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Ambiente

Prosciutti affumicati

Un comitato di Parma si mobilita contro la costruzione del nuovo inceneritore da 180 milioni di euro, e propone un progetto alternativo. Che ne costa 10 Gli operai sono già al lavoro. È su questo terreno, tra le case, l’autostrada…

Tratto da Altreconomia 115 — Aprile 2010

Un comitato di Parma si mobilita contro la costruzione del nuovo inceneritore da 180 milioni di euro, e propone un progetto alternativo. Che ne costa 10

Gli operai sono già al lavoro.

È su questo terreno, tra le case, l’autostrada e la ferrovia, che sono partiti i lavori di “accantieramento e preparazione dell’area”. Costeranno 2 milioni e mezzo di euro, e serviranno a far sorgere il nuovo inceneritore di rifiuti di cui la provincia Parma ha deciso di dotarsi.

Del progetto di “Polo ambientale integrato per la gestione dei rifiuti” al momento c’è solo questo grosso cartello, dietro il quale si intravede il gigantesco stabilimento della Barilla, che dista una manciata di chilometri. È il più grande pastificio industriale del mondo. E d’altra parte qui siamo nella “Food valley”, terra di prosciutto, pasta e parmigiano.
Il nuovo inceneritore dovrebbe accendere i forni entro due anni. A regime, l’impianto dovrebbe bruciare 130mila tonnellate di rifiuti l’anno. La maggior parte saranno rifiuti solidi urbani, il resto rifiuti speciali. Col vapore, la centrale sarà in grado di produrre (stando al progetto) 128 GWh l’anno di elettricità (“pari al fabbisono di 75mila cittadini”) e riscaldamento per 38mila. Sono le cifre che snocciola orgogliosa Enìa, la ex municipalizzata ora quotata in Borsa (la maggior parte delle azioni sono in mano ai Comuni di Parma, Piacenza e Reggio Emilia, anche se è in corso di fusione con l’omologa Iride, di Genova e Torino, vedi Ae 114) che da queste parti gestisce (anche) lo smaltimento dei rifiuti ed è incaricata di realizzare l’impianto. Costo complessivo: 180 milioni di euro, in gran parte provenienti da un contributo europeo (www.eniaspa.it).
In molte sedi -compresa Altreconomia- è stato dimostrato che gli inceneritori sono poco efficienti e poco economici. Disperdono energia, pesano sulle bollette dei contribuenti (anche se l’impianto di Parma non godrà degli incentivi Cip6 come altri in Italia), disincentivano -se non la ostacolano- la riduzione dei rifiuti e la loro raccolta differenziata.
Molti poi dimenticano il problema dello smaltimento delle ceneri da combustione: rifiuti pericolosi equivalenti al 30% circa di quanto incenerito (nel caso di Parma, 40mila tonnellate l’anno). Senza contare che bruciare rifiuti inquina l’aria, e molto (tanto è vero che sono previste delle compensazioni a Comuni e aziende circostanti per il danno ambientale previsto). Però gli inceneritori sono un bell’affare per chi li realizza e li gestisce. Anche per questo l’approvazione del progetto definitivo di Enìa da parte della Conferenza dei servizi è arrivata, nel luglio 2008, a tempo di record: 5 giorni dalla presentazione, sabato e domenica compresi.
La cosa più interessante di cui parlare, in questa storia, non è però l’impianto. Vale la pena raccontare, semmai, del comitato che vi si oppone. Lo hanno notato anche i 103 ministri provenienti da 53 Paesi che, a marzo, hanno partecipato proprio a Parma alla quinta “Conferenza ministeriale ambiente e salute”, appuntamento quinquennale per la prima volta in Italia.
I funzionari sono stati infatti accolti da centinaia di bandiere (alle finestre, sulle vetrine dei negozi, perfino nelle chiese) che chiedevano “No inceneritore, sì rifiuti zero”.
Il “Coordinamento gestione corretta rifiuti” è un gruppo di cittadini che muove i primi passi con l’approvazione, nel 2006, del “Piano provinciale di gestione dei rifiuti”. Già qui si prevedeva la realizzazione del nuovo inceneritore in località Ugozzolo, dove oggi ci sono gli operai al lavoro, a 4 chilometri in linea d’aria dal centro città e poche centinaia di metri dal vecchio impianto, spento nel 2002 (accanto al quale sono ancora bene visibili le tonnellate di ceneri coperte da teloni in attesi di essere smaltite da qualche parte).
Le paure dei cittadini sono chiare e semplici: questa è una zona di pregio gastronomico che non può essere ulteriormente inquinata da un nuovo inceneritore. Col 2008 e l’approvazione del Piano, l’attività del coordinamento si fa intensa. Al nucleo originario si uniscono anche i gruppi d’acquisto solidali (26 nella zona, 5mila persone coinvolte). Assemblee, cortei, convegni, manifestazioni (l’ultima a metà aprile, vedi sotto). Ma questo non basta: i cittadini acquistano pagine sulla Gazzetta di Parma, qualcuno addirittura vola fino a San Francisco (72% di raccolta differenziata) e torna con una lettera del sindaco statunitense che consiglia al collega parmense si lasciar perdere con l’inceneritore. Soprattutto, il coordinamento  propone un’alternativa: un piano concreto, approfondito e scientifico alternativo, che prevede di arrivare a una raccolta differenziata del 90% entro sei mesi (oggi è di poco sotto il 50%) e la costruzione di un impianto di recupero a freddo del rimanente. Costo: 10 milioni di euro. Non molti, per non mandare in fumo il futuro.

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