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Patagonia, approvate le dighe dello scandalo

La Commissione ambientale della regione dell’Aysen ha approvato con undici voti a favore e uno contrario il progetto che prevede la costruzione di cinque mega dighe sui fiumi Pascua e Baker, nella Patagonia cilena. Una volta realizzati gli sbarramenti, saranno…

La Commissione ambientale della regione dell’Aysen ha approvato con undici voti a favore e uno contrario il progetto che prevede la costruzione di cinque mega dighe sui fiumi Pascua e Baker, nella Patagonia cilena. Una volta realizzati gli sbarramenti, saranno sommersi ben 5.600 ettari di un raro ecosistema forestale, con impatti socio-ambientali enormi per una delle aree di maggior pregio naturalistico del Pianeta.

La Campagna italiana Patagonia senza dighe accoglie con enorme delusione la decisione delle autorità cilene, e chiede all’Enel, capofila tramite la sua controllata Endesa del consorzio costruttore delle dighe HidroAysen, di ritirarsi dal progetto, che è anche reso possibile dalla normativa sull’utilizzo delle risorse idriche approvata nel 1980 sotto il regime di Augusto Pinochet.  

L’energia prodotta dagli impianti idroelettrici, per un totale di 2.750 megawatt, sarà poi trasportata a ben 2.300 chilometri di distanza, verso Santiago del Cile e il suo distretto industriale, tramite una linea di trasmissione composta da 6mila torri alte 70 metri che attraverserà nove regioni, sei parchi nazionali e 67 comuni e che nei prossimi mesi dovrà passare il vaglio delle competenti autorità ambientali.

In un recente sondaggio d’opinione, il 61% degli intervistati si è espresso contro il progetto, nonostante il considerevole battage pubblicitario messo in piedi negli ultimi mesi dal consorzio Hidroaysen. L’opposizione delle comunità locali è destinata a crescere soprattutto allorché si esaminerà la pratica della linea di trasmissione, che come visto attraverserà metà Paese.

“Adesso vedremo come agirà l’Hidroaysen, dal momento che iniziare a costruire le dighe senza l’approvazione della seconda parte del progetto, quella sulla linea di trasmissione, potrebbe essere molto rischioso -ha dichiarato Giulia Franchi della Crbm, una delle realtà promotrici della Campagna Patagonia senza dighe-. Ci auguriamo che l’Enel riconsideri la sua partecipazione all’opera, anche come richiestogli dagli attivisti cileni che sono intervenuti durante l’ultima assemblea degli azionisti della compagnia, tenutasi lo scorso 29 aprile” ha concluso la Franchi.

Per maggiori informazioni: www.patagoniasenzadighe.org

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