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PISANU, RETATE E COM…

PISANU, RETATE E COMMENTI PREVENTIVI Posto che non voglio assolutamente trastullarmi con espressioni tipo “l’avevo detto”, riporto qui sotto il testo della rubrica “Distratti dalla libertà” che tengo su Altreconomia, pubblicata sul numero appena uscito (disponibile nelle botteghe del mondo e…

PISANU, RETATE E COMMENTI PREVENTIVI

Posto che non voglio assolutamente trastullarmi con espressioni tipo “l’avevo detto”, riporto qui sotto il testo della rubrica “Distratti dalla libertà” che tengo su Altreconomia, pubblicata sul numero appena uscito (disponibile nelle botteghe del mondo e per abbonamento). Il testo è stato consegnato il 24 marzo, una settimana prima della “retata preventiva” ordinata dal ministro Pisanu contro decine e decine di immigrati di religione musulmana. Prendiamo il testo della rubrica come un “commento preventivo”

Da Altreconomia, n. 49 (aprile 2004)

La prigione di Guantanamo, nell’enclave statunitense sull’isola di Cuba, è diventata l’emblema dei metodi di “lotta al terrorismo” scelti dall’amministrazione Bush. E’ un luogo in cui non sono applicate le regole degli stessi Stati Uniti: i detenuti non hanno diritti, di molti non si conoscono nemmeno i nomi, e soprattutto mancano spesso indicazioni sui crimini di cui si sarebbero macchiati. Molti dei prigionieri di Guantanamo sono stati condotti a Cuba dall’Afghanistan e altri paesi asiatici perché sospettati di appartenere ad Al Qaeda.

Dentro il recinto caraibico, senza dichiararlo e lontano dall’opinione pubblica nordamericana, gli Stati Uniti stanno scrivendo una pagina inedita, e inquietante, del diritto interno e internazionale. Il sospetto, di fatto, è equiparato a un crimine. Per l’amministrazione Bush, la ricerca delle prove, la formulazione di precisi capi d’accusa, le garanzie della difesa, e infine lo stesso rispetto dei diritti umani fondamentali, sono concetti che perdono rilevanza e quasi svaniscono di fronte all’emergenza terrorismo.

Guantamano è un caso aberrante e al momento isolato, né si conoscono tentativi o progetti d’imitazione, ma rischia comunque di fare scuola, magari indirettamente, attraverso ad esempio l’estensione ad altri paesi e diversi contesti dell’equazione “sospettato uguale pericoloso uguale criminale”.

Prendiamo la recente riunione a Bruxelles dei ministri dell’Interno europei all’indomani della strage di Madrid. Fra i progetti messi in cantiere per coordinare l’attività anti terrosimo, ce n’è uno proposto proprio dall’Italia: riguarda le espulsioni. Il ministro Pisanu ha proposto di estendere e coordinare le misure per “impedire l’ingresso nell’Unione di persone sospette” e per “l’espulsione di soggetti seriamente indiziati di attività di terrorismo, ancorché non esistano carichi probatori tali da determinare l’arresto”. Pisanu ha precisato che si tratta di “una materia giuridica estremamente complessa e di un istituto giuridico molto delicato che va usato con grandissima cautela” e ha aggiunto anche che “lo stato di diritto deve vincere con la sua forza”, ma queste belle parole rischiano di rivelarsi solo l’involucro di un pacchetto anti terrorismo basato su posizioni sbrigative, tutte proiettate verso l’estensione senza controllo dei poteri delle forze dell’ordine. La categoria del ‘sospettato’, nella tradizione e nella prassi giuridica delle democrazie liberali, è oggetto di tutele ed attenzioni, affinché l’azione delle autorità non si trasformi in arbitrio. Potremmo dire che proprio verso i sospettati di qualsiasi reato è indispensabile e vitale il rispetto di tutte le procedure di garanzia. Perciò la proposta italiana all’Unione Europea va tenuta sotto osservazione. Il pericolo è che si trasformi nella negazione di quanto scritto nelle leggi e nelle costituzioni. In nome della lotta al terrorismo, purtroppo, si stanno compiendo scempi giuridici anche nelle più solide e antiche democrazie. Nessuno è immune, come Guantanamo insegna.

Lorenzo Guadagnucci

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