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Perché la discriminazione alimenta la corruzione. E approfondisce le diseguaglianze

© Jon Tyson - Unsplash

Uno studio curato da Transparency international in collaborazione con Equal rights trust evidenzia il legame perverso tra i due fenomeni che si alimentano a vicenda. E che si traduce in particolari forme di esclusione che servono a lasciare indietro determinati gruppi come le donne, le comunità indigene o quella LGBTQ

Il 12 gennaio 2018, Fedor, un uomo omosessuale che vive in Russia, organizza tramite un’app di incontri un appuntamento con Ivan. Una volta arrivato nell’appartamento, però, trova ad aspettarlo diversi poliziotti che, dopo averlo picchiato, minacciano di accusarlo di aver rapporti sessuali con minorenni. Fedor prova a difendersi, dichiarando che Ivan aveva segnalato di avere più di 18 anni sull’app di incontri. I funzionari non lo ascoltano, lo portano in caserma e gli chiedono una tangente di 500mila rubli (circa 5.700 euro). Fedor paga parte della richiesta e un mese dopo denuncia l’accaduto alle autorità competenti. Ma nessun procedimento penale viene attivato.

“Nei Paesi in cui i rapporti omosessuali sono criminalizzati, le comunità LGBTQI+ sono maggiormente esposte a forme estorsive di corruzione”, denuncia uno studio curato da Transparency international in collaborazione con Equal rights trust che ha analizzato le interconnessioni tra i fenomeni corruttivi e le discriminazioni sistematiche -sulla base di razza, etnia, età, sesso, orientamento sessuale- che si verificano nei confronti di singoli individui o minoranze. Uno studio innovativo per i due centri di ricerca internazionali, basato su una serie di consultazioni svolte nel corso del 2020 con organizzazioni (internazionali e di base) che rappresentano gruppi e individui a rischio discriminazione: dalla comunità nera nel Regno Unito alle donne in Madagascar, dai giovani in Papua Nuova Guinea ai gruppi indigeni in Guatemala.

“Sulla base delle informazioni raccolte dalla letteratura sul tema e attraverso le interviste, abbiamo trovato forti indicazioni di un legame causale diretto tra discriminazione e la corruzione che si traduce in particolari forme di esclusione che servono a lasciare indietro certi gruppi”, spiegano i ricercatori. La discriminazione permette e alimenta la corruzione, creando un circolo vizioso che approfondisce ulteriormente le diseguaglianze già presenti nella società. “È uno studio che arriva in un momento delicato -spiegano i ricercatori- mancano meno di dieci anni alla “scadenza” degli obiettivi previsti dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile. Obiettivi che mirano a “non lasciare nessuno indietro” ma la corruzione e la discriminazione, come dimostra questo dossier, sono enormi barriere che ostacolano la costruzione di un futuro equo e inclusivo”.

I due fenomeni, solitamente analizzati separatamente, sono accomunati dal mezzo attraverso cui si realizzano. L’abuso di potere. Tutto ruota attorno alla quantità di “potere delegato” che possiede chi, con le sue azioni, corrompe o discrimina l’altro. “Questo studio -si legge nel report- non può essere esaustivo. Quel che, però, emerge dalle testimonianze degli intervistati è che corruzione e discriminazione si rafforzano a vicenda: una causa, permette o esaspera gli effetti dell’altra”. Tendenzialmente, infatti, questi fenomeni creano e ripetono le ingiustizie strutturali già esistenti nella società. “Gli squilibri esistenti in termini di potere economico e politico portano ad esporre molto di più i gruppi già marginalizzati a fenomeni corruttivi a causa della loro condizione di partenza a cui si aggiunge una minor possibilità di far sentire la loro voce”.

