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Economia

Quel premio Nobel che sa un po’ di no-global – Ae 22

Numero 22, novembre 2001Il 10 ottobre è stato assegnato il premio Nobel per l'economia. Quest'anno è andato a tre americani: George Akerlof, Michael Spence e Joseph Stiglitz. I nostri lettori si ricorderanno in particolare di Stiglitz: la scorsa estate pubblicammo…

Tratto da Altreconomia 22 — Ottobre 2001

Numero 22, novembre 2001

Il
10 ottobre è stato assegnato il premio Nobel per l'economia. Quest'anno è andato a tre americani: George Akerlof, Michael Spence e Joseph Stiglitz. I nostri lettori si ricorderanno in particolare di Stiglitz: la scorsa estate pubblicammo la traduzione di un suo articolo scritto poco prima di andarsene polemicamente dalla Banca mondiale, di cui è stato (dal 1997 al 1999) vice presidente e capo economista.

Nodo del contendere: il ruolo di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale che, con le loro rigide ricette liberiste, intervengono in situazioni di crisi dei mercati (soprattutto dei Paesi in via di sviluppo) aggravando i problemi della gente invece di risolverli.
È quanto avvenuto in modo clamoroso nel 1997 con le politiche di risanamento adottate dal Fondo monetario internazionale nella crisi delle “tigri asiatiche”, Corea del Sud, Indonesia e Thailandia.

“Allora -scriveva Stiglitz- nessuna critica venne ascoltata. Il Fondo monetario insistette nel chiedere riduzioni della spesa governativa: i sussidi stanziati per i bisogni fondamentali come il cibo e il carburante vennero cancellati proprio quando le politiche restrittive li rendevano più necessari.
Nel gennaio del 1998 le cose andavano malissimo: la produzione dei Paesi asiatici coinvolti dalla crisi si era ridotta del 16 per cento o più, la metà delle imprese indonesiane erano prossime alla bancarotta. A causa dei bassi tassi di cambio il Paese non riusciva a beneficiare dell'aumento delle esportazioni. La disoccupazione dilagò arrivando a crescere del 900 per cento in Paesi in cui non esisteva alcuna rete di protezione sociale. Quindi, fra la primavera e l'estate del 1998 la crisi si estese oltre i confini dell'Asia orientale fino al Paese più esplosivo di tutti: la Russia”.

“Oggi -concludeva Stiglitz- l'Asia versa in condizioni un po' migliori, anche se soffre ancora. La Thailandia non è ancora riuscita a ripagare il 40 per cento dei suoi debiti, l'Indonesia si trova in una situazione di profonda recessione. Anche in Corea, il Paese che si è ripreso più velocemente, i tassi di disoccupazione restano molto più elevati di prima della crisi” (“AltrEconomia” numero 8, agosto 2000).

Durissimo il giudizio: “Il Fondo monetario ama procedere senza chiedere niente a nessuno. In teoria dovrebbe supportare le istituzioni democratiche delle nazioni che assiste, in pratica con le sue prescrizioni ne mina la stabilità… Nel caso della crisi asiatica, il che è ancora più preoccupante, anche le critiche interne vennero messe a tacere… Il potere che si è concentrato nelle mani delle persone incaricate di diffondere il vangelo dell'economia negli angoli più remoti del globo dopo la fine della guerra fredda è enorme”.
Sono conclusioni come questa -e le azioni che ne conseguono- che, in occasione del Nobel, hanno fatto titolare al “Corriere”: “Premiato Stiglitz, il clintoniano che piace ai no-global”.

Ma non è ovviamente per queste simpatie che Stiglitz riceverà un premio di dieci milioni di corone (qualcosa di più di due miliardi di lire) da dividere con gli altri due economisti. Il Nobel, dice la citazione dell'Accademia, è stato loro assegnato per gli studi condotti sulle “asimmetrie informative”, cioè su quel che accade in un mercato quando alcuni sanno più cose degli altri, il che, a ben vedere, accade molto spesso.
Tutto questo produce alcuni risultati paradossali di inefficienza del mercato. Come nel caso di venditori d'auto usate: il proprietario conosce meglio di chi compera le condizioni dell'auto che sta vendendo, magari in ottime condizioni. Ma la paura di essere fregato rende disponibile il compratore a pagare solo un prezzo medio. Così il prezzo medio terrà lontano dal mercato chi ha un'ottima auto usata da vendere (troppo basso il prezzo offerto) mentre attirerà tutti i proprietari di catorci (per i quali il prezzo medio è una sopravvalutazione).
Alla fine sul mercato dell'usato ci saranno solo catorci.
Alla faccia dell'efficienza del mercato.

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