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Ostaggi delle zanzare – Ae 75

Sulle colline del Monferrato casalese, in Piemonte, le Ochlerotatus caspius le misurano in tonnellate. Quasi tutti i rimedi per contrastarle si sono rivelati inutili, il turismo è ko, gli autoctoni tappati in casa. La colpa? Provate a guardare ai nostri…

Tratto da Altreconomia 75 — Agosto 2006

Sulle colline del Monferrato casalese, in Piemonte, le Ochlerotatus caspius le misurano in tonnellate. Quasi tutti i rimedi per contrastarle si sono rivelati inutili, il turismo è ko, gli autoctoni tappati in casa. La colpa? Provate a guardare ai nostri campi…


“Se pensi di essere troppo piccolo per disturbare i potenti vuol dire che non hai mai dormito con una zanzara”. Un detto certamente incoraggiante per un attivista lillipuziano ma che suonerebbe beffardo agli abitanti del Monferrato casalese. Sulle belle colline verdi di boschi e vigneti la presenza delle zanzare si calcola in tonnellate. Vengono dalle risaie situate a Nord-Est; quelle della specie ormai prevalente in zona, la Ochlerotatus caspius, in favore di vento si spostano anche di 30 chilometri.

Sono oltre 40 i comuni del Monferrato casalese, a cavallo fra tre province, raggruppati da un decennio nell’Accordo programmatico per la lotta biologica e integrata alla zanzara. Come sia in zona la qualità della vita nei mesi estivi lo spiega Riccardo Revello, assessore all’Ambiente del Comune di Casale: “Non solo sono congelate le attività economiche come il turismo e il suo indotto, in un territorio che ne avrebbe un’alta vocazione; ma è sacrificata l’estate degli autoctoni: tappati in casa dietro soffocanti zanzariere. È il coprifuoco dal 20 giugno ai primi di agosto”. Non per niente diverse città piemontesi e lombarde nelle aree risicole o limitrofe, durante le feste all’aperto e le sagre irrorano il cielo di piretroidi di sintesi (il Comune di Casale si rifiuta, limitandosi al trattamento preventivo biologico antilarve). Che fanno i cittadini? Gerani e basilico alle finestre? Cremina all’acetosella sulla pelle? Non dove le zanzare sono più numerose dei fili d’erba. Adottare pipistrelli? “Ci vorrebbe un cielo nero delle loro ali per sortire qualche piccolo effetto”, ride Revello. Non parliamo nemmeno dei poveri animali dell’area; per loro le punture di zanzara si aggiungono a quelle di tafani e altri insistenti parassiti.

Dirà chi mangia riso ma non vive là: è la croce di quei poveretti, non ci si può far niente, c’è il riso; e in fondo è una piccola area d’Italia. Doppio errore. Intanto, sottolinea l’assessore, “il fenomeno non è limitato al casalese, né alla zona delle risaie che comunque nella Pianura Padana coprono 200 mila ettari. A Milano le zanzare sono già molte, fanno la disinfestazione nei navigli, l’anno scorso il telecronista della partita Milan-Roma ha dovuto smettere causa punture. A Torino arriveranno presto.

E le ho trovate in montagna in Val Tournanche a quasi duemila metri. In generale si prevede che di questo passo ogni anno la quantità di zanzare raddoppierà. E con il riscaldamento climatico ci popoliamo di specie tropicali, e fra un po’ potrebbe tornare la malaria”. Già, accanto alla Ochlerotatus caspius, l’Anopheles è già presente in zona e solo l’assenza di un serbatoio di persone ammalate impedisce al temibile plasmodium di operare. Presto, insomma, non sarà solo la zanzara tigre a costituire un problema di sanità pubblica.

I Comuni dell’alleanza casalese-monferrina si danno da fare più di tutti in Italia. Gestiscono da anni l’unico progetto organizzato che tratta anche nelle risaie. Escludendo il napalm e il Ddt le hanno provate tutte: hanno studiato le esperienze straniere, hanno rapporti con i maggiori scienziati internazionali, sono seguiti dall’entomologo Romeo Bollini. I loro elicotteri spargono a piene eliche il Bacillus thuringiensis israelensis (Bti). Innocuo per gli umani e gli altri esseri ma mortale per le larve di zanzara. Sono trattati anche i laghetti e gli stagni delle colline, i tombini e i fossi (là i veleni presenti annienterebbero il povero bacillo e dunque si procede con una sostanza di sintesi usata anche nelle paludi della francese Camargue). Costoso, spargere il Bti -il programma nel casalese costa 5 milioni di euro pagati in gran parte dalla regione Piemonte- ma fa fuori ben il 92% delle larve. All’estero basta, come contenimento; in pianura Padana molto meno. Perché?

