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Ambiente

Progetti di conquista

Commessa dopo commessa, si fa largo in Italia Cofely, società del colosso francese Gdf Suez (quello dell’acqua privatizzata). Il bottino: appalti pubblici

Tratto da Altreconomia 132 — Novembre 2011

I due uomini che lavorano lungo la banchina della stazione Duomo, sulla linea 1 della metropolitana di Milano, indossano una casacca arancione con su scritto Cofely. Sono armati di scala, e stanno cambiando un neon. Alla sera, sui treni del metro capita invece di incontrare alcuni loro colleghi, con macchinari adatti a pulire il pavimento delle stazioni.
Cofely è uno dei primi cinque fornitori di Atm spa, la società di proprietà del Comune di Milano che gestisce il trasporto pubblico locale nel capoluogo lombardo. Sul bilancio 2009 del gruppo, alla voce “rapporti con Cofely”, sono iscritte fatture da saldare per quasi 4 milioni di euro.
Cofely, però, non è una della tante cooperative che si occupano di manutenzione e di pulizie: sulla casacca degli operai, accanto al nome dell’azienda c’è scritto “società del gruppo Gdf Suez”. Significa che Cofely Italia è controllata dalla multinazionale dell’energia Gdf Suez, un colosso da 84,5 miliardi di euro di fatturato nel 2010, una società quotata alla Borse di Bruxelles e Parigi.
E i 2.183 dipendenti Cofely Italia (1.125 dei quali sono operai) sono una piccola parte dei 200mila che Gdf Suez impiega in tutto il mondo.
In confronto a “mamma Suez”, Cofely Italia sembra una formica. E come una formichina lavora, cumulando una commessa dopo l’altra, senza disdegnare nessun ambito di lavoro, dall’energia ai servizi di portierato. Ad aprile 2011, ad esempio, ha firmato un contratto con il Comune di Pastena, 1.500 abitanti in provincia di Frosinone. In cambio di 70mila euro all’anno gestirà per 20 anni la rete di illuminazione pubblica, garantendo anche il servizio di connessione wi-fi. Due mesi prima aveva trovato l’accordo con il Comune di Guidonia Montecelio (Roma): Cofely si occuperà di gestione e manutenzione degli impianti energetici e tecnici di 47 edifici comunali, scuole, impianti sportivi, una biblioteca e alcuni locali amministrativi. Il conto per l’ente locale: 8 milioni di euro per 8 anni.
In Italia Cofely vanta “più di 2mila clienti”, “1.300 contratti”. Nel 2010 la formichina ha fatturato poco più di 800 milioni di euro (anche se in cartella stampa dichiara “oltre 1 miliardo di euro”).
Il gruppo Gdf Suez, con i suoi interessi nel settore del servizio idrico integrato (è un socio privato importante nel capitale di Acea), è uno dei principali spauracchi del movimento dell’acqua, e i cittadini italiani che hanno votato “2 sì” ai referendum del 12 e 13 giugno hanno ribadito che i servizi pubblici devono essere pubblici. Grazie a Cofely, però, possiamo capire che l’occupazione francese degli spazi pubblici continua: Comuni, Regioni, Università e Asl sono tra i clienti “privilegiati” dalla multinazionale.
Un esempio da manuale, in questo senso, è quello di Nuoro, dove Cofely è impegnata a realizzare il “Polo sanitario della Sardegna centrale”, ovvero in un progetto che prevede la ristrutturazione e il completamento dei presidi ospedalieri San Francesco e C. Zonchello di Nuoro, San Camillo di Sorgono e dei presidi sanitari di Macomer e Siniscola, tutte in provincia di Nuoro. Lo schema di contratto firmato tra la società di progetto Polo sanitario Sardegna centrale spa e Asl 3 di Nuoro prevede inoltre la gestione dei servizi (dalla manutenzione degli edifici al servizio energia, dalla ristorazione alla raccolta e smaltimento rifiuti al portierato) per un periodo di 25 anni e 4 mesi. È un contratto di project financing, firmato nel maggio del 2008, il cui valore complessivo supera gli 800 milioni di euro.
L’ospedale San Francesco, che è il più importante della cittadina sarda, è un  cantiere. La società di progetto sta costruendo la torretta che ospiterà un nuovo ascensore, e un nuovo edificio largo e basso alla base dei 13 piani della struttura già esistente. L’investimento totale, secondo il project financing, sarà di 64,5 milioni di euro, il 20,7% a carico dell’Asl e il 79,3% a carico dei privati.
La parola investimenti, a Nuoro, è stata vista come la panacea in grado di risolvere i problemi dell’Asl, che è una della prime aziende del territorio, dà lavoro a 2.400 dipendenti, ma è stata abbandonata per anni, senza rinnovo degli apparati elettromedicali. Anche se, in cambio, grazie alla formula del project, i privati avrebbero guadagnato il diritto di gestire per oltre un quarto di secolo tutti i servizi “non medicali”, dalle pulizie (che valgono oltre 4,5 milioni di euro all’anno) alla manutenzione (per 4,17 milioni di euro), dalla ristorazione per degenti e dipendenti (2,11) al portierato (775mila euro all’anno).
Il canone annuo, per l’Asl 3, è di oltre 20 milioni di euro, cui vanno aggiunti 3,6 milioni all’anno per il rinnovo degli apparati elettromedicali. Conto totale: 24,3 milioni di euro all’anno.
Per capire che qualcosa è cambiato, all’Ospedale San Francesco, basta però fare un salto nel parcheggio. Che è a pagamento, anche per i dipendenti Asl.
A sollevare qualche dubbio sulla bontà dell’operazione, nel dicembre del 2009, è stato Antonio Onorato Succu, ginecologo e -dall’autunno di quell’anno- commissario dell’Asl 3 di Nuoro.
