Lo zen e l’arte della lotta alla corruzione

Le dimensioni della corruzione, quanto ci costa e come combatterla sul serio

Lucio Picci e Alberto Vannucci, esperti di livello internazionale, affrontano il tema da un punto di vista sorprendente ed eclettico.

In modo rigoroso e convincente, gli autori argomentano che sono indispensabili uno spirito “zen” e il giusto distacco. È necessario “guardare altrove”, riflettendo sul funzionamento complessivo della cosa pubblica e creando le condizioni perché sia non solo trasparente, ma anche “leggibile”.

È fondamentale ragionare sullo stato di salute dei mass media, dell’istruzione e sulla partecipazione dei cittadini, che necessita, tra l’altro, di un contesto culturale appropriato, da promuovere con saggezza e buon senso.

Gli autori coniugano un’analisi rigorosa con il tono lieve, disegnando un quadro articolato e coerente di interventi necessari per spezzare i circoli viziosi e gli equilibri tenaci che la corruzione al tempo stesso genera e dai quali si alimenta.

Rassegna stampa

Rai 1. Giorno per giorno, Lotta alla corruzione (dal minuto 13:50)

Gian Antonio Stella, Corriere della Sera, Gli scandali e le regole da cambiare

Dall’introduzione

degli autori Lucio Picci e Alberto Vannucci

[…] Per raggiungere un obiettivo di conoscenza, nello Zen ci si deve distanziare da esso, per guardare altrove e, in un certo senso, scartare di lato. E così, per lottare contro la corruzione noi sosteniamo che sia utile, anzi, indispensabile, fare qualcosa di simile e ragionare soprattutto d’altro. Solo per questa via, andando al di là del pensiero corrente, si può alla fine raggiungere il Satori, ovvero, la comprensione della verità dello Zen. E in modo analogo, per questa via indiretta e “orientale”, si può costruire un piano credibile per combattere seriamente la corruzione.

Per questo chiediamo al lettore uno sforzo preliminare per liberare la mente da preconcetti e luoghi comuni, che abbondano nel dibattito sulla corruzione. E anche di sopportare, nel trattare un tema così importante, le idiosincrasie degli autori, di portare pazienza quando si imbatterà in una delle loro divagazioni. Pazienza orientale, o rassegnazione cristiana: lasciamo decidere al lettore di quale arma spirituale convenga dotarsi.

Al tempo stesso, in un volume per certi versi leggero e che si prende alcune libertà col lettore, è necessario chiarire subito un punto essenziale: parlare di un tema così importante come la corruzione richiede rigore. Non troverete qui facile ironia – se non forse, a volte, amara – riguardo ai casi di corruzione di cui avremo modo di parlare, perché sarebbe sbagliato prendere alla leggera la corruzione. Vogliamo ricordare il manifesto di qualche anno fa della sezione russa di Transparency International, organizzazione non governativa di cui avremo modo di parlare.

A lettere cubitali c’è scritto: “La corruzione uccide!”. E, sotto, il riferimento a un fatto concreto: il 24 agosto del 2004 due aeroplani partiti da Mosca esplosero in volo a causa di attentatori suicidi, provocando la morte di 90 persone. I terroristi avevano acquistato i biglietti corrompendo due impiegati per evadere i controlli all’imbarco, con meno di 200 euro. Si tratta di un caso estremo, che però mostra come il costo della corruzione sia invariabilmente superiore alla somma dell’ammontare delle “tangenti” – poche banconote da un lato, quasi cento vite umane dall’altro. Il costo incommensurabile della corruzione è uno dei temi che affronteremo.

Il lettore troverà in questo libro da una parte leggerezza e distacco, e dall’altra, serietà e preoccupazione. Crediamo che atteggiamenti così contrastanti non solo possano, ma anzi, in un certo senso, debbano coesistere. Solo distanziandosi dal problema, evitando reazioni istintive spesso inutili o peggio dannose, per quanto provocate da un comprensibile sdegno morale; solo guardando altrove, senza perdere l’orientamento su quali siano le ragioni e le nostre finalità ultime, possono nascere nuove idee e proposte sensate per affrontare il problema. Proposte indirizzate a chi? Non certo “al Principe”. Questo libro non è rivolto a chi governa per un semplice motivo, lo stesso che alimenta la contraddizione insita nella natura stessa della lotta alla corruzione. Se la corruzione rappresenta un equilibrio perverso che chiama in causa tutti i cittadini, soluzioni calate dall’alto e in un certo senso tecnocratiche, indipendenti da una consapevolezza diffusa e da un consenso popolare, sono quasi sempre inutili, velleitarie e inconcludenti.

