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Esteri / Reportage

Nei cimiteri elettronici dell’India, hub mondiale degli scarti digitali

Un ragazzo brucia sacchi pieni di alluminio da riciclare in uno stanzone nella periferia di Delhi, in uno degli spot illegali per il riciclo dell’e-waste in città - © Andrea de Franciscis

Tastiere, smartphone o monitor obsoleti. La rotta degli e-waste consumati in Europa o Stati Uniti porta a Delhi, Bangalore e Moradabad, dove donne, uomini e bambini cercano di trarre guadagno dai metalli estratti. In condizioni disumane

Tratto da Altreconomia 198 — Novembre 2017

I vicoletti di Seelampur sono angusti e cupi. A prima vista sembrano quelli di un mercato qualsiasi. Le minuscole botteghe del quartiere alla periferia nord-orientale di Delhi sono piene di sacchi bianchi accatastati. Visivamente, delimitano il confine di questo dedalo di stradine conosciuto come il più grosso mercato di rottami del subcontinente.

Dalle cuciture dei sacchi spuntano fili attorcigliati e cavi colorati. Pile di tastiere riempiono fino al soffitto uno stanzone al pianterreno. In un altro ci sono solo monitor obsoleti. Le porte di ferro socchiuse nascondono piccoli cimiteri della modernità. Eppure per qualcuno a Seelampur, Guiyu o Agbogbloshie, rispettivamente in India, Cina e Ghana, gli scarti del mondo digitalizzato diventano una fonte di guadagno. Una raccolta “differenziata” illegale e pericolosa, un business sotterraneo che solo in India impiega oltre mezzo milione di persone.

97% dei rifiuti altamente tossici e inquinanti viene riciclato da lavoratori non qualificati. È la denuncia del think-tank indiano Centre for science and environment (Cse)

Quello dei rifiuti elettronici, o e-waste, è oggi il flusso di spazzatura che cresce più rapidamente al mondo. La produzione di sempre nuove tecnologie ormai a buon mercato e la loro rapida obsolescenza spingono i consumatori a un ricambio compulsivo. E se dagli anni 70 il “terzo mondo” è stato usato come discarica illegale per gli scarti elettronici provenienti dall’Occidente, oggi le rampanti economie asiatiche con le loro neonate classi medie alimentano un altrettanto crescente flusso interno di e-waste. Un recente rapporto co-firmato da Ruediger Kuehr, responsabile della campagna Onu “StEP”, rivela che solo in Asia il volume dei rifiuti elettronici è aumentato del 63 per cento in cinque anni.

Un vicoletto nel quartiere di Seelampur, l’enorme mercato dove gli apparecchi elettrici ed elettronici vengono selezionati e smistati - © Andrea de Franciscis
Un vicoletto nel quartiere di Seelampur, l’enorme mercato dove gli apparecchi elettrici ed elettronici vengono selezionati e smistati – © Andrea de Franciscis

L’India è oggi il quinto maggior produttore di rifiuti elettronici al mondo, il primo sono gli Stati Uniti. Uno studio dello scorso anno condotto dalle Camere di industria e commercio, Assocham, stima che gli attuali 1,8 milioni di tonnellate lieviteranno a 5,2 milioni entro il 2020, a un tasso di crescita annuo composto del 30 per cento. A ciò vanno aggiunte le 50mila tonnellate importate ogni anno illegalmente in India da Europa e Stati Uniti in testa, nonostante il divieto di esportazione di rifiuti pericolosi sancito dalla convenzione di Basilea nel 1992, ratificata da 184 Paesi (ma non dagli Stati Uniti).

La differenza nei costi di smaltimento tra Europa (35 euro per chilogrammo) e India (2 euro) contribuisce a mantenere in vita la rotta illecita dell’e-waste

La differenza nei costi di smaltimento tra Europa (35 euro per chilogrammo) e India (2 euro) contribuisce a mantenere in vita la rotta illecita dell’e-waste. Ammassati in grossi container, i rifiuti elettronici raggiungono i porti di Mumbai, Kolkata e Chennai, spacciati per merce di seconda mano o donazioni di beneficenza. Dopo una prima segregazione manuale, schede madri, tubi catodici, circuiti di stampanti, telefonini, schermi a cristalli liquidi e caricatori non ricondizionabili saranno spediti negli hub indiani del riciclo: Bangalore, Kolkata e Delhi.

