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Finanza / Opinioni

Quello che il Governo Meloni sta facendo con Monte dei Paschi di Siena è uno scandalo

Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti © Stefano Costantino/SOPA Images / Shutterstock / IPA

L’esecutivo ha deciso di cedere il 15% della sua partecipazione in Mps (risanato con soldi pubblici) e la scelta della procedura è stata del tutto anomala. Dal collocatore ai partecipanti al possibile acquisto. La politica tenta così di costruire un monopolio del credito, accettando una mediazione al ribasso con i grandi fondi americani che si sono già mangiati le “banche del territorio”. L’analisi di Alessandro Volpi

Nel corso dell’ultima privatizzazione del Monte dei Paschi di Siena (Mps) è avvenuto un fatto molto strano che ha attirato anche le attenzioni della magistratura. Il governo ha deciso infatti di cedere il 15% della sua partecipazione nella banca e la scelta della procedura è stata del tutto anomala. Per più ragioni.

La prima è costituita dalla scelta della banca che avrebbe dovuto seguire la buona riuscita del collocamento: in genere vengono selezionati istituti di credito di primo piano perché, nel caso in cui non ci fossero compratori sufficienti, la banca garante del collocamento dovrebbe rilevare i titoli rimasti invenduti. In questo caso, la scelta è caduta su una piccola banca, Banca Akros, che ha una caratteristica particolare: è posseduta al 100% da Bpm, che è uno dei quattro soggetti individuati dal governo per la vendita. Questa è la seconda anomalia. Non solo si sceglie come garante una banca di uno dei partecipanti al possibile acquisto, ma i soggetti scelti sono solo quattro, quando di solito la procedura prevede un’ampia gamma di istituti selezionati proprio per avere la garanzia del successo dell’operazione.

Ma chi sono questi soggetti? Emerge qui un’ulteriore anomalia: si tratta del fatto che tra i quattro soli possibili acquirenti figurano proprio Bpm e Anima Sgr che è oggetto di un’operazione di acquisto a opera della stessa Bpm. A questi due si aggiungono il gruppo Caltagirone e la holding Delfin degli eredi Del Vecchio.

In pratica, il governo ha selezionato, attraverso la garanzia di una banca che è di proprietà di uno dei possibili acquirenti, il “salottino” dei suoi amici, consegnandogli il 15% del risanato Mps -con soldi pubblici-. La cosa ancora più sconcertante è costituita dal fatto che tutti e quattro i possibili acquirenti hanno fatto la medesima offerta.

Ora questa vicenda sarebbe soltanto uno scandalo se non avesse a che fare con il tema sempre più decisivo del risparmio nazionale. Gli ultimi dati raccontano di oltre seimila miliardi di euro di risparmio gestito, affidato a istituzioni bancarie, a fondi e ad assicurazioni, che nella stragrande maggioranza dei casi hanno una proprietà molto simile e che li destinano ad acquisti azionari per quasi 1.800 miliardi di euro e a fondi per oltre 800 miliardi, in larghissima parte rappresentati da titoli di colossi finanziari quotati sui listini americani.

In altre parole, in Italia la politica prova a costruire un monopolio bancario, naturalmente accettando una mediazione al ribasso con i grandi fondi americani, che preleva la più grande risorsa del Paese, divenuta sempre più decisiva con la ritirata dello Stato sociale. In questo senso, la manovra decisamente sospetta del governo su Mps ha davvero un rilievo enorme, che si aggiunge ad altre vicende spesso destinate a passare sottotraccia.

Nel silenzio generale anche le banche popolari sono diventate appannaggio della finanza americana. L’ultimo tassello è costituito dall’acquisizione da parte di Jp Morgan del 10% di Bper che, peraltro, sta scalando la Banca popolare di Sondrio. Si tratta di un dato che si aggiunge alla presenza della stessa Jp Morgan e di BlackRock in Bpm, dove è presente anche Credit Agricole con oltre il 9%, e in una serie di altri istituti dove l'”azionariato popolare” ormai non ha più alcun vero rilievo. Dopo l’ingresso nei colossi come Unicredit e Intesa Sanpaolo, e in realtà rilevanti come Fineco, dove BlackRock ha oltre il 10%, e in Mps, la finanza statunitense ha conquistato anche le cosiddette “banche del territorio”, monopolizzando il risparmio gestito degli italiani.

In pratica, uno degli elementi di forza del nostro Paese, rappresentato dalla capacità di risparmio, è diventato la principale fonte di profitto per i monopolisti statunitensi. Naturalmente questo avviene mentre il Governo Meloni si preoccupa solo di difendere il “salottino” buono degli amici Caltagirone e Del Vecchio. 

Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento. Il suo ultimo libro è “Nelle mani dei fondi” (Altreconomia, 2024)

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