In una lunga lettera, Succu ha spiegato al presidente della Regione autonoma della Sardegna Ugo Cappellacci e all’assessore all’Igiene e sanità Antonello Liori, i limiti del project financing. Regolarmente protocollata, la lettera è rimasta senza risposta. Oltre a sollevare dubbi sulla legittimità del processo che ha portato a firmate la concessione a favore di Cofely (che opera in raggruppamento temporaneo d’impresa con Inso, società toscana che fa capo al gruppo Consorzio Etruria, oggi in liquidazione), perché la gara “è, tuttavia, andata deserta” e per la “genericità di alcune clausola contrattuali (forse al limite della nullità per la loro indeterminatezza)”, Succu pone l’accento sulle “eclatanti condizioni per la fornitura di apparecchiatura elettromedicali e materiale non medicale”. Un mammografo, ad esempio, è stato acquistato per 750mila euro, mentre il prezzo medio di mercato, in Europa, si assesta sui 400mila. C’è poi l’esempio di un costoso impianto per la TomoTherapy (un’evoluzione della radioterapia), che l’Asl di Nuoro ha potuto acquistare dal fornitore a prezzo di costo, 3,6 milioni di euro Iva compresa, perché la macchina era stata ordinata da un’Asl del Lazio, che non aveva potuto terminare l’acquisto in quanto tutti gli ordini sono stati bloccati per il piano di rientro. Sul mercato, costa 5-6 milioni di euro, e pare che i rappresentanti di Inso si siano molto arrabbiati. Scrive Succu: “Offrire prodotti a prezzi che superano del 30-40 fino anche al 100% il prezzo di mercato, rappresenta un ricava non esplicitato in danno all’azienda (l’Asl 3 di Nuoro, ndr). È questa la ragione per cui ho dovuto assumere la grave decisione di rinviare l’apertura della radioterapia”.
Ancor più esplicito lo scambio di e-mail tra Gianfranco Bussolai, responsabile del servizio sistemi informativi per l’Asl 3, e Carlo Fois di Cofely, allegato alla relazione sulle attività dell’anno 2010. Tra il 26 ottobre di quell’anno e il 13 giugno del 2011 Bussolai annota 17 comunicazioni aventi ad oggetto “sollecito la consegna del materiale necessario alle verifiche”; “sollecito consegna dati mancanti”; “segnalo delle incongruenze nel materiale consegnato”. In una comunicazione del 29 novembre 2010, diretta all’ingegner Valerio Carzedda, responsabile del servizio gestione logistica e tecnica, Bussolai lamenta che a fronte di una richiesta di fornitura per un apparato Fortinet (per la sicurezza nella comunicazioni aziendali), Cofely ha presentato un’offerta “per un importo pari a 29.720 euro” mentre una verifica dell’Asl presso due fornitori (Telecom Italia e Teleco) aveva portato a preventivi di 21.892 e 24.750 euro. “Da un’esame dell’offerta -scrive Bussolai- risultava che non era stato applicato (da Cofely, ndr) lo sconto del 50% previsto nel listino dalla ditta produttrice Fortinet”. Che, nella missiva, lamenta come “questo modo di procedere comporta un estremo dilatarsi dei tempi, oltre alla spiacevole situazione di vedersi proporre da Cofely soluzioni che nel mercato si troverebbero a prezzi più convenienti per l’Azienda”. 
A sollevare un polverone ci ha pensato, poi, un’impresa di pulizie, la Polish House, esclusa dal servizio. Polish House ha presentato un ricorso al Tar della Sardegna, che è stato accolto nel febbraio 2011, con una sentenza che ha annullato la concessione e tutti i contratti tra Cofely e Asl di Nuoro. La motivazione: il codice dei contratti pubblici, descrivendo la “finanza di progetto” ne definisce le caratteristiche peculiari: i servizi devono avere natura imprenditoriale; deve esistere un rischio, a carico del concessionario, basato sulla “aleatorietà delle domande di prestazione”. Nel caso dell’Asl di Nuoro, “tutto questo non si ritrova” scrive il Tar Sardegna, “appare evidente come non si verifichi alcun trasferimento del rischio gestionale ed economico a carico del concessionario”.
Il canone, oltre 24 milioni di euro all’anno, viene pagato integralmente dall’Asl di Nuoro. Non c’è mercato e, anzi, “con il project financing a regime il bilancio aziendale presenterà un incremento dei costi per 8,7 milioni di euro, corrispondenti al 3% dei costi di gestione” come spiega Mariano Meloni, che per alcuni mesi all’inizio del 2011 ha preso il posto di Succu come commissario straordinario dell’Asl.
Nell’ultimo anno, il consigliere regionale Paolo Maninchedda, del Partito sardo d’azione, ha posto più volte il tema del project financing al presidente della Regione Cappellacci e all’assessore alla Sanità, chiedendo conto di un progetto “meno vantaggioso finanziariamente rispetto al mutuo presso la Cassa depositi e prestiti” e perché l’Asl paghi a Cofely un Servizio di manutenzione e gestione edifici aziendali e un “canone di disponibilità” dei beni. Il primo, infatti, dovrebbe essere ricompreso nel secondo. “In questo modo -spiega Maninchedda- la Asl paga due volte per lo stesso oggetto”.  
Contro la sentenza del Tar ha presentato ricorso la società di progetto Polo sanitario Sardegna centrale (Cofely e Inso). La pronuncia è attesa per il 28 ottobre 2011 (quando questo numero di Ae è già in stampa), e non sappiamo come andrà a finire. Nel frattempo, però, vale la pena annotare quanto scrive di project financing in ambito sanitario la Corte dei Conti, nella recente (settembre 2011) relazione sulla “Gestione delle risorse statali destinate all’edilizia e all’ammodernamento tecnologico della sanità pubblica”: “Per quel che riguarda le rare formule di finanza di progetto adottate per valorizzare la produttività del contributo statale, le fattispecie negoziali relative a tali interventi risultano schematizzate in modo vago ed impreciso e, soprattutto, non sono individuate né  le singole prestazioni, né la pertinente stima economica degli interventi a carico dei privati e dei rischi eventualmente assunti da questi ultimi. Nella buona sostanza non sembra trattarsi di fattispecie in linea con i modelli di partenariato pubblico-privato che la disciplina comunitaria consente in questo particolare ambito di commesse”.
È solo un travaso di risorse dal pubblico al privato. —