“Il 97 per cento di questi rifiuti altamente tossici e inquinanti viene riciclato da lavoratori non qualificati nel settore informale”, spiega Nitiv Yadav del think-tank indiano Centre for science and environment (Cse). New Delhi è la capitale del riciclo informale di spazzatura elettronica nel subcontinente con uno share del 70 per cento sul totale nazionale. Si stima siano 35mila le persone coinvolte nel business illegale di rifiuti elettronici in vari spot della città. Da Seelampur i sacchi di rifiuti smontati e differenziati saranno smistati nei centri illegali “specializzati” nel riciclo dei vari materiali.

Come Mandoli, quartiere nordorientale di Delhi, al confine con lo Stato dell’Uttar Pradesh. Una terra di nessuno nella periferia industriale della capitale. Mandoli Extention è un fazzoletto di terra rubato alle altrimenti densissime cartografie cittadine. Un’enorme discarica dove il riciclo illegale di rifiuti elettronici è gestito da piccoli boss locali. Uno spiazzo brullo disseminato di casupole, file di mattoni e cortili dove lavorano uomini, ma anche donne e bambini, senza protezioni se non una dupatta (sciarpa) a coprire la bocca dalle esalazioni. File di taniche e barili blu pieni d’acido da cui emergono vecchi circuiti riempiono gli spazi di lavoro, al di fuori dei quali il paesaggio sembra quello di un film post-atomico.

Kalaviti è una lavoratrice a giornata nell’hub informale di Mandoli. Sta stendendo polvere di rame ad asciugare. Alle sue spalle si notano matasse di fili metallici recuperati dagli apparecchi elettronici in disuso. Il riciclo informale di e-waste impiega oltre mezzo milione di persone solo in India - © Andrea de Franciscis
Kalaviti è una lavoratrice a giornata nell’hub informale di Mandoli. Sta stendendo polvere di rame ad asciugare. Alle sue spalle si notano matasse di fili metallici recuperati dagli apparecchi elettronici in disuso. Il riciclo informale di e-waste impiega oltre mezzo milione di persone solo in India – © Andrea de Franciscis

Una distesa di scarti di lavorazione, schede madri e circuiti in vari stadi di decomposizione pavimenta il terreno secco e polveroso; i liquami di risulta gettati in uno stagno lo hanno reso di un colore verde acceso, innaturale. Poco più in là, in uno stanzone chiuso, un ragazzino attizza il fuoco sotto cumuli di scarti di alluminio da bruciare. In un cortile, un grosso macchinario artigianale -fatto da una tanica d’acqua da mille litri e una pala collegata a un generatore, tipo impastatrice- sta mescolando acido solforico. Dietro un pesante portone di ferro, un bambino di 12 anni spala tizzoni di carboni ardenti per le fornaci dove saranno fusi i metalli recuperati.

Il fiume Ramganga, tributario del Gange che attraversa Moradabad, è oggi ridotto a una fogna in cui vengono sversati i prodotti chimici usati per estrarre i metalli

Gli spazi di lavoro sono delimitati da muri e cancelli improvvisati. Kalaviti, una donna sulla sessantina, è accovacciata a terra stretta nel suo sari consunto. Aiutandosi con un vecchio circuito, a mani nude, stende polvere di rame, quella che si estrae dai circuiti per poi essere fusa e rivenduta, insieme a oro, zinco e argento. Come molti dei lavoratori a giornata del settore, Kalaviti guadagna 150 rupie al giorno (circa 2 euro) per 8-9 ore di lavoro. Sa che è un lavoro pericoloso e dannoso per la salute ma non ha scelta, dice quasi imbarazzata, la sua famiglia è molto povera.

Un odore acre e penetrante permea l’aria e si ferma pesante sui polmoni. “Usiamo composti chimici, per recuperare i metalli, riciclare tutto il riciclabile”, racconta Rajesh Kumar, un veterano nel business, mentre si aggira impettito nell’enorme discarica-laboratorio a cielo aperto. “Il materiale arriva qui con i camion, notte e giorno, ma è un business che sta morendo: ora si è spostato tutto a Moradabad, 170 chilometri a Est di Delhi, per i prezzi più bassi e i minori controlli”, spiega, indicando un punto lontano oltre il vicino confine.

