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Attenti al lupo green. “Ombre verdi”, il nuovo libro di Paolo Cacciari

Un’anteprima dall’introduzione del nuovo libro di Paolo Cacciari “Ombre verdi. L’imbroglio del capitalismo verde” (Altreconomia). Nella Giornata mondiale della Terra, Cacciari mette in guardia verso il capitalismo green e invita a una vera transizione. Il libro sarà in vendita in formato ePub sul sito di Altreconomia a partire da lunedì 27 aprile

Non c’è motivo per essere ottimisti sul dopo-emergenza sanitaria [del Coronavirus]. Ma è anche vero che la pandemia ha messo a nudo le contraddizioni fondamentali del sistema socioeconomico e politico-giuridico dominante. L’epidemia potrebbe/dovrebbe insegnarci molte cose. Ma perché ciò accada c’è in primo luogo la necessità di demolire la narrazione secondo cui le epidemie sarebbero eventi casuali, sconosciuti, imprevedibili, letali. Nessuna “catastrofe naturale” e nessun “castigo di Dio” si sono abbattuti su di noi. Le epidemie virali sono nella grande maggioranza dei casi di origine animale (zoonosi) e compiono un salto trans-specifico (spillover) a causa dei comportamenti a dir poco imprudenti messi in atto progressivamente dal genere umano che hanno devastato gli ecosistemi naturali, causato la più grande estinzione di massa delle specie viventi da 65 milioni di anni fa, tanto che il termine più appropriato che si possa usare per rappresentare ciò che avviene è biocidio”. […]

Anche il noto geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi ha bene descritto la situazione: “Quando tagli una foresta tropicale, sottrai habitat a pipistrelli e altri animali che ospitano virus e batteri e che sono costretti a cercarsi un altro posto, in genere nei pressi degli allevamenti intensivi o delle periferie urbane. Con tutto il loro corredo di microrganismi. In pratica è come noi stessi invitassimo a nuove mense, magari attraverso ospiti-serbatoio, come potrebbe essere stato il caso del pangolino cinese. Secondo l’OMS il 75% delle malattie può essere chiamato zoonosi e ne conosciamo circa 200 al mondo, tutte connesse”. (M.Tozzi, “Devastando le foreste nascono le pandemie. Così gli animali con virus invadono le città”, La Stampa, lunedì 16 marzo 2020). […]

Un documento scritto proprio in occasione della Giornata mondiale della Terra (22 aprile 2020) firmato da decine di attivisti ambientalisti, sociologi, medici, scienziati, tra cui Alex Zanotelli, Laura Marchetti, Gianni Tamino, Bruna Bianchi, Roberto Mancini, Michele Carducci, Tonino Perna, Domenico Finiguerra, Marco Boschini e molti altri, vi è scritto: “Non c’è alcun ‘nemico invisibile’, tantomeno imprevisto e sconosciuto che ha dichiarato guerra al genere umano. Al contrario è il sistema economico dominante che provoca un progressivo deterioramento dei sistemi ecologici, l’estinzione di massa delle specie viventi, il surriscaldamento del clima. Tutto ciò aumenta i rischi, la vulnerabilità e abbassa le difese immunitarie degli individui […]. La sottovalutazione dei fenomeni in atto, l’impreparazione e l’incompetenza delle istituzioni pubbliche ad ogni livello, laddove è prevalso il modello neoliberista, hanno indebolito i presidi socio-sanitari con definanziamenti e privatizzazioni. […] Non possiamo più fingere di non vedere. La normalità del mondo dopo-Coronavirus non può essere quella di prima. Tutto e subito deve cambiare direzione, parametri di misura, valori di riferimento. Non vogliamo essere testimoni muti. Mai come oggi è evidente che se volessimo trarre qualche insegnamento dalla tragedia della pandemia dovremmo trasformare alla radice il sistema socioeconomico dominante capitalista, che sta mostrando tutta la sua carica distruttiva e autodistruttiva, nella direzione di una società mondiale giusta e sostenibile”.

C’è poi un ulteriore grande pericolo: che l’allarme Coronavirus possa mettere in secondo ordine la lotta per la transizione ecologica. Sarebbe un errore letale. Per uscire dall’emergenza pandemica non basterà inondare il mondo con una pioggia di denaro “a debito”. Il sistema economico dominato dalla finanza era già entrato in fibrillazione con la crisi iniziata nel 2008: rallentamento dell’accumulazione e della redditività dei capitali, sovracapacità produttiva e sottoccupazione, diminuzione dei commerci e degli investimenti globali. La crisi viene da lontano e la pandemia è la spallata che può far crollare l’edificio pericolante.

In questo libro ho allora cercato di individuare delle vie di uscita che ci potrebbero evitare di finire sotto le macerie e aiutare a ricostruire una nuova casa comune, recuperando tutto il materiale recuperabile e i saperi accumulati, ma cambiando progetto e architetti. Ma per realizzare una profonda conversione ecologica e solidale degli apparati produttivi e dei comportamenti di consumo c’è bisogno di una condizione di partenza: una immissione massiccia, nelle nostre vite e nel sistema socio-politico, di razionalità e di senso etico. Due ordini di valori che il capitalismo ha perduto per strada, nella sua corsa suicida a capofitto verso il baratro della in-sostenibilità ambientale e della in-tollerabilità sociale.

Il 2020 è l’anno dedicato dall’Onu alla biodiversità. Sono passati cinque anni dal quinto Rapporto dell’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) sul riscaldamento del globo e dall’Accordo di Parigi, ma la Cop 26 prevista a Glasgow è stata rinviata a data da definirsi. Cinque anni sono passati anche dall’approvazione dall’Agenda 2030 dell’Onu per lo “sviluppo sostenibile” e molti dei target intermedi fissati al 2020, nell’ambito dei suoi 17 macro obiettivi, sono stati clamorosamente disattesi . Sono passati cinque anni dalla pubblicazione dalla enciclica Laudato Si’ di papa Francesco, ma il suo messaggio per un’ecologia integrale è stato ignorato, come acqua sul marmo. Grida nel deserto. Forse peggio. I rinculi sovranisti del populismo plebeo da una parte, e il riformismo senza riforme del social-liberismo, dall’altra, spingono il mondo in un buco nero.

Eppure le cose da fare per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale e di giustizia sociale sono note. Siamo quasi stufi di elencarle. In appendice del libro richiamiamo la memoria su alcuni “vecchi” documenti per ricordarci che la strada è stata tracciata da tempo. Non la si riesce a percorrere perché le oligarchie ai vertici dei poteri economici dominanti non ce lo permettono. Alla fine è sempre una questione di potere e di soldi. Anzi, di potere dei soldi. Non ci rimane che fare da soli, come i benedettini nel medioevo: salvarci e salvare quel che c’è da salvare. Liberare spazi di relazioni autonome nelle campagne e nelle città, nei borghi e nei quartieri, nella sfera della produzione e in quella della cura della vita. Creare reti solidali, sistemi di mutuo aiuto e di autogestione di beni sottratti alle logiche del mercato e messi in comune. Anticipare e preparare nel concreto, con pratiche quotidiane, la società in cui vorremmo vivere. Creare comunanze, comunalità, comunità aperte, inclusive, solidali e sostenibili.

Non è un rinculare, ma una forma di organizzazione della protesta e della proposta.

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