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Ponte Morandi: gli indennizzi per le case e la battaglia della “zona arancione”

A distanza di nove mesi dal crollo del Viadotto Polcevera a Genova continua l’isolamento di 300 famiglie nella “zona arancione”, circoscritta entro i 160 metri dal ponte, a causa della chiusura delle principali vie di passaggio. E in un periodo di deprezzamento degli immobili dovuto alla crisi economica, la compravendita tra Stato e alcuni residenti ha però scatenato l’ira di chi è rimasto fuori dall’intesa

I resti del Viadotto Polcevera, conosciuto come Ponte Morandi, a Genova

A distanza di nove mesi dal crollo del Viadotto Polcevera, conosciuto come Ponte Morandi, che ha provocato 43 morti e 533 sfollati nella zona rossa, continua l’isolamento di 300 famiglie nella zona arancione, circoscritta entro i 160 metri dal ponte, a causa della chiusura delle principali vie di passaggio. Inizialmente esclusi dagli indennizzi previsti dal “Decreto Genova” ora, con la legge “Sblocca Cantieri”, potranno beneficiare di 7 milioni di euro in base a criteri ancora in fase di definizione ma che dovrebbero riguardare la prossimità dal luogo del disastro. Il Decreto Genova aveva stanziato 72 milioni di euro per l’acquisto di case e capannoni nella sola zona rossa per poter procedere alla demolizione dell’intera infrastruttura, soldi finanziati dal Programma Regionale sulle Infrastrutture Strategiche (PRIS).

Le case interessate alla demolizione, costruite all’inizio degli anni 60 e destinate ai ferrovieri, sono state valutate a un prezzo superiore a quello di mercato: il Programma infatti ha destinato a ciascun appartamento 45mila euro di indennità, 36mila euro di accelerato sgombero e 2.025 euro a metro quadrato. “Un prezzo, quest’ultimo, maggiorato di circa 400 euro sulla cifra di 1.691 euro data dal mercato immobiliare”, commenta l’amministratore delegato di Immobiliare.it, Carlo Giordano.  Autostrade per l’Italia S.p.A. aveva inoltre aggiunto per ogni appartamento 12mila euro come una tantum. Per una casa di circa 100 metri quadrati, quindi, il prezzo pagato dal Demanio arriva a 300mila euro, circa il doppio della cifra per le case nella “zona arancione”. C’è stato inoltre l’impegno da parte dell’Associazione bancaria italiana (Abi) a sospendere fin da subito i mutui per gli appartamenti colpiti dalla tragedia e concedere prestiti personali per i residenti in caso di perdita del lavoro, “un accordo stabilito già nel 2015 tra ABI e associazioni dei consumatori che spinge a far ripartire l’economia locale”, come spiega una nota dell’Associazione. 

In un periodo di deprezzamento degli immobili (-7,2% per il 2018 nella città di Genova) dovuto alla crisi economica, la compravendita tra Stato e residenti ha però scatenato l’ira di chi è rimasto fuori dagli indennizzi. Stefano Salvetti, presidente di Adiconsum Genova Liguria, denuncia come si sia lavorato per blocchi e non per tutto il territorio colpito. Se per i residenti della “zona rossa” si è stanziata una cifra precisa e si è proceduto celermente grazie a un accordo con l’Ordine dei notai di Genova, per gli abitanti della “zona arancione” la risposta è arrivata solo dopo una strenua battaglia, malgrado tutti i disagi di un cantiere aperto per i lavori di demolizione.

Infatti con il decreto “Sblocca Cantieri”, approvato all’inizio di maggio, si è allargata la platea degli aventi diritto a 900 famiglie. Riceveranno 20.000 euro i residenti con la casa entro i 55 metri, 10.000 entro i 110 metri e 4.000 euro entro i 165 metri. “È un risultato importante -afferma Salvetti- ma riteniamo che le risorse stanziate non siano ancora sufficienti perché dei 15 milioni di euro che avevamo richiesto ne sono stati stanziati solo sette. La nostra preoccupazione infatti è che diminuiscano ulteriormente con la conversione in legge del decreto”.

Inoltre gli abitanti delle vie limitrofe al cantiere, da oltre nove mesi isolati a causa della chiusura delle strade che collegano il Levante con il Ponente, denunciano la mancanza di misure per la salvaguardia dell’ambiente. “Abbiamo chiesto fin da subito una centralina per rilevare l’inquinamento dell’aria e una per la falda acquifera ma al momento non sono state posizionate. Con la partenza del cantiere noi residenti non ci sentiamo tutelati per l’eventuale presenza di amianto e altri inquinanti”. Il deprezzamento delle case della zona, confermato dalle agenzie immobiliari (da 1.600 euro al metro quadrato a circa 800), rende inoltre impraticabile l’ipotesi di trasferirsi, come molti residenti vorrebbero: ”Dove andiamo se la nostra casa vale così poco? Siamo destinati a vivere male per i prossimi anni”. I comitati di quartiere spingono per avere un ulteriore tavolo di lavoro con il Governo per arrivare ad ottenere altri risarcimenti nella Legge di Stabilità. “Il cantiere durerà almeno un anno e mezzo, le strade saranno chiuse e i residenti faranno fatica a spostarsi. Stiamo spingendo perché ci vengano riconosciuti ulteriori finanziamenti”,

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