Nei vicoletti di Seelampur, le botteghe che gestiscono il traffico illecito di apparecchi elettrici ed elettronici rotti sono stracolme dei resti della tecnologia: un flusso di rifiuti in continua crescita sia in Occidente sia in Asia - © Andrea de Franciscis
Nei vicoletti di Seelampur, le botteghe che gestiscono il traffico illecito di apparecchi elettrici ed elettronici rotti sono stracolme dei resti della tecnologia: un flusso di rifiuti in continua crescita sia in Occidente sia in Asia – © Andrea de Franciscis

Conosciuta anche come Peetal Nagri -la città dell’ottone- Moradabad è una cittadina densamente popolata sulle rive del fiume Ramganga, tradizionalmente famosa per la lavorazione del metallo. Poi, un po’ per la crisi nel mercato interno un po’ per la recessione globale, molte delle famiglie impiegate nella lavorazione dell’ottone hanno dovuto cercare altri mezzi di sussistenza, si legge in un rapporto dell’Ong indiana Toxics Link. Il passaggio al fiorente business dell’e-waste è stato quasi naturale.

Il riciclo illegale è gestito a livello familiare a Moradabad, nei seminterrati o sui terrazzi delle case nei vicoletti di Nawabpura, Jama Masjid e Karula ma poggia su un consolidato network che gestisce trasporti e vendita. Il fiume Ramganga, tributario del sacro Gange, che attraversa la cittadina, è oggi ridotto a una fogna in cui vengono sversati i prodotti chimici usati per estrarre i metalli. Alla fine del processo, c’è chi setaccia la sabbia del fiume in cerca di scarti di lavorazione che potrebbero ancora rendere qualche spicciolo.Diversi camion sono stati sequestrati nei raid di polizia che in questi mesi si sono intensificati, ma a Moradabad i recyclers non sembrano aver paura, né delle autorità né dei rischi per la salute. “Mangiamo molto burro e derivati del latte per contrastare le tossine”, racconta ad Altreconomia un uomo coinvolto nel business che preferisce restare anonimo. Sua figlia, una bambina esile e vivace, scorrazza tra i secchi pieni di argilla che occupano il terrazzo della loro casa/laboratorio. La mucca di famiglia rumina sterpaglia -probabilmente contaminata- legata appena fuori la soglia.

Da un rapporto dell’ente ministeriale Central Pollution Control Board (Cpcb) è emerso che piombo, mercurio, cromo, cadmio e bario inquinano le acque e il suolo nell’area circostante. I casi di bronchite, asma, tumori e problemi respiratori sono in forte aumento a causa dei fumi tossici emessi nei processi di riciclo dell’e-waste. Le proteste dei residenti, negli ultimi anni, hanno allertato le autorità locali sulle condizioni cui sono costretti a vivere, a pochi metri da laboratori chimici illegali a cielo aperto. “L’e-waste è un cocktail di sostanze chimiche tossiche altamente dannose per la salute e per l’ambiente”, spiega Priti Mahesh di Toxics Links, un organizzazione ambientalista che da anni si occupa del problema.

Nel 2012 l’India ha varato una legge che include la responsabilità estesa del produttore (Epr), l’approccio cardine delle politiche europee sui rifiuti elettronici; ma è solo a maggio 2016 che una nuova legge stabilisce “obiettivi più precisi e un ordinamento più completo sulle responsabilità degli stakeholder”, continua Priti Mahesh. “Il nuovo testo, che vieta la raccolta e lo smantellamento informali, include per la prima volta anche chi raccoglie, ricicla o ripara apparecchi elettrici ed elettronici rotti”. Figura molto comune in India, il kabadiwala è una sorta di robivecchi che raccoglie l’usato a domicilio. Una volta implementata una legge finora buona solo sulla carta, la sfida maggiore della regolamentazione sarà riuscire a incanalare queste figure in un meccanismo di raccolta formale.

Uno studio dell’Unep (United Nations environmental program) dal titolo “E-waste: da rifiuto a risorsa” rivela che circa il 90 per cento dei rifiuti elettronici prodotti al mondo, per un valore stimato di 19 miliardi di dollari, è riciclato illegalmente da lavoratori non specializzati in condizioni pericolose. Le stime globali parlano di 56 milioni di tonnellate prodotte ogni anno, un’enorme quantità di rifiuti contenenti vari tipi metalli preziosi e non che, se riciclati correttamente, si tradurrebbero in enormi guadagni. Ma a Seelampur, Mandoli e Moradabad, per ora, il business prosegue indisturbato.

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