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Report riprende il nostro “Il binario vuole il cemento”

Com’è già accaduto in passato, Report ha ripreso -nella puntata in onda il 12 dicembre 2010- un’inchiesta pubblicata da Altreconomia (nel gennaio 2010). Il "caso" Bergamo Porta Sud era infatti il focus del servizio "Il binario vuole il cemento", che…

Tratto da Altreconomia 112 — Gennaio 2010

Com’è già accaduto in passato, Report ha ripreso -nella puntata in onda il 12 dicembre 2010- un’inchiesta pubblicata da Altreconomia (nel gennaio 2010). Il "caso" Bergamo Porta Sud era infatti il focus del servizio "Il binario vuole il cemento", che vi riproponiamo qui sotto.

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Invece di investire su treni locali e servizio pubblico, Ferrovie dello Stato si dà alla vendita degli scali ferroviari. Dove presto sorgeranno palazzi e parcheggi

Chi aspira a un posto di lavoro nelle Ferrovie dello Stato può specializzarsi nel real estate financing o studiare da addetto commerciale per l’immobiliare. Il servizio ai viaggiatori, specie a quelli pendolari, che è il core business dell’azienda dal 1905, quand’è nato l’Ente Ferrovie dello Stato, sta perdendo posizioni, soppiantato da altre attività più redditizie.
Niente macchinisti, né capitreno, quindi, ma persone in grado di gestire e “mettere a reddito” -ovvero vendere- l’immenso patrimonio immobiliare che l’ente pubblico ha lasciato in eredità alla società per azioni, la nuova forma societaria che le Fs hanno assunto dall’inizio degli anni Novanta.
Sistemi urbani in trasformazione. Mentre assistiamo alla trasformazione in centri commerciali delle 116 stazioni più importanti del Paese, le Fs hanno anche messo sul mercato milioni di metri quadri di terreni in almeno 117 città tra aree metropolitane, capoluoghi e piccoli centri. Residenze a Cremona e Verona, uffici e Bergamo, centri commerciali in Sardegna, parcheggi un po’ ovunque: la scure del “progetto Rightsizing”, promosso dalle Fs nel 2008, cadrà su tutte quelle aree per cui sarà possibile ottenere una trasformazione della destinazione urbanistica. Per gestire il processo, da una costola del gruppo Fs è nata, nel 2008, Sistemi Urbani, una srl cui la capogruppo ha conferito le aree considerate non più funzionali per il servizio merci. Proprietà sterminate, costruite nel corso del XX secolo in aree periferiche e oggi inglobate nel tessuto urbano. “Sono aree, impianti e fabbricati che residuano” secondo l’ingegner Carlo De Vito, ad di Fs Sistemi Urbani, anche se i tagli alla rete nazionale di trasporto merci rappresentano uno dei nodi critici sul futuro delle Ferrovie. Merci o non merci, Sistemi Urbani si occupa di pianificare e programmare la trasformazione: “Da servizi generali, ferroviari, le aree passano a servizi privati -riprende De Vito-. A quel punto, avvenuta la trasformazione, il bene viene messo sul mercato e venduto a soggetti privati, sempre con procedura pubblica”.  
“Offerte interessanti” sul sito di Ferrovie. Per farsi un’idea dei beni già ceduti dalle Fs o di quelli per i quali è in corso l’aggiudicazione basta aprire il “Catalogo immobili in vendita” sul sito di Ferservizi, un’altra società del gruppo Fs. Contiene offerte speciali da Nord a Sud. A Verona ad esempio è stato aggiudicato per 8,6 milioni di euro un “terreno edificabile ubicato in via Galilei, limitrofo alla stazione di Verona Porta Vescovo”, come spiega la brochure scaricabile dal sito. Occupa una superficie di oltre 14mila metri quadrati. A Cremona, invece, è finita sul mercato un area di 4.160 metri quadri: “L’area in vendita è caratterizzata da un nuovo processo di trasformazione urbana che sta portando alla concentrazione di nuovi insediamenti edilizi con destinazione a prevalenza residenziale e direzionale”. Il prezzo di mercato è di 990mila euro. A Sud, è sul mercato l’Officina grandi riparazione di Saline Joniche, in provincia di Reggio Calabria. È un lotto immenso, lungo la Ss 106, di oltre 350mila metri quadri, su cui insistono 17 edifici (solo il più importante, l’Officina, occupa 56.039 m2). Il prezzo base per l’offerta è di 7,3 milioni di euro. Il futuro dell’area è già finito al centro di un’inchiesta giudiziaria, quella che ha portato nel maggio 2008 all’arresto di Pasquale Inzitari, imprenditore ed ex vicesindaco di Rizziconi (Rc). L’ex esponente dell’Udc (era candidato al Senato nel 2006) oggi sta scontando agli arresti domiciliari una condanna a sette anni e quattro mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti, il terreno sarebbe stato valorizzato con la realizzazione di un centro commerciale. 
Stabilimenti balneari, invece, sono la destinazione più probabile per i terreni “da valorizzare” in località Casa Pascale, nel Comune di Golfo Aranci (Olbia-Tempio), in Sardegna. Si tratta di 296.587 metri quadri, compresi tra il Km 300+600 e 301+460
della linea ferroviaria Cagliari-Golfo Aranci e il Mar Tirreno.
Le Fs cedono per 50 anni il diritto di superficie su aree che, a due passi dalla Costa Smeralda, possono essere destinate ad “uso ricreativo culturale”, come i “servizi alla spiaggia”. Il prezzo base di gara è modico, 478mila euro. Ma è sempre possibile, in futuro, che l’area acquisti valore: basta eliminare il vincolo regionale che impone l’inedificabilità delle coste sarde.
“A breve -informa De Vito- venderemo anche a Torino. Aree che sono già state valorizzate, come Spina 1 e Spina2”. Entrambe in centro città, Spina 1 e 2, circa 140mila metri quadri in tutto, sono diventate “edificabili”, ed è così che dobbiamo leggere la parola “valorizzate” quand’è pronunciata dall’ad di Fs Sistemi Urbani.
L’avventura di Porta Sud. È una storia un po’ diversa quella che riguarda l’ex scalo merci di Bergamo e tutta la porzione di città a Sud della stazione. In questo caso, le Ferrovie dello Stato sono entrate come azionisti in una società che si occupa di  studiare “cosa fare di queste aree”, come racconta De Vito.
