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Diritti

Processo Aldrovandi, quanto marciume

Il processo in corso a Ferrara per la morte di Federico Aldrovandi, mostra una volta di più quanto sia indispensabile, nel nostro paese, un organismo indipendente di controllo sull’operato delle forze di polizia. Federico morì nel settembre 2005 poco dopo essere…

Il processo in corso a Ferrara per la morte di Federico Aldrovandi, mostra una volta di più quanto sia indispensabile, nel nostro paese, un organismo indipendente di controllo sull’operato delle forze di polizia. Federico morì nel settembre 2005 poco dopo essere stato fermato da una pattuglia di polizia: tutto fa pensare che sia stato pestato e che sia poi morto per le percosse e la posizione innaturale alla quale fu costretto  (probabilmente ammanettato, piegato, schiacciato).
La polizia ha gestito la vicenda, fin dagli inizi, senza trasparenza né rispetto per i familiari, la cittadinanza e lo stesso Federico. Lo si vede bene al processo: la gravità dell’episodio – un giovane del tutto innocente ed innocuo morto fra le mani di funzionari pubblici, ufficialmente tutori dell’ordine e della sicurezza dei cittadini – resta in secondo piano e prevalgono scambi d’accuse, versioni contrapposte dei fatti, la ricerca della salvezza personale di fronte al tribunale.

Ne esce un quadro terribile: i diritti di cittadinanza, addirittura il diritto alla vita, così visibilmente calpestati, non sono stati considerati in nessun momento. Non si è visto – come sarebbe invece stato necessario – né una solenne presa di distanza, né la sospensione o l’allontanamento dalla polizia degli agenti e dei dirigenti più compromessi nell’episodio e nella gestione del dopo (le menzogne raccontate ai familiari e all’opinione pubblica, le prove occultate e così via).

Il processo Aldrovandi, comunque vada a finire, è l’ennesima spia del marciume che le nostre forze di sicurezza sono disposte a tollerare.

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