Vi sono poi forme di corruzione intrinsecamente discriminatorie. Il report fa riferimento al sextortion ovvero quella forma di estorsione basata sul “pagamento” tramite rapporti sessuali che, nonostante sia spesso invisibile, colpisce in modo sproporzionato donne e ragazze così come alcuni gruppi di persone LGBTQI+. Diversi esempi sono riportati nello studio. Tra questi, la vicenda di un’agente di polizia, 38 anni, che lavora in Antananarivo, in Madagascar. La donna ha dichiarato che per raggiungere la sua posizione lavorativa che attualmente ricopre ha dovuto soddisfare numerose richieste di prestazioni sessuali avanzate da suoi superiori. La prima volta ha tentato di resistere, ma è stata minacciata di essere trasferita in una zona remota del Paese; successivamente è stata obbligata dal suo futuro marito ad avere, per due anni, rapporti per assicurarsi un lavoro dignitoso. “Tutti sanno del fenomeno della corruzione sessuale nelle forze di polizia, ma nessuna vuole denunciare perché è molto pericoloso”. Un esempio chiaro di come -secondo i ricercatori- non solo le persone sono vittime di estorsione ma incontrano forti barriere anche nel denunciare i reati di cui sono stati vittime.

Il loro essere discriminati li porta ad essere meno “creduti” da parte delle autorità e quindi ad aver più paura a denunciare. Una minore possibilità di accesso alla giustizia che è presente in tutti i casi approfonditi dal documento. “Anche quando il comportamento corrotto del funzionario viene alla luce è probabile che questo abbia meno da temere se ha preso di mira solo individui appartenenti a gruppi emarginati. Sfruttare questi gruppi può essere socialmente più accettabile e qualsiasi sanzione imposta è di conseguenza meno severa”.

Un esempio lampante del legame tra corruzione, razzismo e discriminazione è quello degli Xinxa, una popolazione indigena che vive nel Sud-Est del Guatemala fortemente discriminata. Nel 2013 a seguito dell’assegnazione a un’azienda privata, la Minera San Rafael, di una licenza per l’estrazione nelle miniere di quella zona senza aver consultato gli abitanti di quelle terre le comunità indigene hanno avviato una serie di proteste. Nel 2017 hanno presentato una denuncia e nell’anno successivo la Corte costituzionale guatemalese ha sospeso la licenza alla società, dando ragione agli Xinxa: ma il procedimento attraverso cui si è arrivata a questa decisione dimostra la difficoltà di denunciare situazioni simili per chi vive una condizione di discriminazione. “Questa licenza è nata sotto il vizio della corruzione -spiega Benito, leader degli Xinka di Santa Rosa-. La compagnia ha richiesto l’assegnazione tramite i canali appropriati ma non ha menzionato l’esistenza della nostra popolazione sul territorio interessato. Anche il governo, dal canto suo, ha garantito solo i diritti di estrazione senza tenerci in considerazione. C’è corruzione e anche discriminazione. Le istituzioni funzionano così: dipende chi è che reclama i suoi diritti. Nel caso delle mine abbiamo visto come l’intero sistema dei ministeri, in collaborazione con la provincia di San Rafael, ha lavorato per far sì che la licenza fosse assegnata”.

I ricercatori sottolineano come gli Stati debbano intervenire su questi due fenomeni, corruzione e discriminazione, che alimentano le diseguaglianze, con uno sguardo di insieme. “Le storie che abbiamo analizzato -si legge nel report- trasmettono un messaggio potente: la corruzione può essere discriminatoria e la discriminazione può essere corrotta”. Per questo motivo le autorità devono “migliorare e rafforzare i quadri normativi di riferimento e adottare misure mirate per affrontare i problemi specifici che nascono quando questi fenomeni interagiscono”. Ma non solo: “È fondamentale ascoltare la voce di chi, discriminato, ha fatto esperienza di corruzione e delle soluzioni che propone. Ascoltarle queste voci è essenziale per far sì che questi fenomeni non vanifichino i tentativi di “non lasciare nessuno indietro”.

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