La società si chiama Porta Sud, è nata nel 2004 come Società di trasformazione urbana (Stu) ma oggi è una spa. Le Fs detengono (attraverso la controllata Sistemi Urbani) una partecipazione al 35% (gli altri soci sono Comune, Provincia e Camera di commercio di Bergamo). Già che c’era, il progetto di “riqualificazione” dell’area di proprietà delle Ferrovie (circa 169mila metri quadri) è stata allargato, arrivando a includere proprietà di privati per complessivi 760mila metri quadri. Inserito all’interno del nuovo Piano di governo del territorio (Pgt) della città, l’intervento è stato approvato nei primi giorni del dicembre 2009. Il master plan prevede, tra l’altro, di costruire un “tetto” di cemento armato che coprirà i sei binari della stazione di Bergamo. Sopra non cresceranno alberi ma palazzi. In 12-15 anni, il progetto dovrebbe portare investimenti per un miliardo e 850 milioni di euro. Tra i beneficiari dell’intervento promosso con la regia di Fs ci sono alcuni gruppi economici “forti” in città. Ricadono nell’area di progetto l’area ex Cesalpinia (21mila metri quadri di proprietà del gruppo Percassi, vedi Ae 111), la vecchia fabbrica delle Calci idrate d’Italia (24mila metri quadri del gruppo Italcementi), una proprietà del gruppo Lombardini (attivo nella grande distribuzione con i marchi Pellicano, IperPellicano e Ld). Claudio Bonfanti, presidente di Porta Sud, spiega che in sede di approvazione del Pgt, il Comune ha ridotto del 10% le cubature previste dal progetto elaborato dalla società: sull’area ci sarà spazio per almeno 700mila metri cubi di costruzioni, tra residenziale, commerciale, servizi e funzioni pubbliche. In tasca alle Fs dovrebbero esserci almeno 530mila metri cubi di diritti edificatori da mettere sul mercato: un bel gruzzoletto. Bonfanti spiega che, con l’approvazione del Pgt, gli unici soggetti che hanno guadagnato qualcosa, in termini di cubature, rispetto a quelle già esistenti sono il Comune e le Ferrovie. Porta Sud non avrebbe favorito i privati (ma anche le Poste sono proprietarie di una vasta area, a Sud-Est rispetto alla stazione). Porta Sud, spiegano tutti i materiali pubblicitari, sarà né più né meno “il nuovo centro della grande Bergamo”. Una nuova città capace di cancellare il verde, meglio definito come “retaggi di agricoltura” o “aree rimaste inedificate”.
Se l’obiettivo del progetto è restituire alcune zone alla città, e collegare meglio ai due centri storici di Bergamo la zona a Sud della stazione Fs (dove ha sede un importante polo scolastico, oltre a una clinica privata del gruppo Rocca), bastava forse il sottopasso inaugurato nel 2008. La pensa così, ad esempio, Luigi Nappo, che è stato assessore all’Urbanistica nella giunta Veneziani, quella che ha governato la città fino al 2004, avviando Porta Sud: “Il vecchio piano regolatore -racconta- prendeva in ipotesi la dismissione dello scalo merci. E per agevolare questa previsione, erano state individuate possibilità edificatorie a favore delle Ferrovie. Nel 1999, quando ci siamo insediati, firmammo un protocollo d’intesa con le Fs”. Oggi Nappo è tra i più strenui oppositori al progetto, e con l’associazione L’aurora (associazionelaurora.myblog.it) ha pungolato i sindaci Roberto Bruni (2004-2009) e Franco Tentorio (in carica) fino all’approvazione del Pgt: “Tutto il Piano di governo del territorio è calibrato immaginando che a Bergamo arrivino circa 20mila nuovi abitanti. Eppure, sono gli uffici demografici dello stesso Comune a dirci che la popolazione continuerà a calare nei prossimi anni, fino ad arrivare a 112mila residenti (oggi sono 117mila 500 circa, ndr). E a Bergamo ci sono già almeno 8mila alloggi sfitti”.
A parte poche voci critiche, Porta Sud è un progetto che mette d’accordo tutti: ideato da una giunta di centrosinistra, al cui interno sedevano Verdi, Rifondazione e Pdci, è stato “definito” e approvato da una di centro destra, con la benedizione delle Ferrovie. Porta Sud è un progetto in bilico, al momento, solo perché la Provincia -con il nuovo presidente Ettore Pirovano, della Lega, pure deputato nelle file della Pdl- vuole tirarsi indietro, rinunciando a realizzare la propria nuova sede nell’area dell’ex scalo merci. Bonfanti, presidente di Porta Sud, considera gli uffici della Provincia “lo start-up” della sua creatura, e assicura che ci sono già almeno un paio di privati pronti a far la loro parte. Invece “smontare Porta Sud”, per dirla con le sue parole, “potrebbe essere un boomerang”: Rfi, ad esempio, sembra rimettere al successo dell’operazione la costruzione del collegamento ferroviario tra la stazione di Bergamo e l’aeroporto di Orio al Serio, distante pochi chilometri in linea d’aria dal centro della città e oggi raggiungibile solo dall’autostrada A4. L’investimento sulla rete per un nuovo servizio “d’interesse generale” (coi voli low-cost Orio è diventato il 4° aeroporto italiano, con 6,6 milioni di passeggeri nei primi 11 mesi del 2009) dipende quindi da una buona operazione immobiliare.
Il regalo di Sarzana. L’esempio di Bergamo aiuta a capire chi tiene il coltello dalla parte del manico, ma lo esplicita ancora di più una delibera del Comune di Sarzana (Sp). A luglio 2009 la giunta della cittadina ligure (21mila abitanti) ha approvato un protocollo d’intesa con Fs Sistemi Urbani, per definire il futuro di 21.942 metri quadri di aree ferroviarie “disponibili a trasformazioni funzionali”. Su una parte, il piano regolatore prevede la costruzione di una nuova strada. Per realizzarlo, spiega la delibera, “l’amministrazione comunale ha la necessità di acquisire le aree ferroviarie”. E, nonostante la destinazione finale del bene sarà la viabilità comunale, lo farà a prezzo di mercato, “un prezzo che tenga contro della loro attuale destinazione urbanistica (edificabile)”. Una specie di trattativa tra privati: il conto per il Comune di Sarzana è 1.040.000 euro più Iva. “Diversi anni fa il Comune aveva cercato le Ferrovie per verificare la disponibilità di vendere quelle aree dismesse, ma non se ne fece niente. Circa due anni fa furono le Fs a cercare noi, avevano bisogno di far cassa” racconta il vicesindaco Roberto Bottiglioni. Che infatti non avrebbe potuto espropriare l’area, come ad un privato, poiché gli scali ferroviari dismessi sono considerati come un sito d’interesse nazionale. Una definizione che però stride con le politiche di (s)vendita di un patrimonio pubblico che le Fs stanno realizzando. Che invece sono ben spiegate dall’ingegner De Vito, ad di Fs Sistemi Urbani: “L’attività pubblica è il servizio ferroviario, la valorizzazione patrimoniale si riferisce a una sfera privata”.

