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Economia / Attualità

Come cambiano i pagamenti, l’alternativa ai colossi dei circuiti

L’Unione Europea ha reso più agevole e conveniente scambiarsi denaro via smartphone. Un modo per rompere l’oligopolio di Mastercard e VISA. Un mercato che solo negli Stati Uniti vale 4.300 miliardi di dollari

Tratto da Altreconomia 197 — Ottobre 2017
L’interfaccia di “Satispay”. In Italia nel 2016 i pagamenti digitali con carta di credito hanno raggiunto quota 190 miliardi di euro (+9% rispetti al 2015) - © Elaborazione grafica a cura di Altreconomia

La rivoluzione internazionale dei pagamenti passa anche da un piccolo gruppo di acquisto solidale del Nord Italia. Alla “Comunità della Sporta” di Lecco, infatti, stanno crescendo i gasisti-soci che ritirano l’ordine pagando con Satispay, una app installata sullo smartphone. Il meccanismo è semplice e l’unica condizione è avere un conto corrente. Scaricata l’app, ci si iscrive inviando nome, cognome, codice Iban, codice fiscale e una copia dei documenti di identità. Senza stampare un foglio di carta. Dopo qualche giorno di attesa per la verifica delle coordinate e l’attivazione del profilo, si può disporre di un budget settimanale che è collegato al conto corrente. Tra privati ci si scambia denaro gratuitamente e il “borsellino” si aggiorna settimanalmente. Tra cliente ed esercente, invece, per importi superiori a 10 euro è prevista una commissione fissa di 20 centesimi. Ma il totale è incassato più in fretta, il giorno seguente. In questo modo le transazioni non viaggiano più attraverso i circuiti di pagamento tradizionali e non c’è carta di credito o bancomat da strisciare nel Pos. Sono solo operazioni interbancarie autorizzate e vigilate -la App è gestita da un Istituto di moneta elettronica (Imel), riconosciuto e autorizzato da Banca d’Italia-, rese agevoli e convenienti dall’Unione europea per rompere il mercato oligopolistico nelle mani dei colossi statunitensi come VISA e MasterCard. “I costi fissi a carico del Gas sono crollati”, spiega il presidente Stefano Rota. Si è annotato qualche dato sul 2017. Su 50mila euro di spesa versati da gennaio ed incassati con il Pos, tra commissioni, provvigioni e canone mensile dell’apparecchio, sono rimasti per strada quasi 500 euro (quasi l’1%). Attraverso la App di pagamento elettronico, invece, sono transitati 25mila euro, di cui 55 andati in commissioni (lo 0,22%). Confrontando i due sistemi, il risultato è chiarissimo: il sistema del Pos e delle tradizionali carte di pagamento costa cinque volte tanto.

L’interesse dell’economia solidale per una strada alternativa ai circuiti tradizionali -rappresentata anche da Satispay- non è limitato però alla sola convenienza. Lo sa bene Alessandro Messina, direttore generale di Banca Etica. L’istituto di credito ha partecipato -tra gli altri- con Banca Sella e Iccrea Banca all’ultimo aumento di capitale della app chiuso a inizio settembre. “Banca Etica ha speso tantissima attenzione nell’informare i propri correntisti dell’utilizzo del denaro e della destinazione finanziamenti”. Ora però è tempo di porsi un’altra domanda. “Quando non lo utilizziamo per finanziamenti -riflette Messina- questo denaro dove va? Quali sono gli intermediari?”. È una domanda che numeri spaventosi rendono ineludibile: “Ogni anno -spiega Messina- Banca Etica movimenta denaro attraverso i sistemi di pagamento per circa 2,5 volte ciò che muove con i finanziamenti, al lordo dei fidi rientrati”. Il movimento, quindi, è importante tanto quanto la destinazione. E oggi, in tema di circuiti, questo “pezzo” di filiera del denaro è appannaggio di due multinazionali statunitensi: VISA e MasterCard. Solo negli Stati Uniti, i due hanno gestito oltre 4.300 miliardi di dollari di pagamenti. “Alla base di queste riflessioni e di questa attenzione della finanza etica -spiega Messina- c’è l’esigenza di costruirsi un minimo di indipendenza, di autonomia delle scelte, di capacità di poter selezionare i circuiti e avere delle alternative. Ecco, le nuove tecnologie offrono questa opportunità e questa libertà. La forza di Satispay è aver intuito che si potevano saltare le piattaforme delle carte di credito”. A differenza di Apple Pay, non si basa su quel pezzo di plastica che comporta costi per chi ce l’ha e per chi riceve il pagamento. “La peculiarità dell’economia solidale è quella di un’economia locale, associativa -riflette Messina-. Strumenti come questi risultano calzanti perché richiedono bassi investimenti, nessun canone fisso e commissioni molto più basse. Da un punto di vista strategico questi strumenti possono diventare un grande volano per costruire reti di economia solidale in cui il digitale diventa il collante”.

