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Ambiente / Approfondimento

Il progetto dei cittadini di Padova per salvare il parco del Basso Isonzo

Gli abitanti vogliono rendere parco agricolo una delle principali aree verdi della città. Partendo con un crowdfunding per acquistare gli ettari a rischio lottizzazione. L’obiettivo è avviare nuove politiche urbane valorizzando il ruolo dell’agricoltura

Tratto da Altreconomia 230 — Ottobre 2020
In tanti cittadini si sono trovati lo scorso luglio in assemblea per fermare la lottizzazione dei terreni di IRA e chiedere la costituzione del parco agricolo. A ottobre è prevista una nuova assemblea © Sergio Lironi

Nel quartiere Sacra famiglia, lungo il confine Sud-Ovest della città di Padova racchiuso dalle sponde del fiume Bacchiglione, si può camminare immersi nel verde del parco del Basso Isonzo, dimenticando il cemento che domina la città. Molte persone l’hanno fatto durante la sosta forzata dal Covid-19, mostrando quello che potrebbe essere il futuro di questi terreni limitrofi, di proprietà pubblica e privata: “La valorizzazione di aree coltivate che nutrono la città e percorsi attraversabili dagli abitanti”, come dice Matteo Sandon. Nel giro di un solo chilometro e mezzo, infatti, s’incontrano già due aziende agricole biologiche -Terre del Fiume e Terre Prossime-, la cooperativa sociale Coislha che pure si occupa di agricoltura naturale e i parchi comunali dei Girasoli e degli Ulivi. Ha radici profonde la storia del parco del Basso Isonzo, che i cittadini stanno provando a trasformare da anni in parco agricolo. Come spiega Sergio Lironi, architetto e fondatore di Legambiente Padova, è del 1985 il primo studio che il Comune di Padova fece sul territorio periurbano per costruire l’ipotesi di una rete ecologica che circondasse la città. “Poi abbiamo iniziato a ragionare sull’idea di un parco rurale con il desiderio di valorizzare il ruolo ecologico dell’agricoltura e alcune filiere, come quella del pane e degli ortaggi, che possano nutrire la città”, dice. Ma negli anni 2000 “ha vinto la tesi della perequazione urbanistica” per cui i proprietari dei terreni potevano realizzare delle cubature in cambio della cessione del 75% delle aree al Comune. “Si è persa allora la visione unitaria del parco”, osserva Lironi.

3 milioni di euro è il valore dei terreni di IRA che gli abitanti vorrebbero acquistare

Ed è iniziata quella che Viviana Ferrario, docente di Geografia all’Università Iuav di Venezia, chiama “una storia stratificata, fatta di previsioni urbanistiche disattese e attese edilizie, con molti attori che hanno differenti visioni del paesaggio”. Una sorta di “parco dai sentieri interrotti” in cui “manca ancora una chiara  visione condivisa d’insieme”. Tra i proprietari dei terreni del parco del Basso Isonzo c’è AltaVita-Istituzioni Riunite di Assistenza (IRA) di Padova, istituzione pubblica di assistenza agli anziani che, grazie alla perequazione, sui suoi 3,7 ettari sembra intenzionata a costruire dieci condomini da dieci appartamenti l’uno. Tuttavia, l’istituto finora non è riuscito a iniziare i lavori e ha cercato ripetutamente di vendere l’area all’asta, senza successo. “Un giorno della scorsa estate è arrivata una email di un cittadino che raccontava di aver sentito da un contadino che questo sarebbe stato l’ultimo anno di semina perché l’IRA avrebbe presto avviato i lavori di costruzione delle dieci palazzine”. La Consulta del quartiere Sacra famiglia ha scoperto così le intenzioni di IRA sul terreno del Parco, racconta la presidente Mila Masciadri. La Consulta è una forma di rappresentanza dei cittadini introdotta dall’amministrazione padovana nel 2018, che ha poteri consultivi ed è nominata dal Consiglio comunale. “Quando gli abitanti ci segnalano una situazione, avviamo un dialogo con la parte politica e lavoriamo per trovare delle soluzioni”, spiega Masciadri.

