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Il Pianeta degli sfollati interni: 50 milioni in tutto il mondo, il livello più alto di sempre

Alcune donne sfollate a Melka Guba, in Etiopia - © Rikka Tupaz / UN Migration Agency

Crescono i profughi costretti ad abbandonare le proprie case restando nei confini nazionali. Tra le cause principali, guerre, conflitti, disastri ambientali. L’ultimo report dell’Internal Displacement Monitoring Center fotografa la situazione globale. Dalla Siria alla Repubblica Democratica del Congo, dall’India alle Filippine. La pandemia limiterà ulteriormente l’accesso ai servizi essenziali e agli aiuti

Gli sfollati interni ai Paesi hanno superato quota 50 milioni in tutto il mondo. È il livello più alto di sempre. Lo rivela l’ultimo report annuale sugli spostamenti forzati pubblicato il 28 aprile dall’Internal Displacement Monitoring Center (IDMC), centro di ricerca situato a Ginevra, che analizza le migrazioni dovute a conflitti e disastri all’interno delle nazioni.

Durante la pandemia da Covid-19, l’IDMC sta monitorando le situazioni di maggiore vulnerabilità per fornire ai governi e alle organizzazioni umanitarie informazioni volte a prevenire la diffusione del virus tra gli Internal Displaced People (IDP), i profughi costretti ad abbandonare le loro case ma che restano nei confini della propria nazione. Secondo il report, in Siria, Yemen, Libia e Iraq, Paesi devastati da conflitti pluriennali, gli sfollati interni sono oltre 10 milioni. La prevenzione del contagio attraverso il distanziamento sociale spesso è impossibile. “La pandemia da Coronavirus comprometterà le condizioni di vita degli IDP già precarie, limitando ulteriormente l’accesso ai servizi essenziali e agli aiuti”, spiega Alexandra Bilak, direttrice del centro e membro del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite mirato allo studio e alla prevenzione degli spostamenti interni, istituito quest’anno dal segretario generale Onu António Guterres.

Secondo lo studio dell’IDMC, il 90% degli sfollati interni nel mondo (45,7 milioni) ha dovuto abbandonare la propria casa a causa di conflitti armati e violenze. “Gli IDP costituiscono la maggioranza di coloro che scappano dalle guerre, superando di gran lunga i rifugiati (che sono invece accolti all’estero, ndr) che nel 2019 erano circa 19,8 milioni”, si legge nel Global Report on Internal Displacement 2020.

Il centro di ricerca ha rilevato 6,5 milioni di profughi solo all’interno dei confini della Siria, a causa del conflitto ormai quasi decennale. Tra questi, 1,8 milioni si sono mossi nell’arco dello scorso anno in seguito alle offensive militari vicino al confine turco a Nord, nei pressi di Idlib, ultima roccaforte “ribelle”.

Il secondo Paese per numero di IDP è la Colombia, nella quale 5,5 milioni di persone hanno lasciato la propria abitazione a causa del conflitto tra il governo e le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia). Lo studio riporta che, nonostante i trattati di pace del 2016, gli sfollati interni colombiani non sono diminuiti e durante l’anno scorso ne sono stati registrati 140mila.

Il restante 10% dei profughi interni si è dovuto spostare a causa di disastri ambientali. Eventi estremi come terremoti, alluvioni, siccità e uragani, costringono 5 milioni di persone allo sfollamento. L’Afghanistan, prosegue il report, è il Paese con la maggiore quota di profughi dovuti a fattori ambientali: una terribile siccità, che si è alternata a devastanti alluvioni nel corso degli ultimi due anni, ha costretto 1,2 milioni di persone a abbandonare il proprio territorio.

L’edizione 2020 del Global Report on Internal Displacement si è focalizzata sugli strumenti per proteggere gli IDP e sugli esempi positivi di alcuni Stati. Tra questi è citato proprio l’Afghanistan, il cui governo avrebbe emesso un provvedimento nel 2018 per la distribuzione di terre e la costruzione di case per gli sfollati, collaborando con le Nazioni Unite e le Ong per sviluppare piani di tutela.

