Crisi climatica / Attualità
ReCommon chiede a Snam di uscire dal business del gas in Israele

L’organizzazione ha partecipato all’assemblea degli azionisti del gigante energetico come “azionista critico” contestandone gli accordi con società private israeliane. “Ne va dell’immagine e della reputazione dell’azienda, qualora venisse associata pubblicamente ad atti configurabili come crimini di guerra”. Sotto la lente anche il modello radicalmente fossile ed estrattivo del gruppo, dalla Romagna alla Sardegna
Il 14 maggio ReCommon è intervenuta per la prima volta all’assemblea degli azionisti di Snam in qualità di “azionista critico” per chiedere alla dirigenza della società di cessare le sue controverse relazioni con società private israeliane.
“Ne va dell’immagine pubblica e della reputazione dell’azienda, qualora venisse associata pubblicamente ad atti configurabili come crimini di guerra”, ha spiegato Elena Gerebizza di ReCommon.
Dal dicembre 2021, infatti, Snam controlla il 25% della East Mediterranean Gas Company (Emg), la società proprietaria del gasdotto Arish-Ashkelon che collega Israele con l’Egitto. Si tratta di un gasdotto di 90 chilometri che dal 2020 viene utilizzato da Israele per esportare verso l’Egitto il gas estratto nei giacimenti offshore di Tamar e Leviathan, gas che poi l’Egitto utilizza o rivende su altri mercati.
Tra gli azionisti di Emg, oltre a Snam c’è la società Emed Pipeline Bv, partecipata da: 25% Emed Pipeline Holding Limited (detenuta al 100% da NewMed Energy); 25% Chevron Cyprus Limited; 50% Sphinx Eg Bv (detenuta al 100% da East Gas Company Sae). NewMed Energy (prima denominata Delek Drilling) è parte del gruppo Delek e una delle aziende attive oltre che nelle estrazioni offshore, anche nei territori occupati palestinesi. Proprio per queste ragioni, a luglio 2024, ReCommon aveva lanciato una petizione per chiedere a Eni di rinunciare a un accordo di fusione tra la sua controlla britannica e Ithaca Energy, anch’essa di proprietà di Delek.
Secondo i dati forniti dalla stessa Snam, l’utile pro-quota generato dalla partecipazione in Emg dal 2023 fino al primo trimestre del 2025 è pari a 18 milioni di euro.
Non è l’unico legame di Snam con le aziende israeliane: nell’ottobre del 2020, Snam aveva firmato tre Memorandum of understanding con le aziende Delek drilling e Dan sul gas “naturale” liquefatto (Gnl) per il trasporto pubblico, con Dan per lo sviluppo di progetti di mobilità verde e con la start-up H2Pro nella ricerca sull’idrogeno.
Le richieste presentate da ReCommon a Snam consistono nel vendere le quote di partecipazione nella società Emg; recedere da qualsiasi contratto e/o accordo con il governo israeliano e con aziende del Paese, incluso il gruppo NewMed Energy, Dan, H2Pro e altre aziende israeliane, finché permangono seri dubbi sul rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale. Ma anche avviare una due diligence approfondita sui partner attivi in contesti di occupazione e conflitto; adottare una policy vincolante in materia di rispetto dei diritti nei contesti operativi internazionali, in linea con i Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani.
Durante l’assemblea degli azionisti di Snam, unica delle pochissime aziende italiane a non tenere più questi incontri a porte chiuse, ReCommon ha evidenziato le preoccupazioni di Ong e società civile riguardo altri due progetti del colosso fossile italiano: il SouthH2Corridor, e il progetto du cattura e stoccaggio di carbonio (Ccs) di Ravenna, co-promosso da Snam e Eni. Quello che in Italia è conosciuto anche come il Corridoio Sud dell’idrogeno è un’infrastruttura di 3.300 chilometri che dal Nord Africa dovrebbe arrivare fino in Germania, passando per l’Italia, per trasportare idrogeno prodotto in buona parte in Tunisia, dove attualmente la repressione da parte dell’esecutivo sta colpendo duramente tutti i settori della società civile.
Come riporta Amnesty international, infatti, il 19 aprile 40 imputati -tra i quali noti oppositori politici, avvocati e difensori dei diritti umani- sono stati condannati a pene da 13 a 66 anni per “cospirazione” al termine di un processo, celebrato dal tribunale di primo grado di Tunisi, che la Ong ha criticato come vergognoso e una “parodia della giustizia”. Aggiungendo che “gli imputati sono stati condannati solo per l’esercizio pacifico dei loro diritti umani, a seguito di procedure che hanno negato il diritto alla difesa e che si sono basate su accuse non provate o prive di qualsiasi rilevanza penale”. Uno dei progetti cardini del cosiddetto “Piano Mattei” nasce quindi già segnato da pesanti criticità, di cui ReCommon ha chiesto conto a Snam.
Il modello estrattivo su cui si base il business di Snam è confermato anche dall’incertezza sul possibile trasferimento del rigassificatore di Piombino a Vado Ligure e dai piani di metanizzazione della Sardegna. Nonostante l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) abbia sospeso le infrastrutture chiave previste per l’isola per ragioni di costi e inefficienze, la bozza quasi definitiva del Dpcm energia si basa su infrastrutture per l’energia fossile obsolete: rigassificatori Fsru a Porto Torres e Oristano, mini dorsale e trasporto di gas naturale liquefatto su gomma con virtual pipeline finanziata interamente con soldi pubblici.
“Il piano di Snam per la Sardegna appare anacronistico e contrario ai principi di una giusta transizione, poiché investe in infrastrutture fossili costose, già contestate da Arera, in un contesto di domanda dal gas incerta e in calo -ha concluso Paola Matova di ReCommon- con il rischio concreto di generare stranded assets e far gravare il peso economico sui cittadini”.
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