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Diritti / Opinioni

Quegli ululati che non fanno notizia

Applausi per la squadra del Milan che lascia il campo da gioco per protestare contro i cori razzisti. Fa meno notizia invece la Cassazione che sancisce come "discriminazione razziale" le offese ai rom. Specie quando a rivolgerle sono politici.

Una cascata di applausi è arrivata  per la scelta dei calciatori del Milan di abbandonare il campo della Pro Patria a Busto Arsizio dopo gli ululati, o meglio i belati come un rappresentante delle Forze del’Ordine l’ha definiti, dedicati dai tifosi della Pro Patria ai giocatori di colore del Milan (Niang, Boateng e Muntari). Il capitano del Milan Massimiliano Ambrosini ha assicurato che la squadra si impegnerà a tornare a Busto Arsizio prima possibile “per permettere anche ai tanti bambini che erano presenti di vedere il Milan in campo".

"Un segnale, però, andava dato -ha aggiunto il capitano. Non si può tollerare una cosa del genere, non si poteva continuare la partita con questo clima anche perché bisogna far capire certe cose. Ci dispiace per la stragrande maggioranza di persone che non ha nulla a che vedere con quanto successo”. Potere del calcio: nell’amarezza dell’accaduto la reazione dei calciatori è comunque un segnale di speranza, tanto che pure dalla famiglia Berlusconi è giunta indignazione per l’accaduto e numerose showgirl e modelle hanno rilanciato il tweet indignato di Melissa Satta, la bella fidanzata di Prince Boateng ex compagna di Bobo Vieri.

La stessa indignazione urbi et orbi che invece in questi anni non è mai arrivata quando gli ululati si sono sentiti fuori dai clamori dei campi da calcio, lontano dalle telecamere delle trasmissioni sportive e dentro le arene istituzionali o nel dibattito politico.

Nessun vip della politica, né tanto meno dello sport, ha rilanciato la notizia dello scorso dicembre, quando la Cassazione ha sancito che definire "delinquenti", "assassini" e "canaglie" rom e sinti (chiamati anche dalla Cassazione “zingari”, forse sarebbe il caso che pure loro aggiornassero il vocabolario…) è espressione di discriminazione razziale.

Lo ha fatto annullando con rinvio una sentenza di assoluzione di un imputato ex consigliere comunale di Trento che era finito sotto processo per un intervento in una seduta durante la quale aveva, secondo l’accusa, “diffuso idee fondate sull’odio e sulla discriminazione razziale nei confronti delle comunità Rom e Sinti".

L’ex consigliere della Fiamma Tricolore aveva definito sinti e rom “dei delinquenti, molti assassini e comunque animati da pigrizia, furore e vanità”. I giudici della Corte d’Appello di Trento avevano ritenuto errata l’accusa di odio razziale etnico, ritenendo semmai più adeguata quella di diffamazione per le parole spese dal consigliere comunale.

“Del tutto diversa -commenta l’Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione- la tesi della Cassazione, secondo la quale, nell’intervento del consigliere comunale, vanno evidenziate note razziste, come sollecitato dal pg di Trento il cui ricorso e’ stato accolto dalla Suprema Corte. Il discorso tenuto in Consiglio comunale dall’imputato riguardava, in particolare, la mancata frequenza della scuola da parte dei bambini nomadi: in un punto del suo intervento, il consigliere aveva parlato di "sedicente cultura" e "discutibili tradizioni", manifestando l’idea di fondo secondo cui "l’unica possibilità di salvezza per i bambini di detta etnia era quella di sottrarli alle famiglie d’origine", si legge nella sentenza n.47894, della prima sezione penale, operando un vero e proprio "sequestro di Stato".

La sentenza della suprema corte afferma testualmente che “l’elemento che caratterizza la fattispecie è la propaganda discriminatoria, intesa come diffusione di una idea di avversione tutt’altro che superficiale, non già indirizzata verso un gruppo di zingari (magari quelli dediti ai furti), ma verso tutti gli zingari indicati come assassini, ladri, pigri, canaglie, aguzzini e via dicendo, quindi verso il loro modo di essere, verso la loro etnia evocata espressamente, avversione apertamente argomentata sulla ritenuta diversità e inferiorità".

Adesso sarà la Corte d’appello di Brescia a riesaminare la vicenda, ma un solco importante è stato tracciato.

Un solco che però trova pochissimi alleati nei media italiani che continuano a parlare dei soggetti a rischio discriminazione in maniera prevalentemente negativa.

L’Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) sta conducendo insieme a Isimm Ricerche uno studio che analizza la diffusione attraverso i programmi di informazione televisiva italiani, di stereotipi legati ai principali target a rischio di discriminazione. Per sei mesi sono state monitorate tutte le edizioni prime time e day time dei principali telegiornali nazionali, tutte le puntate delle principali trasmissioni di approfondimento politico e tutte le edizioni prime time dei TgR di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia per individuare ed analizzare le notizie relative a specifiche categorie di soggetti a rischio discriminazione per fattori quali l’origine etnico-razziale; la disabilità; l’orientamento sessuale e l’identità di genere. La ricerca quindi allarga il campo dai soli immigrati ad altri soggetti a rischio discriminazione.

I dati definitivi devono essere ancora diffusi, ma i primi risultati quantitativi mostrano come i telegiornali nazionali e, soprattutto, le trasmissioni di approfondimento dedichino uno spazio molto ridotto a tali categorie. I tre principali telegiornali della Rai, quelli di Mediaset, il TgLa7 e SkyTg24 danno spazio mediamente solo per l’1,4% della loro durata complessiva a tematiche o eventi collegati ai soggetti a rischio discriminazione. E la gran parte dello spazio è dato, peraltro, alle persone di diversa nazionalità, etnia o religione (88,9% delle 24 ore, 15 minuti e 16 secondi complessivamente dedicate dai Tg nazionali ai soggetti a rischio nel periodo che va dal 1 luglio al 31 dicembre 2011)”. La ricerca conferma alcune tendenze: gli immigrati compaiono più frequentemente all’interno delle notizie di cronaca (80,1% del tempo complessivamente dedicato a questi soggetti da parte delle testate analizzate) e solo il 2,4% delle notizie sono dedicate ad eventi, cultura o fatti religiosi. In nessun caso si trovano notizie che riguardano invece la discriminazione, in qualsiasi forma, dei soggetti a rischio.

Gli ululati, insomma, non fanno notizia quando arrivano lontano dai campi da calcio.

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