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Quattro anni dopo ha ancora senso occuparsi del terremoto e delle persone del Centro Italia

© Andrew Buchanan - Unsplash

30 ottobre 2016: a quattro anni dal sisma con epicentro tra Norcia e Preci il libro di Altreconomia “Ho preso il terremoto”, in crowdfunding su Produzioni dal basso fino al 20 novembre, è un’“indagine” sulle sue conseguenze umane. Perché dicono proprio così i terremotati: “Ho preso il terremoto”. A cura di Giulia Scandolara. Ecco un estratto della bella prefazione di Leonardo Animali

30 ottobre 2016-30 ottobre 2020. Sono le 7.40. È la scossa più forte del “terremoto del Centro Italia”, magnitudo 6.5, la più violenta degli ultimi 35 anni.
A quattro anni dal sisma con epicentro tra Norcia e Preci il libro di Altreconomia “Ho preso il terremoto”, in crowdfunding su Produzioni dal basso fino al 20 novembre, è un’“indagine” sulle sue conseguenze umane. Perché dicono proprio così i terremotati: “Ho preso il terremoto”. Giulia Scandolara, counselor di professione, racconta con emozione in queste pagine la loro complessa sofferenza. Ma parlare del sisma significa anche portare il terremoto “fuori dal cratere” e restituire così visibilità a un intero popolo “scomparso”. E ancora, creare una “cultura del terremoto”, fare in modo che il sisma diventi un fatto noto alla maggior parte dei cittadini. Sì, perché l’Italia -è un dato di fatto- è un Paese sismico che fa poca prevenzione mentre, come ci insegna il Covid-19, siamo tutti soggetti a fenomeni che sfuggono al nostro controllo.

Anticipiamo qui un brano della bella prefazione di Leonardo Animali.
“Il libro di Giulia in fondo è questo: un viaggio attraverso le persone, quelle che “non sono più le stesse di prima”; perché, come scrive lei stessa, capendo veramente cosa significhi “prendere il terremoto”, quelle persone lì, a differenza delle case e di altri edifici che forse nel tempo, e in parte magari, verranno ricostruiti, non si aggiusteranno mai più.
Persone e comunità che il terremoto non ha cambiato nell’animo e nei comportamenti. Chi era buono e generoso per carattere, tale è rimasto anche dopo. Chi era un furbastro di paese e uno “scoraggiatore militante”, come definisce questa categoria di paesano Franco Arminio, prima del sisma, tale si è continuato a comportare dopo.
Il sisma ha scomposto ordini personali e comunitari, rendendo tutti e tutti semplicemente più fragili, vulnerabili; più disponibili, come in tutte le condizioni di prolungata cattività, al tutti contro tutti, al si salvi chi può. E, purtroppo, più ricattabili.
Ed è questa, in fondo, la ragione perché la politica e le Istituzioni, oggi molto più che in passato, nonostante l’impegno ed anche la buona fede in molti casi, proprio non ce la fanno a ricostruire dopo un terremoto. […]
Si, indubbiamente, dopo quattro anni, ha ancora senso occuparsi e parlare del terremoto Centro Italia. Perché, la prevenzione sismica, e la consapevolezza scientifica della ciclicità dei tempi geomorfologici dell’Italia, è importante.
Ma ancora più importante è la prevenzione democratica.
E già, perché anche se apparentemente può sembrare un’assurdità, un terremoto ha molto a che vedere con la democrazia.
Quel movimento della Terra violento, imprevisto, e spesso dalle conseguenze catastrofiche, riporta sempre a giorno la crepa più pericolosa e grave: quella che interessa il rapporto tra politica e cittadini, comunità e territorio.
Che negli anni di quiete sismica ha continuato lo stesso ad allargarsi, e che prende il nome di democrazia”.

“Ho preso il terremoto. Un’indagine umanitaria: la denuncia dei danni materiali e sociali in un Paese fragile”, 208 pagine, 14 euro
Counselor, arteterapeuta, scrittrice e pittrice, Giulia Scandolara unisce arte e relazione d’aiuto. Collabora con centri antiviolenza, CRA, poliambulatori, centri privati. Ha scritto “La Misura del Talento” (Anima ed.)

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