempo stesso invece, l’Associazione bancaria italiana (Abi) descrive il problema come ormai residuale.

“La normativa vigente -spiega l’avvocato Ivano Giacomelli, segretario nazionale di Codici, Centro per i diritti del cittadino- stabilisce nei rapporti bancari, a tutela del consumatore, la possibilità di aprire un conto corrente a costo zero ed è espressamente prevista la possibilità di ottenere questo conto base anche per i richiedenti asilo”. Il conto base è stato pensato e introdotto per coloro che appartengono a una fascia socialmente svantaggiata ed è caratterizzato da un costo contenuto dei canoni annui (la gratuità in caso di reddito Isee inferiore a 11mila e 600 euro), garantendo al contempo un numero ridotto di operazioni effettuabili. Nonostante la parità di trattamento sia stabilita dal Testo unico bancario (art. 126 noviesdecies), nella pratica i richiedenti asilo faticano ad ottenere l’apertura del conto.  “Alcuni istituti di credito -continua Giacomelli- richiedono ulteriori documenti quali la tessera sanitaria, la carta di identità e addirittura avanzando, in alcuni casi, richieste assurde come il permesso di soggiorno, che ovviamente non può esserci. In questo modo, ostacolano il diritto dei consumatori ad aprire il conto corrente”. Richieste illegittime che hanno spinto Codici ad inviare una diffida a Unicredit. “In particolare, Unicredit ha assunto una posizione di rigidità -precisa Giacomelli-. Dopo un nostro primo reclamo, dalla direzione della banca ci avevano risposto con una nota in cui confermavano la loro posizione ritenendo inderogabili i documenti richiesti. Con la diffida inviata a metà febbraio abbiamo chiesto l’immediata cessazione di questa pratica commerciale scorretta e l’adozione di tutte le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi provocati dalle violazioni contestate dai consumatori”. Oltre alla diffida è stata inviata una segnalazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) ed è stato attivato un procedimento con un’azione inibitoria al Tribunale di Roma che si dovrà pronunciare sulla legittimità di questo comportamento da parte di Unicredit. “Tra l’altro, la banca non corre alcun rischio -conclude Giacomelli-. Anzi, al di sopra di un determinato numeri di operazioni effettuate può venire remunerata e comunque si trova liquidità di cassa che altrimenti non avrebbe”. Altreconomia ha provato a contattare Unicredit, non ricevendo risposta.

L’Abi ridimensiona la portata attuale del fenomeno. “Su questo ci siamo impegnati fin da subito, -spiega Gianfranco Torriero, vicedirettore generale di Abi- avviando un dialogo sinergico con enti, organizzazioni e istituzioni qualificate nel rapporto con i cittadini stranieri sottoscrivendo un apposito protocollo di intesa. Nell’aprile 2019, con una comunicazione inviata a tutti gli istituti bancari, abbiamo sottolineato come bastasse, per l’apertura del conto corrente di base, la ricevuta provvisoria attestante la presentazione della richiesta di protezione internazionale, purché con una fotografia del titolare che potesse garantirne il riconoscimento. Siamo orgogliosi di questa comunicazione perché il Ministero dell’Interno ha veicolato la nostra circolare anche alle Prefetture e alle Questure segnalando la circolare dell’Abi per agevolare le pratiche amministrative”. Un problema, secondo Torriero, ormai residuale. “Circa un mese fa, nell’ultimo tavolo di confronto con gli enti che hanno sottoscritto il Protocollo d’intesa abbiamo ricevuto riscontri positivi da parte delle associazioni (tra cui Acli, Oim, Unhcr, Caritas, Arci ndr) che ci hanno confermato che il tema è residuale, i casi che si verificano oggi sono sporadici e a quanto ci risulta sono legati a problemi con singoli sportelli. Rimaniamo disponibili a ricevere ulteriori segnalazioni: il nostro obiettivo rimane quello di diffondere il più possibile l’apertura di questo conto base e agevolarne in tutti modi la sua apertura. Questa esperienza è la conferma dell’efficacia di un metodo di lavoro che mette insieme tante e differenziate competenze, trovando soluzioni efficaci”.

Secondo quanto riportato dal servizio antidiscriminazione dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) una delle ragioni che oppongono le banche a questa condotta scorretta è che il richiedente asilo sia sprovvisto di una carta d’identità. Con l’entrata in vigore del Decreto Salvini (n.113/2018), convertito in legge 132/2018, si stabilisce che il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo non costituisce titolo valido per l’iscrizione anagrafica, ma la normativa prevede comunque che sia garantito l’accesso ai servizi pubblici e privati nel luogo di domicilio del richiedente. Questo non sembra bastare agli istituti bancari. “Finora la maggior parte delle segnalazioni che sono arrivate a noi di mancata apertura di conto corrente – spiega l’avvocata Paola Fierro, del servizio antidiscriminazione Asgi – sono di richiedenti asilo che non sono iscritti all’anagrafe: senza un documento di identità, non viene loro aperto il conto corrente. Questo è illegittimo perché, come specificato dalla normativa, basta il domicilio. Inoltre, ci sono comunicazioni diffuse dall’Associazione bancaria italiana (Abi) e una comunicazione interna di Poste italiane che stabiliscono che sia possibile aprirli anche presentando il solo permesso di soggiorno per richiesta asilo”.
Rispetto alla possibilità di avere una carta di identità per i richiedenti asilo, aumenta il numero di comuni che, adeguandosi alle sentenze dei tribunali, consentono l’iscrizione anagrafica. L’ultima decisione è di metà febbraio, con il Tribunale di Bologna che ha ordinato al sindaco di San Benedetto Val di Sambro di iscrivere all’anagrafe una richiedente asilo e sua figlia, seguite dall’Associazione Avvocati di strada. Sull’illegittimità della norma del Decreto Salvini, a breve si pronuncerà la Corte costituzionale. “La Corte -continua Fierro- si riunirà a marzo per poi emettere la sentenza. Se dovesse stabilire l’illegittimità della norma, l’impasse rispetto alla mancata apertura del conto corrente potrebbe risolversi nei casi in cui gli istituti bancari richiedono una carta di identità. I tempi della decisione potrebbero però non essere immediati e rimane irragionevole ma soprattutto illegittima, la mancata apertura del conto corrente di base con il solo permesso di soggiorno per richiesta d’asilo”. Una limitazione nei diritti dei richiedenti protezione internazionale, con importanti risvolti negativi. “Diverse segnalazioni -conclude Fierro- ci sono arrivate anche da datori di lavoro, che per legge sono obbligati a versare lo stipendio tramite bonifico bancario ma che, in assenza, si vedono costretti a rinunciare all’assunzione. Senza un conto corrente dunque, diventa impensabile ottenere un contratto di lavoro”.

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