Il grano futuro

Grani antichi e nuove filiere contadine, resilienti e solidali. La “filiera degli 11 grani” e altre storie

I “grani antichi” sono una rivoluzione, per la nostra alimentazione, per la salute, per la terra. La “filiera degli 11 grani” germoglia nel Parco Agricolo Sud Milano, ma le spighe antiche crescono in tutta Italia.
Questo libro racconta le storie dei “grani antichi” in Italia, dai cultivar più noti – Timilia, Gentilrosso, Verna o Solina – ai “miscugli”.

Un rinascimento che va di pari passo con la riscoperta di un pane “buono”, per la salute e per la terra. Alle porte di Milano, nel 2012, nasce la “Filiera degli 11 grani”, promossa dal Distretto di Economia Solidale Rurale del Parco Agricolo Sud Milano. Il loro miscuglio di 11 grani antichi produce farine con un glutine “gentile” e un pane con un aroma e un gusto unici, nutriente e digeribile.

Non solo: i frumenti di varietà tradizionali si coltivano con poca acqua, senza fertilizzanti e pesticidi, generano nuova biodiversità e si adattano bene a luoghi e clima. La filiera corta consente poi a contadini e panificatori di ritrovare antichi saperi, di rendersi indipendenti dall’acquisto dei semi e di concordare un compenso equo e un prezzo del pane accessibile a tutti. Una vera e propria “economia delle relazioni”.

Con un intervento del professor Giovanni Dinelli – sperimentatore di frumenti locali – e di agricoltori, panificatori e distributori.

Premessa [estratto]

di Gianni Tamino

Il cibo che nutre l’umanità e rigenera la terra. Per una nuova agricoltura

(…) La conservazione e l’utilizzo sostenibile della biodiversità sono fondamentali per sfamare circa un miliardo di persone denutrite. Secondo le stime della FAO (2004 e 2018 5), nel corso dell’ultimo secolo sono andati perduti circa tre quarti della diversità genetica presente nelle colture agricole. La diversità biologica comprende innumerevoli piante in grado di nutrire e curare la gente, molte varietà di colture e di specie acquatiche con caratteristiche nutrizionali specifiche, specie animali adattate ad ambienti rigidi, insetti che impollinano i campi e microrganismi in grado di rigenerare i terreni agricoli. Tuttavia, a causa della modernizzazione agricola, dei mutati regimi alimentari e della densità di popolazione, l’umanità dipende sempre di più, per le sue risorse alimentari, da una diversità biologica agricola ridotta: tre varietà di colture (grano, riso e mais) rappresentano il 48% delle calorie medie giornaliere consumate.

Con le sementi ibride e con i brevetti sugli OGM poche multinazionali possono ora avere il controllo di queste tre colture, condizionando la vita economica, sociale e politica di tutto il pianeta.

Per superare questa situazione occorre un’agricoltura totalmente nuova, a minor input di energia e di materia, che ripristini una logica circolare, inserendosi armoniosamente nei cicli bio-geochimici naturali. Ma, di fronte ai cambiamenti climatici, occorre anche immaginare nuove sementi adatte alle nuove condizioni ambientali, sementi ottenute grazie al recupero delle varietà storiche, ancora presenti nelle banche del germoplasma o nelle aziende di agricoltori impegnati nella difesa della biodiversità. Queste sementi possono diventare punto di partenza per nuovi incroci, fatti non dalle multinazionali delle sementi, ma dagli stessi agricoltori (selezione partecipata).

Riacquistare la sovranità alimentare significa riappropriarsi della diversità dei semi che garantiscano cibo sano per tutti, ottenuto nel rispetto dell’ambiente. Per questa ragione è fondamentale la conservazione della biodiversità agricola, attraverso l’utilizzo dei semi, tradizionali ovvero del germoplasma autoctono, patrimonio comune della collettività. Conservazione e utilizzo sostenibile delle sementi antiche sono, anche secondo la FAO, fondamentali per sfamare milioni di persone denutrite nei Paesi in via di sviluppo.

Ma la conservazione della biodiversità è fondamentale per l’agricoltura, per la sicurezza alimentare e per le condizioni di vita rurali, di tutte le popolazioni, soprattutto nella prospettiva di futuri cambiamenti ambientali e climatici.

La monocoltura dei cereali, ad esempio, ha soddisfatto la domanda di derrate alimentari per una parte del pianeta, ma ha anche creato, come già detto, un appiattimento e una progressiva erosione genetica delle specie coltivate. Il risultato è che le vecchie popolazioni locali di frumento o di mais sono state spodestate dalle nuove cultivar industriali. La coltivazione di sementi tradizionali e autoctone di cereali ed in particolare frumento, costituisce un’importante occasione per il recupero e lo sviluppo rurale di ampie aree. Agli agricoltori si offre così la possibilità di ottenere un valore aggiunto dalla proprie produzioni, trasformandosi in “custodi” di un ricco patrimonio di “geni” oltre che del proprio territorio. La coltivazione di particolari tipologie di antichi grani può fornire risposte anche ad una richiesta di qualità e benessere: come riportato nel libro, un’opportuna selezione e/o una miscela di grani tradizionali può fornire un giusto apporto di composti antiossidanti, in grado di prevenire malattie cronico-degenerative, come i tumori, oltre a fibra e glutine più digeribile.

La maggiore attenzione dei consumatori verso un’alimentazione più salubre, genuina e tradizionale sta orientando il mercato verso la riscoperta di prodotti ottenuti con sementi che hanno fatto la storia della nostra alimentazione, come nel caso della dieta mediterranea.

Gianni Tamino è biologo e docente del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova. È stato membro della Camera dei Deputati e del Parlamento europeo, dove ha seguito in particolare la normativa comunitaria in tema di biotecnologie. Su questi temi ha pubblicato numerosi lavori scientifici e divulgativi.

 

Gli autori

Luciana Maroni

Coordina la “Filiera degli 11 grani” del Distretto
di Economia Solidale Rurale del Parco Agricolo Sud Milano.

Daniela Ponzini

Agronoma di AIAB, Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica, cura il protocollo della “Filiera degli 11 grani”.