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Resistenza casearia

Viaggio a Telve di Vasugana, in provincia di Trento, dove malghesi e pastori testardi tutelano il valore storico e culturale delle produzioni a latte crudo È tempo di andar per malghe. Con l’arrivo dell’estate ricominciano le attività degli alpeggi: le…

Tratto da Altreconomia 118 — Luglio/Agosto 2010

Viaggio a Telve di Vasugana, in provincia di Trento, dove malghesi e pastori testardi tutelano il valore storico e culturale delle produzioni a latte crudo

È tempo di andar per malghe. Con l’arrivo dell’estate ricominciano le attività degli alpeggi: le malghe aprono le loro porte e i pastori tornano nei campi con gli animali al seguito. Succede anche nelle Alpi sudorientali, nel Lagorai, la montagna più ricca di alpeggi di tutto il Trentino, che vanta una millenaria storia di pastorizia tramandata nei secoli dalle “comunanze agrarie”, le stesse che hanno ricostruito quel territorio devastato dopo la Grande Guerra.
Lo chiamano il territorio della “resistenza casearia”, l’unico nel quale la tradizionale economia della malga ha saputo resistere -grazie a pastori e malghesi testardi e lungimiranti- all’abbandono degli alpeggi e dell’attività casearia che colpì le Alpi dagli anni 50, con pesanti ricadute socio-ambientali. Basti pensare che dal 1990, in Trentino, le malghe attive si sono ridotte a 300, dalle 700 che erano, con a carico circa 8mila vacche (rispetto alle 36mila del 1980).
È qui -a Telve di Valsugana (Tn)- che nel 2000 è nata in modo informale la Libera Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai, su iniziativa di un piccolo gruppo di malghesi e pastori decisi a tutelare il valore storico, culturale ed economico della malga e le piccole produzioni a latte crudo, in reazione ad alcune direttive comunitarie (in particolare la n. 46 del ‘92 , n. 47 del ‘92, e il Dpr n. 54 del ‘97) che avrebbero decretato la scomparsa degli “artigiani del latte” e del loro sapere millenario. Dopo 2 anni di coscientizzazione sul territorio, nel 2002 l’associazione si è costituita ufficialmente, e -con l’appoggio della facoltà di Economia dell’Università di Trento- ha redatto un “disciplinare di produzione a delimitazione geografica” che stabilisce i criteri di produzione del formaggio prodotto negli 11 alpeggi dell’associazione (in tutto il Lagorai ce ne sono 25), riconoscibile dal marchio che riporta la scritta “Originale-Malghe del Lagorai”.
“Fin da subito abbiamo deciso di rifiutare la Dop (Denominazione origine protetta, ndr), un marchio legato alla zootecnia intensiva, che non tutela i piccoli produttori locali e anzi, favorisce l’omologazione dei prodotti, a discapito della qualità -spiega Laura Zanetti, presidente della Libera Associazione-.
Il nostro, invece, è un marchio di tutela e culturale, che valorizza l’alpeggio come ‘sistema di saperi’ e rafforza il legame tra prodotto e territorio, nel rispetto degli animali e della memoria dei luoghi di produzione”. Agli scettici non resta che assaggiare il formaggio bio delle Malghe del Lagorai (o il burro, o la puina, la ricotta come una volta): è prodotto secondo la tradizione, usando solo latte di vacche e capre che pascolano in malga -preferibilmente di razza autoctona- e brucano l’erba dei pascoli lagorini (concimati in modo organico naturale), integrata con cereali bio (al massimo il 20% sulla sostanza secca, come da disciplinare, ma ben 8 dell’associazione malghe non usano affatto gli integratori). La cagliata è lavorata in recipienti di rame, su un fuoco di conifere del Lagorai, e per la “rottura della cagliata” si usa un attrezzo di legno (l’antico tarelo, o raspo): il formaggio viene lasciato stagionare su assi di abete nel caserin, tipico locale buio, freddo e umido e infine marchiato a fuoco sullo scalzo della forma.
Per assaggiarlo, occorre andare fino nelle malghe dell’associazione, sulle montagne del Lagorai: solo qui si trova in vendita -a 8 euro al chilo per il formaggio fresco- questa piccola (se ne producono solo pochi quintali per malga) e preziosa produzione. “Paradossalmente, non possiamo portare il nostro formaggio fuori dalla Provincia di Trento -spiega Laura-: l’Originale del Lagorai, infatti, non rientra nel paniere dei prodotti trentini e non è tutelato in alcun modo dalla Provincia, che ha fatto una precisa scelta politica imitando il modello industriale della zootecnia padana, con gravi conseguenze per le montagne trentine”. Il valore del lavoro dei malghesi e pastori del Lagorai, protagonisti della “resistenza casearia” trentina, è stato invece riconosciuto da Slow Food, e nel prossimo autunno questi produttori entreranno a far parte della rete delle “Comunità del cibo”, aprendo la strada verso la creazione di un vero e proprio presidio per il formaggio Originale-Malghe del Lagorai.
Il nome potrebbe ingannare, ma della Libera Associazione dei Malghesi e Pastori del Lagorai -che conta in tutto una trentina di soci- non fanno parte solo “artigiani del latte” (una ventina): altre 10 persone sono soci che, a vario titolo, hanno a cuore la tutela del territorio del Lagorai, e 4 sono le artigiane della lana, vere protagoniste di una serie di incontri e laboratori dedicati alla riscoperta della lana e alla sua lavorazione, dalla filatura alla tintura naturale (il prossimo ciclo sarà in ottobre). La quota per i soci è di 5 euro all’anno, utilizzati per finanziare l’associazione che è, appunto, “Libera”, ovvero senza fini di lucro: per autofinanziarsi ogni anno realizza un calendario dedicato al mondo dei pastori e diffuso nelle cartolerie del paese a 10 euro.
Per unire le forze in difesa del lavoro dei pastori e delle produzioni artigianali e bio, nel rispetto delle tradizioni, la Libera Associazione del Lagorai ha stretto un gemellaggio con i “ribelli” del Bitto della Valtellina (vedi il numero 114 di Ae): nel 2007 le due associazioni di produttori hanno deciso insieme di dare vita a una “Rete pastorale alpina”, aperta ad altre associazioni indipendenti di pastori e produttori di formaggi d’alpeggio dell’Arco alpino (vedi box a lato).

