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Ambiente

Quando il clima finanzia WalMart

Un fondo dedicato della Banca Mondiale finanzia la costruzione di un grande parco eolico in una delle zone più povere del Messico. Il 7% della popolazione, che non ha accesso all’elettricità, potrà continuare a non vederne l’ombra. In compenso WalMart avrà energia a buon mercato. E’ la denuncia dell’Ong britannica World Development Movement, che nell’utimo report pubblicato mostra come potrebbero essere utilizzati i fondi dedicati alla lotta al cambiamento climatico se lasciati alla buona volontà di grandi istituzioni internazionali ed imprese.

Nello Stato di Oaxaca, in Messico, oltre il 7 per cento della popolazione non ha accesso all’energia elettrica. Ed è proprio in questa zona, una delle più povere della federazione messicana, che la Banca Mondiale ha deciso di investire in una grande infrastruttura energetica, un campo eolico capace di produrre più di 67 MW all’anno. Il motivo è semplice, l’Istmo di Tehuantepec è uno dei più ventosi al mondo, descritto dai documenti della Banca stessa come un vero e proprio "tunnel naturale", ma in realtà l’interesse per la zona geografica è legato a molti appetiti economici, considerato che già i precedenti Governi messicani, definendo l’Oaxaca zona sottosviluppata, hanno lanciato piani di attrazione degli investimenti ai limiti del disumano, considerando che le famigerate "maquilladoras", fabbriche manifatturiere dove i diritti del lavoro vengono barattati con gli investimenti, avevano trovato posto anche lì.
Il progetto di parco eolico è stato finanziato dalla Banca con il Clean Technology Fund, lanciato al G8 del luglio 2008 ed è uno dei più grandi Fondi di investimento legati al clima gestiti dalla Banca, con oltre 4,4 miliardi di dollari impegnati.
Il CTF ha pianificato investimenti in oltre 12 Paesi come la Colombia, l’Indonesia, il Marocco e, appunto, il Messico. Dove per il parco in Oaxaca ha mobilizzato 15 milioni di dollari in finanziamenti tramite il braccio operativo della Banca, l’International Finance Corporation. Una piccola parte degli oltre 150 miliondi di dollari necessari, che sono arrivati tramite altre banche internazionali di sviluppo. Altro denaro è arrivato dal Clean Development Mechanism, costituito sotto il Protocollo di Kyoto, che consente di finanziare progetti di sviluppo pulito nel Sud del mondo barattandoli con diritti di emissione. Quello che ha fatto Electricité de France, che del progetto messicano è parte importante, e grazie al quale ha potuto mettere sul tavolo 12 milioni di dollari.
Fino a qui tutto normale, si direbbe. Se non fosse che quell’elettricità prodotta, in uno Stato poverissimo, andrà a sostenere lo sviluppo economico di Walmart, la più grande multinazionale di distribuzione al mondo.
Erica Jones, manager della corporation, ne è felice. In un’intervista al quotidiano britannico Guardian ricorda come il parco eolico "aumenta la quantità di energia rinnovabile utilizzata nella nostra attività, riduce le emissioni di 137mila tonnellate all’anno grazie all’acquisto di energia dalla wind farm, è come se togliessimo 21mila automobili dalla strada"
Il problema è che, grazie ad un cavillo giuridico nella legge sull’energia messicana, basta che un’impresa che utilizza l’energia prodotta abbia una quota nominale nell’azienda energetica che la produce, ed automaticamente ha diritto di accedere a tariffe molto convenienti. Utilizzando per se tutta l’energia che altrimenti sarebbe stata utilizzata da oltre 160mila abitazioni civili. Se a questo si unisce la mancanza di consultazioni efficaci con le comunità locali, il fatto che una buona parte dei soldi usati dovrebbero sostenere la diminuzione dell’ingiustizia sociale ed ambientale e che l’istmo di Tehuantepec è da sempre a rischio di megaprogetti che defraudano le comunità della loro terra, si capisce il senso della frase del subcomandante Marcos che, visitando l’Istmo nel 2009, parafrasò Don Chisciotte: "non si tratta di mulini a vento, si tratta di giganti".

Il report di World Development Movement

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