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Diritti / Opinioni

Refugees Welcome, quando l’accoglienza produce coesione sociale

Sono 90 le famiglie italiane che hanno aderito al progetto e aperto le porte delle loro case e che stanno offrendo ospitalità e occasione di una reale integrazione a giovani rifugiati e richiedenti asilo. Una sfida per la società civile

“Questa sera Toure ha iniziato a raccontarci di quella volta che, in fila seduto per terra insieme a centinaia di persone sulla spiaggia libica, uno scafista ha chiesto chi parlava arabo. Lui ha alzato la mano e l’uomo, sotto effetto di hascisc, gli ha intimato di scegliere chi avrebbe dovuto imbarcarsi e chi no”. Il giovane si è rifiutato di farlo, ha implorato, ma lo scafista lo ha minacciato di lasciarlo a terra se non avesse ubbidito. “Toure ha implorato di non costringerlo: quegli occhi che lo guardavano disperati, lo avrebbero perseguitato per tutta la vita. Uno di questi era un ragazzino minorenne, Mussa, poi imbarcato con lui. Da quel momento si sentono spesso al telefono, anche stasera si sono sentiti… e Toure è arrivato tardi a tavola. Ecco perché si è sentito di raccontarci questa storia”.

Annalisa vive con la sua famiglia a Macerata, nelle Marche. La sua è una delle 90 famiglie che, dopo aver aderito a Refugees Welcome Italia, stanno ospitando uno o più richiedenti asilo. “È iniziato il Ramadan, la scorsa notte la nostra cucina profumava di pasta al pesto, che piace a Toure -racconta Annalisa-. L’ospitalità domestica, la convivenza permettono un accompagnamento e crescita reciproca continui, aiutano ad essere partecipi di una comunità attiva, costruiscono nuove relazioni umane, sociali e lavorative. Restituiscono identità ed autonomia: la vita degna. Siamo famiglie consapevoli che chi si prende cura dell’altro si prende cura di sé. Sta a noi realizzare la capacità di condividere le diversità nella eguaglianza creando una sinergia sociale ri-generatrice per una Italia migliore e possibile. Ora”.

Nel 2015 ci furono 153.842 sbarchi sulle coste italiane, a dicembre è nato “Refugees Welcome Italia” come parte di un network internazionale sorto nel 2014 in Germania che conta oggi più di 1.800 convivenze in famiglia. L’associazione -che ha lo statuto giuridico di Onlus- si sviluppa in 18 gruppi territoriali regionali composti da oltre 100 volontari, 500 attivisti, 660 famiglie disposte ad accogliere e 360 richiedenti asilo e rifugiati. Una rete che attraversa l’Italia in lungo e in largo: da Cuneo a Cagliari, da Palermo a Milano.

“Refugees Welcome” elabora e diffonde accoglienza domestica dei migranti per una nuova coesione sociale. Le famiglie ospitanti non percepiscono compensi, solo un rimborso spese per l’acquisto di quanto necessario a un bebè o a un minore grazie alle risorse di un bando vinto della Comunità Europea. Il primo contatto avviene iscrivendosi alla piattaforma associativa sul web, seguono poi gli incontri di selezione di idoneità sia per le famiglie che per i cittadini stranieri. Un tutor, volontario che ha già ospitato e ha competenze da mediatore culturale, accompagna ospiti e ospitati nel percorso di reciproca conoscenza: assiste la famiglia, valuta l’andamento della ospitalità, segue i progressi del rifugiato nel realizzare il suo progetto individuale di autonomia

Le Marche sono la regione che ospita il maggior numero di migranti, a Macerata è attivo uno dei gruppi più radicati della rete con 12 volontari e quattro convivenze in atto. Ma “Refugees Welcome” non si limita all’accoglienza: assieme ad una rete di solidarietà civile assai partecipe, promuove incontri, dibattiti, seminari di formazione, festival delle culture; si interfaccia con l’Università e l’amministrazione comunale, le associazioni di volontariato, la Caritas. A Macerata Ebrima e Mamadou lavorano ed imparano bene l’italiano. “Sogno per me e per la mia bimba una vita serena, sogno di finire la scuola e prendere la terza media, sogno di studiare per diventare infermiera, sogno una casetta, uno stipendio che mi permetta di vivere semplicemente ma dignitosamente, sogno una vita che non ho mai avuto la possibilità di vivere”, conclude Blessing, prima mamma ad essere accolta in famiglia.

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