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Diritti / Varie

Rana Plaza, a un anno dal crollo le vittime reclamano

Il giusto risarcimento non è arrivato. Le vittime e i familiari dei 1.138 lavoratori morti nel crollo del palazzo di Dhaka, il 24 aprile 2013, attendono ancora 25 milioni di dollari. I due terzi di quanto pattuito, nell’accordo che vede coinvolte le aziende, il governo del Bangladesh, i lavoratori, sindacati nazionali e internazionali e ONG, supervisionato dall’International Labour Office delle Nazioni Unite

L’anniversario è il 24 aprile. È passato un anno dal crollo del Rana Plaza, un edificio a Dhaka, in Bangledesh, all’interno del quale numerose aziende tessili lavorano con terziste per marchi occidentali. Imprese che, spiega la Campagna “Abiti puliti”, “on sono ancora riuscite a predisporre adeguati finanziamenti per risarcire le vittime e i familiari dei 1.138 morti”.

Nonostante sia stato siglato un accordo innovativo tra le aziende coinvolte, il governo del Bangladesh, i lavoratori, sindacati nazionali e internazionali e ONG, supervisionato dall’ILO, per predisporre un programma di risarcimento delle vittime del Rana Plaza inclusivo e trasparente, conosciuto come l’Arrangement, il Donor Trust Fund volontario istituito per raccogliere le donazioni è sotto finanziato. Un anno dopo il crollo, i marchi e i distributori hanno contribuito con soli 15 milioni di dollari, appena un terzo dei 40 milioni necessari.

“I grandi marchi internazionali della moda hanno nuovamente fallito nel garantire il rispetto dei lavoratori che producevano per loro -spiega Deborah Lucchetti della Campagna Abiti puliti-. Oggi, violando il diritto dei sopravvissuti e delle famiglie delle vittime del Rana Plaza a ricevere il giusto risarcimento per un disastro che poteva e doveva essere evitato, i marchi europei e nordamericani infliggono a migliaia di persone una sofferenza continua, ingiusta e intollerabile”.

Per celebrare il primo anniversario dal crollo, attivisti, cittadini e cittadine in tutto il mondo entreranno in azione al fianco dei familiari delle vittime. In Italia verranno realizzate iniziative di pressione verso le imprese italiane Benetton, Manifattura Corona e Yes Zee, in favore della costituzione del Fondo di risarcimento.
Per questo, il 24 aprile saranno organizzati un Flash mob a Firenze, alle 12 in Piazza Santa Trinità, a cura di EU-ROPA (progetto artistico della Compagnia Insomnia dedicato al tema dei diritti umani nell’industria dell’abbigliamento) in collaborazione con Filtcem-CGIL, Mani Tese Firenze, ACU Toscana e Villaggio dei Popoli; un Flash mob a Milano, dalle 15 in Piazza Duomo (a cura di Price is Rice in occasione del Fashion Revolution Day e in collaborazione con Abiti Puliti). A Treviso, infine, dalle 10 alle 19 a Palazzo dei 300 verrà esposta la mostra “L’arte del lavoro”, a cura Ass. culturale Pulperia, in cui saranno ospitati immagini e materiali sul Rana Plaza.

Saranno inoltre organizzate iniziative di sensibilizzazione e raccolta firme a sostegno della petizione internazionale verso Benetton in diverse botteghe del commercio equo e solidale.

All’azienda controllata dalla famiglia trevigiana è stata avanzata una “richiesta di 5 milioni di dollari” conferma Deborah Lucchetti, aggiungendo che “equivale appena all’1,4% degli utili realizzati dal gruppo nel 2012, una percentuale davvero marginale per un’azienda che deve il suo successo economico anche al lavoro sottopagato e rischioso dei lavoratori del Bangladesh. Non ci sono scuse per non pagare, le imprese coinvolte devono assumersi le proprie responsabilità, è una questione di diritti e di civiltà” conclude Lucchetti. Benetton è una delle imprese coinvolte nella campagna “Pay Up!” promossa dalla Clean Clothes Campaign.

A Dhaka, lavoratori e sindacalisti ricorderanno con una serie di eventi tutti coloro che hanno perso la vita quel giorno: tra i vari eventi si potrà assistere al racconto delle vittime presso il Worker Solidarity Center a Dhaka e ad una catena umana sul luogo del crollo.

A livello internazionale, l’Asia Floor Wage Alliance, la Clean Clothes Campaign, l’International Labor Rights Forum (ILRF), il Maquila Solidarity Network e il Worker Rights Consortium organizzeranno eventi commemorativi nelle strade dello shopping e in spazi pubblici.

La richiesta di tutti sarà che i marchi che continuano a rifiutarsi di contribuire al Donor Trust Fund facciano dei versamenti significativi e in tempi rapidi. Tra questi le aziende italiane Benetton, Manifattura Corona e Yes Zee. E poi Adler Modermarkte, Ascena Retail, Auchan, Carrefour, Cato Fashions, Grabalok, Gueldenpfennig, Iconix (Lee Cooper), J C Penney, Kids for Fashion, Matalan, NKD e PWT (Texman), tutte aziende che avevano produzioni al Rana Plaza durante il crollo e poco prima.
Liana Foxvog dell’ILRF aggiunge: “Children’s Place, il cui CEO ha guadagnato 17 milioni di dollari lo scorso anno, ha pagato una cifra pari a soli 200 dollari per famiglia. L’azienda considera davvero la vita delle persone così a buon mercato? Devono pagare di più. I bambini rimasti orfani, i lavoratori rimasti senza arti, le famiglie che hanno perso chi portava l’unico reddito, contano su un risarcimento adeguato ai loro bisogni fondamentali”

Il Donor Trust Fund è aperto a donazioni volontarie ed è supervisionato dall’ILO come attore neutrale. “Per raggiungere l’obiettivo dei 40 milioni di dollari è anche necessario che il Governo e gli industriali del Bangladesh aumentino i loro contributi. Parallelamente anche i governi Usa e Ue devono fare passi immediati e concreti per assicurarsi che le aziende dei loro paesi paghino quanto è necessario: esattamente quanto abbiamo chiesto al Governo e alle istituzioni italiane durante il tour con Shila Begum, sopravvissuta del Rana Plaza, lo scorso 1 di aprile durante le audizioni con il sottosegretario al lavoro Teresa Bellanova, la Vice Presidente del Senato Valeria Fedeli, la Presidente della Camera Laura Boldrini e il Presidente della Commissione Diritti Umani Luigi Manconi” ha spiegato Deborah Lucchetti.

Dal 24 marzo scorso il processo di risarcimento è iniziato e si sta lavorando perché tutti coloro che hanno perso un famigliare o sono rimasti intrappolati nella fabbrica ricevano adeguato risarcimento. “Se mancano i fondi, allora non saremo in grado di fare un buon servizio a queste persone e la situazione si farà molto difficile” ha concluso il dottor Mojtaba Kazaki, il Commissario Esecutivo dell’Arrangement.

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