Lo scalo è tesoro in centro
Il pezzo più pregiato del patrimonio Fs sono le proprietà nelle città ed aree metropolitane.
Tra Milano, Torino, Venezia, Bologna, Firenze, Roma e Napoli (nella cartina in alto), le ferrovie metteranno a disposizione del mercato circa 3,5 milioni di metri quadri, per un valore di mercato -individuato in un documento riservato di Rfi del 2008- di circa 1,5 miliardi di euro.
“A Milano abbiamo 1,2 milioni di metri quadri” spiega Carlo De Vito, ad di Fs Sistemi Urbani.
Il documento sui disinvestimenti ferroviari definisce “aree ferroviarie in trasformazione” gli scali di Porta Romana (220mila metri quadri), Farini (600mila metri quadri), Porta Genova (90mila), San Cristoforo (110mila), Lambrate (53mila), Greco e Rogoredo. A marzo 2009 Comune di Milano, Regione Lombardia e Fs hanno firmato un accordo e adesso “stiamo definendo nella procedura urbanistica cosa accadrà”, racconta De Vito. In attesa della variante al Pgt, il Comune assicura che le aree sono “pronte a diventare palazzi, con uffici e appartamenti (11mila circa) ma anche verde, spazi pubblici e nuovi quartieri di housing sociale, circa 3.700 nuovi alloggi. Il Comune trasformerà 750mila in verde e spazi pubblici. Il rimanente, circa 450mila metri quadri, sarà venduto a privati che potranno costruire solo garantendo in cambio una quota di servizi e alloggi in housing sociale. L’operazione -conclude il Comune di Milano- frutterà alle Ferrovie dello Stato circa 800 milioni di euro”.
A Roma, invece, saranno interessate le aree intorno alla stazioni Tiburtina e Tuscolana, per un totale di circa 475mila metri quadri.
Il processo di “valorizzazione” riguarderà, nei prossimi anni, anche 3 milioni di metri quadri in 52 capoluoghi, come Cremona (per un valore ipotizzato dalle Fs di 750 milioni di euro). Nei piccoli centri, a disposizione 5 milioni di metri quadri, per un valore di mercato di altri 700 milioni di euro.