In molti altri Paesi del mondo, invece, gli IDP rimangono per diversi anni senza un’alternativa allo sfollamento. Ad Haiti, uno dei Paesi più poveri delle Americhe, 33mila persone sono ancora senza casa a distanza di dieci anni dal devastante terremoto del 10 gennaio 2010.

Il 2019 ha visto un aumento degli spostamenti forzati interni rispetto all’anno precedente: l’Internal Displacement Monitoring Center ha registrato infatti 33,4 milioni di nuovi sfollamenti durante lo scorso anno (nel 2018 sono stati 28 milioni), tra i quali 24,9 milioni (il 74,5%) dovuti a disastri ambientali e 8,5 (il 25,5%) a conflitti.

Spesso non è possibile distinguere i motivi per i quali i profughi sono costretti a lasciare la propria terra. Nell’Africa Sub-Sahariana, la regione del mondo con il maggior numero di migrazioni forzate interne, 8 milioni di persone sono state costrette nel 2019 a fuggire dalla propria casa, soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo, in Etiopia e in Somalia. In questa zona, i conflitti armati e le violenze sono esacerbati dalla povertà diffusa e dalla desertificazione. Gruppi terroristici come Boko Haram nella zona del Lago Ciad, hanno un forte potere su una popolazione privata dei mezzi di sussistenza a causa dei cambiamenti climatici.

Diversi fenomeni climatici estremi, tra i quali i due potenti uragani Idai e Kenneth, che si sono abbattuti a distanza di pochi mesi su Mozambico e Zimbabwe, hanno inoltre provocato lo sfollamento di 3,5 milioni di persone, nonché la morte di più di 600 persone.

Più di tre quarti degli sfollamenti interni per cause ambientali (19,1 milioni) del 2019 sono avvenuti in Asia meridionale. L’IDMC fa notare che la forte vulnerabilità agli eventi estremi di questa zona è dovuta alla presenza di grandi aree urbane costiere densamente popolate. “Nel 2019 l’India ha registrato il settimo anno più caldo dal 1901 e il monsone più piovoso degli ultimi 25 anni -si legge nel report- condizioni che hanno aumentato la potenza delle otto tempeste tropicali abbattutesi nel Paese nel corso dell’anno”. Queste tempeste, tra le quali il violento ciclone Fani a maggio, hanno costretto oltre 4 milioni di persone a spostarsi all’interno del Paese. Circa 12 milioni di persone sono state sfollate da cicloni, alluvioni, frane, terremoti in Cina, Bangladesh e nelle Filippine. Gran parte dei governi dell’Asia meridionale ha condotto delle evacuazioni preventive con successo, sottolinea l’IDMC, rimarcando i progressi delle misure di prevenzione del rischio e di tutela della popolazione.

Se gli Stati Uniti hanno registrato nel 2019 quasi 1 milione di sfollamenti ed evacuazioni dovuti soprattutto all’uragano Dorian e ai diversi incendi in California, in Europa è avvenuto invece solo lo 0,3% degli spostamenti globali all’interno dei Paesi (103.800). Il Paese con il più alto numero nel 2019 è stato l’Albania che, colpita da un terremoto a giugno 2019, registrava a fine anno 33mila sfollati. L’Europa occidentale, in particolare Spagna, Gran Bretagna e Francia hanno subìto incendi e alluvioni, che hanno provocato in totale circa 40mila sfollati. Lo studio sostiene che in Italia, lo scorso anno, 2.400 persone hanno dovuto abbandonare la propria casa a causa delle alluvioni.

Il nuovo rapporto evidenzia che il 95% degli sfollamenti dovuti a disastri ambientali nel 2019 è legato a eventi climatici. Uno studio del dicembre scorso dell’IDMC, identificando le alluvioni come uno dei maggiori rischi globali di sfollamento, prevede che queste potranno provocare per il 2100 circa 50 milioni di sfollati all’anno, tanto quanto gli IDP registrati attualmente sul Pianeta.

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