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Diritti / Opinioni

I professionisti della sicurezza. Quella vera

L’Università di Trento ha dato vita a un istituto che affronta il tema con un approccio scientifico e interdisciplinare. Non c’è spazio per la pancia. La rubrica di Pierpaolo Romani per “Avviso Pubblico”

Tratto da Altreconomia 217 — Luglio/Agosto 2019

Sicurezza è una delle parole più usate in questa nostra epoca, in particolare a livello politico e mediatico. Viviamo in una società non solo liquida, come sosteneva Bauman, ma anche insicura. O meglio: impaurita e perciò insicura. La sicurezza, insieme al lavoro, è una delle domande su cui oggi tanti cittadini chiedono delle risposte a chi li governa. Essere e sentirsi sicuri per molti significa tenere distanti i diversi, riempire il territorio di telecamere, potersi armare con più facilità rispetto a quanto prevedono le norme attuali.  Conta molto poco se i dati forniti dal ministero dell’Interno dimostrano che viviamo in un Paese molto più sicuro di altri e che oggi una donna ha più probabilità di essere uccisa tra le mura domestiche da un famigliare piuttosto che in un luogo pubblico da uno sconosciuto. Quello su cui si fondano le politiche di sicurezza in Italia nel XXI secolo è la percezione, non i dati oggettivi. In pratica, si fa politica giocando strumentalmente sulle emozioni, sulle paure, sugli istinti anziché sulla razionalità. Il rischio di lacerare il tessuto sociale, provocando gravi danni, è altissimo.

All’Università di Trento, consapevoli di questo scenario, hanno deciso di aprire un Istituto che affronta il tema della sicurezza con un approccio di carattere scientifico e interdisciplinare. Nell’evento di presentazione dell’Istituto, lo scorso 31 maggio, Andrea Di Nicola, docente di Criminologia e coordinatore del progetto, ha illustrato quali sono i significati che al termine “sicurezza” vengono attribuiti da lui e i suoi colleghi. Sicurezza è “proteggere i diritti nei limiti del diritto, usare competenze e metodo, proteggere dai rischi di cui non si è consapevoli, fare ciascuno la propria parte nell’interesse di tutti, occuparsi dei contesti e delle persone più vulnerabili, essere protetti e sentirsi protetti, gestire problemi, anche locali, in una rete globale, ottimizzare le risorse e la qualità della vita”. Per far funzionare questo Istituto, che si prefigge di formare dei security manager, sono stati attivati 10 dipartimenti e 70 docenti che insegnano diritto, criminologia, sociologia, psicologia, statistica, matematica, scienze dell’informazione, ingegneria, economia, biologia, studi internazionali, scienze ambientali e altre ancora.

70: sono i docenti che sono stati coinvolti nel progetto dell’Istituto di Scienze della sicurezza dell’Università di Trento

“Vogliamo contribuire a costruire una rete tra ricerca e formazione di qualità, da una parte, e istituzioni pubbliche della sicurezza, aziende nazionali, e cittadini, dall’altra -ha spiegato Di Nicola-. Vogliamo anche contribuire a costruire una classe di professionisti della sicurezza che possa affrontare le sfide del futuro con conoscenze e strumenti nuovi”. In Europa, l’Istituto di Scienze della sicurezza, è uno dei primi laboratori di questo tipo assieme all’Institute of Security and Crime Sciences di Londra. L’attività dell’Istituto ruota attorno a un patto, nuovo e virtuoso, tra mondo della ricerca e della formazione universitarie, mondo delle istituzioni pubbliche, delle aziende e cittadinanza. Il suo fine è quello di organizzare e promuovere una formazione di alto livello, abbinandola con progetti di ricerca applicata. Insomma, a Trento si lavora con la testa, non c’è spazio per la pancia quando si parla di sicurezza. L’Istituto ha un comitato di indirizzo composto da alti rappresentanti del mondo della sicurezza pubblica e privata e delle organizzazioni internazionali. Attraverso protocolli di intesa può stringere rapporti stabili con istituzioni pubbliche, grandi aziende e società, sia italiane che straniere. Un modus operandi basato su una logica molto chiara: la sicurezza si costruire insieme, in una rete allargata di conoscenze ed esperienze.

Pierpaolo Romani è coordinatore nazionale di “Avviso pubblico, enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie

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