1,4 miliardi da "disinvestire"
La vendita del patrimonio immobiliare delle Ferrovie dello Stato rischia di essere solo un (altro) modo per far cassa. In un capitolo del suo libro-inchiesta sulle Fs, Fuori Orario (vedi sopra), Claudio Gatti ricostruisce il processo, avviato nel 2001 -quando ad di Ferrovie era Giancarlo Cimoli- per “monetizzare” l’immenso patrimonio immobiliare della società.
Nell’ottobre del 2002, Giulio Tremonti -allora come oggi ministro dell’Economia- scrive a Cimoli invitandolo a reperire risorse proprie per coprire i costi della manutenzione ordinaria nel 2003: “L’unica strada
percorribile -scrive Gatti- era quella delle dismissioni”. Il 26 giugno 2003, da una scissione di Rfi (la società cui fanno capo le infrastrutture del gruppo Ferrovie) nasce Ferrovie Real Estate.
Fre, che ingloba il patrimonio considerato “eccedente” (e perciò vendibile), dipende da Rfi, e questo non sta bene al nuovo amministratore delegato di Fs, Mauro Moretti, che nel settembre 2006 sostituisce Cimoli. Per questo, il 26 gennaio 2007 il patrimonio di Fre torna a Ferrovie dello Stato. Altri immobili “passano di mano” il 12 ottobre dello stesso anno: da Rfi entrano nella pancia di Fs Logistica spa, una nuova società. Nei documenti si fa riferimento ad aree da dismettere per circa 2 milioni di metri quadri, ma la stima cresce fino a 4,65 milioni (per un valore di 1,41 miliardi di euro) nel documento riservato “Budget 2008. Disinvestimenti immobiliari” di Rfi.
Nel 2008 nasce anche Fs Sistemi Urbani, e nel corso dell’anno a questa società viene conferito parte del patrimonio immobiliare di Rfi. Secondo la relazione di controllo della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria di Ferrovie dello Stato spa, il passaggio avviene in due tranche: la prima riguarda “le aree dei parcheggi gestiti da Metropark, le aree oggetto di valorizzazioni in corso di Torino, Bologna e parte delle aree di Milano nonché l’intera partecipazione detenuta da Rfi in Metropark spa, per complessivi 276,6 milioni di euro di valore netto contabile”; la seconda “ulteriori grandi aree interessate da valorizzazioni in corso, alcuni piazzali delle stazioni gestite da Grandi Stazioni e altri beni non strumentali; il valore netto contabile degli asset trasferiti è di circa 213,4 milioni di euro (comprensivi del valore della partecipazione in una società di sviluppo immobiliare e di circa 2 milioni di euro di liquidità)”. Quest’ultima è Porta Sud, a Bergamo, uno dei casi di cui parliamo in queste pagine.