Le nostre proposte sono rivolte invece alle italiane e agli italiani, con un duplice auspicio. Primo, che i cittadini imparino a riconoscere meglio la natura di un problema complesso e dalle mille sfaccettature. E, di conseguenza, a non farsi abbindolare da ricette miracolistiche che vengono spesso spacciate per soluzioni risolutive, e che tali non sono. Noi speriamo che le proposte che avanziamo, sicuramente eterodosse rispetto alle ricette semplificate che vanno per la maggiore, possano divenire il fondamento di richieste rivolte “alla politica”, ma anche – in una certa misura – a ciascun gruppo e formazione sociale. E che rappresentino un metro di giudizio per valutare la credibilità dei programmi e delle proposte avanzate nel dibattito pubblico. Ecco perché il libro è dedicato “alle italiane e agli italiani”, un concetto profondo e importante. A proposito di divagazioni Zen, è bene iniziare sin da ora. Nella dedica, l’esplicito riferimento alle “italiane” valga come sottolineatura esplicita, e non come applicazione del cosiddetto linguaggio di genere. È dimostrato che le donne in media hanno una propensione minore a corrompere e a farsi corrompere. Un’Italia in cui le donne con maggior facilità raggiungano posizioni di potere, un’Italia insomma in cui si abbatta quel “soffitto di cristallo” che attualmente fa sì che chi comanda sia molto spesso uomo, sarebbe un’Italia migliore, e probabilmente anche con meno corruzione.

Dovremo però procedere con ordine. Così nel primo capitolo porremo le basi per l’analisi successiva, cercando di chiarire che cosa sia la corruzione: solo definendone il concetto possiamo porci il problema di misurarne l’entità, e quindi di valutarne effetti e cause da un lato, possibili strumenti di contrasto dall’altro. Della misurazione della corruzione ci occupiamo nel secondo capitolo, le cui conclusioni sono fin d’ora riassumibili con un messaggio semplice e un po’ scoraggiante: la corruzione è un problema complicato, tutte le misure di cui disponiamo sono non solo imperfette, ma potenzialmente fuorvianti, e dunque vanno prese con le molle. Attingendo da più fonti d’informazione tentiamo comunque di dare una risposta a una domanda che sicuramente interessa molti: quanta corruzione c’è in Italia, e com’è cambiata nel tempo. Armati della nostra conoscenza, per quanto imperfetta, circa la diffusione del malaffare, e sulle sue caratteristiche, nel terzo capitolo ne consideriamo cause ed effetti, quasi sempre legati tra loro fino ad alimentare veri e propri “circoli viziosi”. Nel quarto capitolo ci occupiamo di come siano strutturate le politiche anticorruzione nei due pilastri della repressione e della prevenzione. Dedichiamo infine l’ultimo capitolo, il quinto, a descrivere quelle caratteristiche “Zen” che a nostro avviso quelle politiche dovrebbero assumere.

E da qui ad allora – si rassicuri il lettore – si incontreranno molteplici divagazioni che sicuramente faranno perdere la strada – perché, e valga come primo kōan (affermazione paradossale, e pratica meditativa Zen) da noi inventato -: “per scoprire la propria destinazione, è necessario perdersi”.

Gli autori

Lucio Picci

è Professore di Politica economica presso l’Università di Bologna ed è l’autore di numerose ricerche sul tema della corruzione e della governance pubblica, pubblicate su importanti riviste come American Journal of Political Science, Journal of Business & Economic Statistics, Research Policy, The Review of Economics and Statistics e The World Bank Economic Review. Tra i suoi libri “Reputation- based Governance” (Stanford University Press, 2011).