Ventisette sedi operative in Italia
Servizi per tutti
I lavori di Cofely, dalle pulizie alla costruzione -contestata- di palacongressi. Fino alla gestione del Cie di Gradisca —

Cofely Italia spa, 280.800.000 euro di capitale, è interamente controllata da Gdf Suez Energy Services International S. A., società di diritto belga. Nel 2010 ha fatturato 805 milioni di euro, 93 in più rispetto all’anno precedente e più del doppio rispetto al 2005 (348.954.846 euro).
Ha 27 sedi operative in una ventina di città italiane, dal Piemonte alla Puglia. Controlla 16 tra società, consorzi e società consortili; altre 17 sono le imprese collegate che fanno parte della “galassia”.
Cofely Italia spa (cofely-gdfsuez.it) è una Energy Service Company (Esco), si occupa di efficienza e risparmio nei servizi energetici (tra i suoi clienti, il Comune di Roma); ha realizzato impianti di cogenerazione, ad esempio per il Policlinico “Gemelli” di Roma e la Michelin di Cuneo; realizza teleriscaldamento e centrali a biomasse. Del core business fa parte anche il facility management, ovvero la gestione di impianti tecnologici, spazi verdi, guardiania, poste, pulizie (a fine 2010, Cofely ha vinto una gara indetta da Centostazioni, oltre cento milioni di euro per 5 anni, fino al 2016), traslochi, sorveglianza. È sempre Cofely che si occupa di fornire gasolio ai depositi della Gestione governativa navigazione laghi Maggiore, Garda e Como. Cofely è impegnata nel progetto per il nuovo ospedale “All’Angelo” di Mestre (Ve), che per la sezione regionale della Corte dei Conti è “motivo di preoccupazione” per la sostenibilità del sistema sanitario veneto. La causa è “l’esplosione dei costi nel conto ‘altri oneri finanziari’ (17,6 milioni, +67,6% rispetto al 2008, +1855,6% nel triennio), riconducibili a canoni e accessori per la gestione in regime di project financing dell’ospedale, direttamente gestito dall’Asl 12 Veneziana (17,1 milioni circa). Costi destinati a pesare sugli equilibri finanziari della sanità veneta”.
Cofely ha inoltre preso il posto di Torno spa quale capogruppo dell’associazione temporanea di imprese incaricata di realizzare il nuovo Palacongressi di Rimini, che è stata inaugurato il 15 ottobre scorso. “Il contratto è ‘chiavi in mano’: il problema è che invece di avere la struttura a disposizione entro l’estate 2010, ciò è avvenuto con un anno di ritardo” spiega Lorenzo Cagnoni, presidente di Rimini Fiera. Che aggiunge: “Con Cofely è aperto un contenzioso”. L’opera è costata oltre 100 milioni di euro.
C’è, infine, il fronte Cie: Cofely fa parte del raggruppamento di imprese guidato da Gepsa, che ha vinto la gara per la gestione del Centro d’identificazione ed espulsione e il Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara, vedi Ae 124) di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia. La base d’asta era di 15 milioni di euro per tre anni. —

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