“È sulle alternative al contante che si gioca il futuro dei grandi volumi di transazione, dal commercio via web alle micro-transazioni commerciali” (Alessandro Messina, Banca Etica)

La crescita della start-up italiana Satispay è impetuosa. Attiva sul mercato dal gennaio 2015, ha investito i primi due anni per la costruzione dell’architettura tecnologica e societaria. Ora è pronta per “schiacciare l’acceleratore”, come spiega Alberto Dalmasso, co-fondatore e amministratore delegato del gruppo. Dai 330mila download dell’App, gli oltre 175mila utenti attivi che quotidianamente si scambiano denaro e spendono tramite il suo borsellino elettronico, e i 19mila esercizi commerciali convenzionati in tutta Italia (in crescita di circa 70 nuovi al giorno), l’obiettivo dichiarato è raggiungere 1 milione di utenti attivi e 100mila esercenti nell’arco dei prossimi 12 mesi. I tempi sono stretti e i contendenti numerosi. A partire dai “player” delle carte di pagamento, attivi in un mercato ancora oggi segnato dal dominio del contante. Nel 2015 -dati Banca d’Italia- le operazioni pro capite “non cash” in Italia sono state 87 contro le 202 dell’area euro. Lo scorso anno, però, i pagamenti digitali con carta in Italia censiti dall’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano sarebbero cresciuti del 9%, raggiungendo quota 190 miliardi di euro.

Tra chi monitora attentamente le abitudini di pagamento c’è anche l’Istituto centrale delle banche popolari italiane (Icbpi), proprietario della quasi totalità delle azioni di CartaSì Spa. Nel 2016, quest’ultima ha gestito qualcosa come 15,4 milioni di carte -comprese quelle del consumatore-correntista più “critico” o consapevole- e oltre 2,6 miliardi di transazioni. Ogni operazione su carta, perciò, arricchisce quindi i circuiti, la società produttrice della carta e i suoi proprietari. Tra chi ha investito in Icbpi, ad esempio, c’è il gestore di fondi private equity Clessindra, detenuto interamente dall’Italmobiliare del gruppo Pesenti (Italcementi).

La stessa attenzione va posta per il Consorzio BANCOMAT, che governa i circuiti di pagamento “BANCOMAT” e “PagoBANCOMAT”. Nel giugno 2017 l’assemblea straordinaria ha deciso di trasformare il consorzio in società per azioni. Azionisti di riferimento: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Iccrea, Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e UBI. Questo mondo è scavalcato dai servizi di scambio fondi tra privati (P2P), i quali occupano una fascia rimasta fino ad oggi scoperta, o coperta solamente dal contante -con tutti i rischi legati alla mancata tracciabilità delle operazioni-. Nel 2016 (dati del Politecnico di Milano) l’ammontare complessivo nel nostro Paese avrebbe raggiunto 20 milioni di euro. Le transazioni medie registrate ad esempio dalla start-up di Dalmasso viaggiano intorno ai 16,5 euro, quelle con carta sui 65 euro. “Siamo il contante nel telefono”, sintetizza bene il 33enne. Una modalità che potrebbe ricordare UBER come approccio. Ma con una “sostanziale differenza”: il servizio è perfettamente legale. Dalmasso si riferisce in particolare alle direttive europee sui servizi di pagamento (Payment Services Directive, PSD). La più recente è la “PSD 2” -2015/2366- che riguarda i pagamenti al dettaglio e dovrebbe essere recepita da ogni Stato membro entro il 2017.