Anche Benetton, Caltagirone, Pirelli
10mila euro per un evento di 24 ore nella Palazzina Reale all’interno della Stazione Centrale di Milano; 35mila, invece, è la tariffa per chi volesse affittare per tre settimane i 400 metri quadri lungo il binario 21 della stessa stazione, per ospitare una mostra; costa altrettanto riservare per 7 giorni Piazza dei Cinquecento, la porta d’accesso di Roma Termini. Il catalogo è sul sito di Grandi Stazioni, la spa incaricata di riqualificare, valorizzare e gestire le 13 stazioni più importanti del Paese. Da Torino a Palermo, (con tariffe leggermente più basse) il listino 2009 è diviso nelle categorie shooting (riprese), location (eventi) e welcome desk (benvenuto). Grandi Stazioni, che ha un portafoglio di 1.500.000 metri quadrati di beni immobiliari, è controllata al 60% dalle Fs, mentre l’altro 40 è di proprietà di un consorzio privato i cui soci sono Benetton, Caltagirone, Pirelli e le ferrovie francesi. La società ha chiuso il 2008 con un utile di 15 milioni di euro.
L’integrazione verticale dell’offerta ha portato invece le Ferrovie ha trasformare in parcheggi parte dei propri scali. Sono 83 le aree in cui si può lasciare l’auto a due passi dai binari e salire sul treno, pagando s’intende: Metropark spa, controllata da Fs Sistemi Urbani, è interprete della nuova “vision” aziendale, quello che mira a “superare il concetto di mero servizio di trasporto” (corsivo nostro).      

Pagine riservate
Documenti riservati e testimonianze inedite di ex dirigenti delle Ferrovie dello Stato, di Trenitalia e di Rfi e sono le fonti privilegiate dell’inchiesta in cui Claudio Gatti, corrispondente da New York de Il Sole-24 Ore, ricostruisce “le prove del disastro Fs”. Fuori orario è in libreria da ottobre 2009 per l’editore Chiarelettere (250 pagine, 15 euro).     

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