“Occorre sostenere la consapevolezza e il dialogo tra gli abitanti e avviare politiche agricole e urbane diverse, non più sconnesse le une dalle altre” – Viviana Ferrario

Ed è andata così anche nel caso del parco del Basso Isonzo: “Le persone mi fermavano per strada per chiedere informazioni sulle intenzioni di IRA. Nel luglio 2020 abbiamo convocato un’assemblea pubblica, coinvolgendo anche l’amministrazione, per spiegare la situazione. La partecipazione è stata forte e ora il tema del parco agricolo ha l’attenzione dell’intera città”. Davanti alle pressioni degli abitanti, nell’agosto 2020 il Comune ha prorogato fino all’aprile 2022 il permesso di costruire di IRA con l’accordo di approfondire nel frattempo ipotesi alternative. Dopo nove aste pubbliche deserte, il terreno vale oggi circa tre milioni di euro: l’obiettivo degli abitanti è riuscire ad avviare nel mese di ottobre un ambizioso crowdfunding per acquistarlo e fondare il comitato verso la costruzione del parco agricolo. “Occorre continuare a far pressione su due fronti paralleli ed entrambi fondamentali: la costituzione formale del primo parco agricolo cittadino attraverso l’istituzione di un comitato di scopo e l’acquisto del terreno di IRA con una sottoscrizione popolare”, sottolinea Masciadri.

Con 785 ettari in più (+0,36% rispetto al 2018), il Veneto è la prima Regione italiana per incremento nel consumo di suolo nel 2019 -come si legge nell’edizione 2020 del Rapporto sul consumo di suolo dell’ISPRA- e con la più alta densità di consumo di suolo (4,28 metri quadrati per ettaro). Dati fondamentali da raccogliere e conoscere, secondo Massimo De Marchi -docente di Agroecologia all’Università di Padova- ma che “misurano i cadaveri del suolo, mentre quel che dovremmo fare è intercettare i killer, prevenire”. La responsabile, in questa storia, è una Convenzione urbanistica del 2009 e “solo la crisi del mercato immobiliare ha fatto sì che quel terreno non sia già stato cementificato”. Secondo De Marchi la perequazione risponde a “una logica di scambio non dissimile dalla deforestazione dell’Amazzonia a favore di interessi economici, che favorisce la distruzione di beni primari insostituibili”. E se possiamo leggere le delibere del Comune, “non esiste invece un monitoraggio che aiuti i cittadini a visualizzare dove e quando cambierà l’uso del suolo: per salvaguardarlo occorre creare un osservatorio permanente che renda trasparenti le operazioni dei Comuni”. Così si potrebbero salvaguardare anche le aree coltivabili, fondamentali per lo sviluppo del parco agricolo del Basso Isonzo. L’agricoltura, infatti, è lo strumento con cui fare rete tra le diverse terre del Parco, spiega Sergio Lironi. “Il parco agricolo è un’istituzione prevista dalla legge sul consumo di suolo del Veneto, la 14/2017 e quello del Basso Isonzo sarebbe una sperimentazione perfetta per mostrare come l’agricoltura urbana e periurbana fa incontrare gli interessi di produttori e consumatori, recuperando la tradizionale vocazione agricola ma innovando sul piano tecnologico e produttivo”.

4,28 metri quadrati per ettaro è la densità di consumo di suolo nella Regione Veneto

“Queste siepi le abbiamo messe a dimora nel 2016 con il crowdfunding ‘Un seme per il parco agricolo del Basso Isonzo’”, racconta Matteo Sandon camminando tra i campi e lo spaccio dell’azienda Terre del Fiume (leterredelfiume.it). Valentina e Moreno hanno preso questi terreni impoveriti dall’agricoltura intensiva nel 2003 e li hanno rigenerati con pazienza. Oggi li aiutano in campo anche alcuni richiedenti asilo e l’azienda cresce con nuove terre da coltivare sulle sponde del Bacchiglione. “C’è una crescente conoscenza dei processi di produzione e non siamo più disposti ad accettare senza domande che il cibo arrivi sulle nostre tavole da molto lontano”, osserva Ferrario. “Il carattere agrourbano del Veneto centrale moltiplica il presidio territoriale. L’area del Basso Isonzo è un frammento agrourbano in città: occorre quindi sostenere la consapevolezza e il dialogo tra gli abitanti e avviare politiche agricole e urbane diverse e non più sconnesse le une dalle altre. In questo senso l’università ha un ruolo centrale nell’offrire letture non convenzionali”. Un’esigenza ancora più forte dopo la pandemia: “Siamo sempre più convinti che quello di un parco agricolo che possa nutrire la città sia un progetto da perseguire”, sottolinea Sandon. A metà settembre 2020, il dialogo con il Comune è aperto e la speranza è che, se il crowdfunding avrà successo, la creazione del parco agricolo del Basso Isonzo diventi un modello ripetibile verso la concretizzazione del più ampio parco agropaesaggistico metropolitano di Padova.

La petizione per il Parco Agricolo del Basso Isonzo a Padova

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