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Economia / Intervista

Questo “reddito di cittadinanza” non combatte la povertà

Così come è strutturato, il provvedimento del Governo non migliora la situazione. “Al contrario -spiega Giuseppe De Marzo, economista, tra gli animatori della campagna “Miseria ladra”- rischia di amplificare le diseguaglianze”

“Il provvedimento varato dal governo sul reddito di cittadinanza non abolisce la povertà. Al contrario, rischia di amplificare le diseguaglianze e far crescere la povertà. Una gigantesca operazione di distrazione di massa che sposta le responsabilità della crisi su poveri e impoveriti”. Giuseppe De Marzo, economista e giornalista, è stato tra gli animatori della campagna “Miseria ladra”, promossa nel 2013 da Libera, Gruppo Abele e campagna “Sblianciamoci” che aveva come obiettivo il contrasto alla povertà, alle diseguaglianze e alla marginalità sociale. Nei giorni scorsi ha pubblicato una dettagliata analisi del decreto che istituisce il reddito di cittadinanza.

“Già nel 2013 i dati ISTAT facevano fotografavano un aumento fuori norma del numero delle persone in povertà in Italia e una crescita della diseguaglianza sociale -spiega De Marzo ad Altreconomia-. Per questo motivo la campagna avanzava una serie di richieste molto precise tra cui quella di un ‘reddito di dignità’. Quella proposta venne sottoscritta e promossa anche da 91 deputati e 35 senatori del Movimento 5 stelle”.

Perché serve un reddito minimo garantito?
GDM Può rappresentare uno strumento straordinario non solo per eliminare le diseguaglianze e garantire dignità alle persone, ma anche per contrastare le mafie. Sappiamo che la povertà aumenta la ricattabilità delle persone più vulnerabili: per noi la giustizia sociale è il presupposto per contrastare le mafie.

Che cosa è rimasto di quella proposta in quello che è stato definito oggi come reddito di cittadinanza?
GDM Il provvedimento è totalmente diverso rispetto ai contenuti del documento sottoscritto dai deputati del M5S nella scorsa legislatura: è un sussidio di povertà, perché non rispetta i principi che determinano le caratteristiche del reddito minimo garantito, così come definito dalle risoluzioni europee, da studi e ricerche scientifiche. Che è una misura individuale e non familiare; deve essere erogato in base al criterio della residenza e non della cittadinanza. Inoltre l’accessibilità al reddito minimo deve essere garantita a tutti coloro che si trovano sotto una certa soglia economica, non deve vessare il beneficiario attraverso stringenti contropartite e forme di condizionamento e, non meno importante, al beneficio economico si aggiunge il diritto a servizi sociali di qualità. Su ciascuno di questi principi il governo fa poco o fa l’opposto.

Quali sono i limiti più evidenti della misura varata dall’esecutivo?
GDM Innanzitutto il fatto di aver inserito una soglia di accesso, che di fatto riduce a meno della metà la quota degli aventi diritto: circa 4,3 milioni su 9,3 milioni di persone che vivono sotto una certa soglia di reddito. Inoltre il beneficio non viene garantito fino al miglioramento della propria condizione economica, ma viene interrotto dopo 12/18 mesi ed è legato a politiche di workfare che incentivano assunzioni sotto qualificate a costi ridotti per le imprese. C’è il criterio della cittadinanza, che penalizza i cittadini di origine straniera. Infine, particolarmente significativa, la mancanza di un’offerta di servizi sociali di qualità, così da definire un ventaglio di interventi mirati e diversificati in base alle esigenze delle persone

Giudicate adeguata la copertura economica del provvedimento?
GDM Noi stimavamo fossero necessari tra i 16 e i 17 miliardi di euro l’anno, il provvedimento attuale ne mette a disposizione 6,11 per il 2019, in crescita fino agli 8,2 miliardi del 2021. Inoltre questo provvedimento avrebbe dovuto essere realizzato con la fiscalità generale, e non in deficit come invece è stato fatto, perché questo porta all’aumento del debito pubblico. 

Un intervento a integrazione del reddito è una misura sufficiente?
GDM Anche se questo intervento fosse stato realizzato con i parametri che avevamo indicato ai tempi della campagna “Miseria ladra” non sarebbe stata risolutiva e non avrebbe sconfitto la povertà, che non dipende solo dalla mancanza di redditi, ma dal lavoro mal pagato, dai tagli alla spesa sociale, da politiche fiscali regressive e della mancanza di investimenti. C’è poi un ulteriore elemento da tenere in considerazione.

Quale?
GDM Ci troviamo di fronte a una lettura semplificata oltre che propagandistica della situazione: ci troviamo di fronte a una crisi complicata e che richiede un cambio di paradigma. Quella che viene proposta è una visione semplificata e propagandistica della realtà che mira a far cadere le colpe della situazione in cui ci troviamo sui più poveri e sui migranti. Quando invece il vero problema sono le diseguaglianze e tutte quelle norme che sono state approvate negli ultimi anni che hanno portato alla precarizzazione del lavoro e al taglio dei fondi per il welfare.

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