Intanto, visto che la Ochlerotatus caspius viaggia molto, una cintura sanitaria basata sul Bti è utile solo se si estende su un raggio di 20 chilometri: “Ma le prime risaie della Lomellina, in territorio lombardo, sono a cinque chilometri” dice Andrea Mosca, responsabile tecnico scientifico del progetto. E là le larve se la spassano “perché la regione Lombardia non ha mai trattato nelle risaie, mai mai mai” insiste l’assessore Revello, che chiede da tempo “un coordinamento interregionale e nazionale, una regia unica come abbiamo visto operare efficacemente in altri Paesi”.

Ma nemmeno spendere i 60 milioni di euro necessari per un intervento a copertura totale nelle due regioni basterebbe. Il problema è il riso. Non coltivarlo più? Basterebbe coltivarlo altrimenti, un altro riso è possibile. Intanto la Ochlerotatus depone le uova all’asciutto e quindi non sopravviverebbe come specie se le risaie fossero perennemente allagate in mezzo metro d’acqua come al tempo delle mondine chine a togliere le erbe infestanti; adesso invece di acqua se ne tengono poche dita per poter diserbare chimicamente. Ma non basta: ultimamente i risicoltori, alla ricerca del massimo rendimento, hanno aumentato le “asciutte”. No, non sono le colture senz’acqua (un metodo sperimentato con successo dall’Ente nazionale risi) anzi sono un continuo tira e molla idrico realizzato senza preavviso dei proprietari che tolgono l’acqua troppo scaldata e la reimmettono subito fresca, e così via. L’immissione del Bti non sopporta più di 3, massimo 4 asciutte, adesso a stagione estiva sono diventate 8 o 9: gli elicotteri non ce la fanno a star dietro ai metodi colturali. Sono una nicchia i risicoltori etici -soprattutto biologici e biodinamici- che cercano di dare una mano;

gli altri boicottano, brontolano, minacciano, negano e comunque non contribuiscono con una lira al trattamento delle zanzare, effetto collaterale della loro attività.

Cosa chiedono i nostri eroi casalesi? “Che per legge i metodi colturali -asciutte comprese- siano controllati, come avviene altrove”. Perdite economiche insostenibili per i risicoltori? No, l’Ente risi ha calcolato una diminuzione del 10%; meno di quel che costerebbe un intervento larvicida totale. Poi c’è la gambusia, piccolissimo pesce che stermina tutte le larve che gli capitano a tiro; una volta messo in acqua fa tutto da sé, senza costare nulla.

“È vietato introdurla perché è una specie tropicale, benché da decenni faccia parte dell’ittiofauna di diverse regioni italiane. Certo potrebbe porre un grosso problema per le larve dei pesci del Po, visto che le acque delle risaie da lì vengono e lì tornano. Ma le regioni potrebbero ovviare con interventi strutturali. Basta la volontà”, concludono assessore e tecnico.



A spasso con il bacillo

Andrea Mosca e Luca Balbo sono i coordinatori tecnico-scientifici del “Progetto di lotta biologica e integrata alle zanzare del Monferrato casalese”, l’unico in Italia a condurre la lotta biologica anche dentro le risaie. Oltre metà degli ottanta addetti percorrono per mesi le campagne a studiare la presenza di larve di Ochlerotatus caspius, la zanzara attualmente dominante in zona.

“Una volta riusciti a dimostrare che la coltivazione del riso con le zanzare c’entrava, nel 1998 chiedemmo al ministero della Sanità di poter usare l’innocuo Bacillus thuringiensis nelle risaie. Ci risposero dopo due anni in un modo sibillino; noi lo interpretammo come un sì. Dal 2000 al 2003 abbiamo sperimentato la modalità di applicazione più efficace e al tempo stesso meno onerosa per la nostra situazione: l’elicottero. Ma dove e quando scatenare il bacillo contro le larve? Le abbiamo provate tutte, alla fine l’unico metodo valido si è rivelata la verifica empirica”. Risaia per risaia.



E la chiamano estate…

A Casale il gioco dell’estate è, da sempre, un passatempo molto più divertente del Sudoku: trovare un modo, uno qualunque, per sopravvivere alle zanzare. Quest’anno ad esempio, sono stati proposti scafandri, campane di vetro e la chiusura di ogni manifestazione estiva prima dell’inizio di luglio… E la chiamano estate. Non ci consola sapere che in tutto il Nordovest vivano 15 miliardi di zanzare perché, ogni giorno, ci sembra che quel numero infinito di insetti si ritrovi proprio qui, tra le colline e il Po, a fare festa. Festa che per noi, in piazza, nelle strade, nelle vinerie in collina è diventata impossibile. Anche in bottega, ovviamente, cerchiamo di risolvere il problema in modo naturale. Anzi, scusate ma è ora di andare: sta calando la sera e dobbiamo correre ad accendere gli zampironi.

I volontari di EquAzione, bottega del mondo di Casale Monferrato



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