E il mercato sta rispondendo, con approcci differenti. L’istituto proprietario di CartaSì ha lanciato “ZAC”, la app per i pagamenti P2P basati sul trasferimento di denaro tra due soggetti titolari di un conto corrente o di una carta conto. Il Gruppo SIA -dove Unicredit e Intesa Sanpaolo sono tra i principali azionisti- ha lanciato “Jiffy”, limitato alle banche “aderenti al servizio”. A marzo erano 23 e gli utenti già 4,2 milioni. Anche il finanziere Matteo Arpe ha investito nel settore dando vita a “Tinaba”. Con il veicolo lussemburghese Arepo Ti Sarl ne detiene il 100% delle azioni. A differenza di Satispay, però, “Tinaba” impone ai propri clienti (sono 12mila quelli annunciati al settembre 2017) ed esercenti di appoggiarsi alla banca che ne è partner esclusiva (tradotto: aprire un conto corrente): Banca Profilo, controllata di fatto dalla Sator Investments Sarl, sempre lussemburghese e sempre riconducibile al portafoglio del finanziere milanese.

Il finanziere milanese Matteo Arpe. Ha lanciato recentemente la app di pagamenti “Tinaba” - © https://www.flickr.com/photos
Il finanziere milanese Matteo Arpe. Ha lanciato recentemente la app di pagamenti “Tinaba” – © https://www.flickr.com/photos

L’interesse è così forte perché -come spiega il direttore generale di Banca Etica- è “sulle alternative al contante che si gioca il futuro dei grandi volumi di transazione, dal commercio via web alle micro-transazioni commerciali”. E sono alternative che già oggi permettono alla banca o chi per essa, ad esempio, di conoscere sempre di più il cliente, fonte di cruciali informazioni sui propri comportamenti in base ai flussi monetari. Messina torna perciò sul punto della libera concorrenza e dell’equità di condizioni di accesso a una infrastruttura di mercato “sempre più indispensabile e sempre meno controllata”. E non è un caso che il 30 novembre e il primo dicembre di quest’anno, il Servizio supervisione mercati e sistema dei pagamenti di Banca d’Italia abbia messo in agenda, in collaborazione con la Banca centrale europea, un convegno dedicato alla “trasformazione digitale nell’ecosistema dei pagamenti al dettaglio”.

2,3 miliardi di euro il fatturato dichiarato in Europa da Mastercard Europe SA

“A livello globale , europeo e anche italiano -spiega Messina- assistiamo a una sempre maggiore concentrazione del governo delle piattaforme di pagamento, e al controllo dei loro costi -da VISA a MasterCard-. Questo pone implicazioni significative per la finanza etica e i connessi rischi di esclusione finanziaria, come e più di quanto accada con il credito”.

In Italia i due circuiti hanno una fisionomia particolare. VISA ha una forma duplice: da un lato c’è la Visa Europe Management Services Limited, formalmente “inattiva”, senza un bilancio depositato in Camera di Commercio e come oggetto sociale la “conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari”. E poi c’è la Visa Europe Services Inc, attiva nel “raccogliere informazioni sul mercato italiano”. Nessun bilancio, anche in questo caso. In Piazza del Popolo a Roma e ai Bastioni di Porta Nuova a Milano sorgono invece le due sedi della Mastercard Europe SA, costituita a Waterloo. La capogruppo ha dichiarato in Belgio un fatturato di 2,3 miliardi di euro. In Italia la succursale conta 95 dipendenti. La sua attività principale è la “conduzione di campagne marketing e studi di promozione pubblicitaria di sistemi di pagamento”.

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