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Ambiente / Attualità

Inquinamento da Pfas: i comitati chiedono il riconoscimento di crimine ambientale

© Alberto Massignan

Domenica 22 aprile è prevista una grande manifestazione davanti alla Miteni di Trissino, a Vicenza, contro la contaminazione delle falde del territorio. Appuntamento che arriva un mese dopo la dichiarazione del Governo dello stato di emergenza. Il nodo delle risorse per gli interventi di ripristino

La Giornata della Terra del 22 aprile arriva proprio un mese dopo la dichiarazione da parte del Consiglio dei Ministri dello stato di emergenza, per 12 mesi, a causa della contaminazione da Pfas delle falde idriche nei territori delle Province di Vicenza, Verona e Padova. Per l’occasione a Trissino (VI), questa domenica a partire dalle ore 11.00, cittadini, comitati e movimenti No Pfas scenderanno in piazza per la mobilitazione “Difendiamo madre terra”. Una giornata di festa, denuncia e incontro tra le diverse esperienze del territorio che propongono “nuovi percorsi di civiltà e tutela dell’ambiente”, dagli organizzatori dell’iniziativa (Mamme no Pfas, Genitori attivi zone contaminate, Acqua bene comune libera dai Pfas, Rete Gas vicentina, Cillsa, Climate defense units, Medici ISDE, Medicina democratica, Legambiente e Greenpeace) a tante altre realtà delle province venete contaminate.

A unirli è oggi una denuncia comune: la Miteni -la “fabbrica dei veleni” che ha sede a Trissino, responsabile di aver inquinato la falda acquifera con le sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), prodotte fin dal 1964- “è responsabile di un crimine ambientale”, dicono gli attivisti. “È un crimine che un’azienda soggetta a normativa Seveso (sulla prevenzione dei grandi rischi industriali, ndr) produca e riversi in falda quantità incontrollate di sostanze chimiche pericolose per la salute umana e per l’ambiente come i Pfas. Ed è un crimine anche l’insufficienza di controlli sulla regolamentazione dell’uso di queste sostanze”. Per questo, i comitati vogliono costruire nei prossimi mesi la “prima giornata nazionale contro i crimini ambientali” -che dal 2016 sono riconosciuti dalla Corte penale internazionale dell’Aia come crimini contro l’umanità-, continuando a sensibilizzare sul tema nei territori inquinati, ma anche “facendo pressione sulla Procura perché acceleri le indagini e sulle amministrazioni comunali e la Regione Veneto”.

Con la delibera del 21 marzo 2018 sullo stato di emergenza, il Consiglio dei ministri ha riconosciuto l’inquinamento delle falde della media valle dell’Agno e, la “compromissione dei sistemi di risorgiva della media pianura e dei relativi corsi d’acqua” con “la contaminazione di una parte considerevole della rete idrografica” tra le province di Vicenza, Verona e Padova. Compreso “un grave pregiudizio per la salute pubblica”, con possibili “gravi ripercussioni alla popolazione”.
L’esecutivo ha messo quindi a disposizione 56.800.000 euro per l’attuazione degli interventi: 46.021.783 di questi deriverebbero dalle risorse già a disposizione per tutto il 2018 del ministero dell’Ambiente per il rifacimento della rete idrica. Una cifra che coprirebbe così quasi per intero le risorse (46.123.035 euro) che il dicastero avrebbe a disposizione per quest’anno in un capitolo che comprende “infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione”.
“Dopo anni di battaglie dei cittadini e delle associazioni, finalmente il Governo ha dato il giusto peso alla vicenda Pfas in Veneto, trasformandola con il decreto del 21 marzo in una questione nazionale”, ha commentato Rossella Muroni, ex presidente nazionale di Legambiente, appena eletta deputata per Liberi e Uguali. “Una scelta che viene fatta tuttavia con un grave ritardo e procedendo come già tante altre volte per emergenze. Occorre invece avere uno sguardo più ampio su scala nazionale e pensare a un piano complessivo di salute delle nostre acque”, aggiunge.

Intanto, a un altro ritmo rispetto a quello troppo lento della politica, c’è chi da anni continua a sensibilizzare i territori esposti all’inquinamento. “180 chilometri quadri della nostra terra sono stati deturpati da un disastro che ha compromesso -in modo silenzioso e invisibile- una delle falde acquifere più grandi d’Europa e contaminato oltre 350mila abitanti”, dice Marzia Albiero della Rete Gas Vicentina. Il risultato è che “il sangue dei nostri figli e nostro è contaminato con valori allarmanti e allevamenti e coltivazioni sono compromesse”.
La Regione Veneto sta attuando il “Piano di sorveglianza sanitaria”, che coinvolgerà 84.852 persone esposte a Pfas, residenti nei 21 Comuni dell’“area rossa”. A oggi le analisi sono state effettuate su quasi 10mila abitanti nati tra il 2002 e il 1978, e “i composti Pfascon valori sopra la soglia di rilevabilità identificati in almeno il 50% dei residenti sono quattro su dodici: i Pfoa, i Pfos, i Pfhxs e Pfna”, scrive la Regione.
Queste sostanze sono diverse catene di atomi di carbonio; così, domenica 22 aprile gli attivisti creeranno una catena simbolica attorno alla Miteni. Tra i partecipanti alla giornata ci sarà anche la cantante e attivista israelo-canadese Yael Deckelbaum, autrice della “Preghiera delle madri”: simbolo mondiale della lotta per la pace che tutte le mamme No Pfas hanno fatto proprio.

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