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Diritti

Rapidi e severi coi deboli, non con i potenti

Le prime due condanne per i disordini al corteo del 15 ottobre sono state rapide e pesanti: 5 e 4 anni per due giovani cittadini. Nel 2001 a Genova la polizia di stato perse la sua credibilità e niente ha fatto per recuperarla: i processi non sono ancora finiti e sono in ballo condanne di più lieve enetità. Il senso di giustizia ne esce ferito

Stupiscono sia la rapidità sia la severità con le quali il tribunale di Roma, con rito abbreviato, ha condannato a 5 e 4 anni di reclusione due giovani manifestanti (21 e 20) fermati durante i disordini del 15 ottobre scorso, in occasione del corteo degli "indignati" italiani.

Quel corteo ebbe un esito sciagurato, con gli inutili e controproducenti atti di teppismo di un gruppo numeroso definito dai media "Black Bloc", ma anche con un uso della forza, e modalità d’intervento, decisamente sproporzionati da parte delle forze dell’ordine (vedi le cariche con mezzi blindati in mezzo alal folla).

A Genova nel 2001 le forze dell’ordine hanno perso la loro credibilità, non solo per come si comportarono – violando lo spirito della Costituzione, oltre che numerose leggi ordinarie – ma anche perché negli anni seguenti non hanno fatto niente per rimediare, anzi: basti pensare agli ostacoli frapposti all’azione della magistratura, al rifiuto di chiedere scusa per le proprie menzogne e alla protezione garantita agli imputati.

A 11 anni da quei fatti, molti processi sono ancora in attesa dell’ultimo grado di giudizio – quello di Cassazione – e le condanne inflitte in appello, vedi i processi Diaz e Bolzaneto, sono inferiori a quelle toccate ai due giovani arrestati a Roma appena 4 mesi fa e da allora ai domiciliari. Eppure i reati commessi da uomini in divisa – e reati gravi come il falso e la calunnia – sono ben più gravi della condotta teppistica di un teppista.

Come si fa a non pensare a questo stridente contrasto di tempi ed entità della pena? E’ giustizia questa?

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