Liberi e associati

La Libera Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai non poteva trovare sede migliore dell’Antica Latteria Sociale di Tomaselli, nella piccola frazione di Strigno (Tn), in Valsugana. Questo spazio dove si lavorava artigianalmente il latte di Tomaselli e dei masi vicini (oltre 350 litri di latte al giorno), per ricavarne burro e formaggio, aprì i battenti nel 1908 e rimase attiva fino al 1993, quando venne chiusa per ragioni igienico-sanitarie e poi acquisita dal Comune di Strigno. La Libera Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai, grazie all’appoggio del Comune, ha pensato un progetto per il recupero e la ristrutturazione dell’Antica Latteria, perché questo spazio tornasse ad essere un punto attivo di lavorazione del latte in modo artigianale, luogo di incontro per i compaesani e spazio della memoria dell’economia del luogo. La latteria ristrutturata è stata inaugurata nel dicembre 2008 e oggi ospita al piano rialzato la sede dove la Libera Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai propone percorsi didattici sulla tradizione casearia e la lavorazione della lana, raccoglie documentazione storica sulle tradizioni del Lagorai e organizza incontri sulle tematiche della pastorizia alpina.
Di recente nell’Antica Latteria è ricominciata la produzione del Casòlo -tradizionale caciotta a latte crudo e intero (fresco o stagionato)-, tosella, ricotta e yogurt: il latte -rigorosamente bio- proviene dall’azienda biozootecnica del signor Renato, tra i fondatori della Libera Associazione, e i prodotti sono in vendita presso la latteria (tutte le mattine dalle 7.30 alle 11.00), o direttamente ai gruppi d’acquisto solidali.

Gemellaggi formaggi
È un gemellaggio all’insegna del gusto e della tradizione quello tra il formaggio Originale dei pastori delle malghe del Lagorai e il Bitto dei “ribelli” della Valtellina (vedi il numero 114 di Ae): nel 2007 le due associazioni di produttori hanno deciso insieme di dare vita a una “Rete pastorale alpina”, aperta ad altre associazioni indipendenti di pastori e produttori di formaggi d’alpeggio dell’Arco alpino, per la tutela delle produzioni artigianali e bio nel rispetto delle tradizioni.
A proposito di Bitto, il 20 giugno a Gerola Alta (So) -negli stessi giorni della transumanza del bestiame verso gli alpeggi delle Valli del Bitto- si è tenuta la tradizionale “sagra della Mascherpa”, l’antica ricotta prodotta con il siero rimasto dalla lavorazione del formaggio Bitto, con l’aggiunta di latte di capra. Aspettando la sagra del Bitto del prossimo 19 settembre, sempre a Gerola. Per info: Pro Loco Gerola Alta, tel. 0342-69.01.72.

Un’estate in alpeggio

Se state pensando di passare i mesi estivi lavorando in malga, il blog lavoroinalpeggio.blogspot.com è quel che fa per voi. Il blog -gestito in modo volontario dall’Associazione amici degli alpeggi e della montagna (AmAMont), un’associazione transfrontaliera per la ruralità alpina, nata per promuovere gli alpeggi e le loro comunità, le produzioni rurali sostenibili e i paesaggi culturali dell’arco alpino- è una vera e propria “bacheca virtuale” per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro nelle malghe, ma anche per aiutare chi vorrebbe vivere un’esperienza di volontariato in alpeggio a trovare i contatti giusti. Per informazioni potete anche scrivere a lavoroinalpeggio@gmail.com, o contattare l’associazione AmAMont, che ha sede a Sondrio (corti_michele@fastwebnet.it, http://www.ruralpini.it/amamont.html).
 

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