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Occupy London: la City è un paradiso fiscale e va abolito

Nella spianata della St Paul’s Churchyard sono circa 200 le tende di Occupy London sferzate dal vento freddo che sale dal Tamigi, a pochi metri da uno dei luoghi simbolo della capitale inglese. È ormai oltre un mese, per l’esattezza dalla fatidica data del 15 ottobre, che gli attivisti hanno messo in piedi il loro accampamento, nonostante la totale avversione della City of London Corporation. Ovvero l’entità che tutto gestisce e amministra nell’ambito del miglio quadrato della City of London, insieme a Wall Street il centro finanziario più importante del Pianeta.

Quando incontriamo gli esponenti di Occupy London è un giorno importante, visto che sono presenti gli avvocati per discutere della strategia legale da mettere in piedi davanti all’Alta Corte britannica, così da contrastare l’ingiunzione di sgombero intimata dalla Corporation, basata su presunti criteri di sicurezza e sull’occupazione di suolo pubblico. O meglio, di suolo di pertinenza della City.

L’avvocatessa Karen Todner è molto combattiva e determinata a raccogliere quanto più testimonianze possibili che dimostrino come non ci siano pericoli per le persone e preoccupazioni legate alla situazione igienica nell’accampamento. “L’Alta Corte terrà un processo della durata di tre giorni il 19 dicembre, poi si vedrà se la sentenza arriverà prima o dopo Natale”, avverte.

Mentre alcuni seguono l’incontro con i legali, altri attivisti preparano la partecipazione allo sciopero del settore pubblico previsto per l’indomani. “Sarà il più grande sciopero da quello per sostenere i minatori nel 1926, incroceranno le braccia quasi tre milioni di persone”, ci spiega George, tra una telefonata e l’altra.

“La nostra iniziativa, però, non è una forma di protesta e basta, siamo un movimento sociale che si sta formando e strutturando” ci tiene a ribadire Dan di Anonymous UK, con l’immancabile maschera di Guy Fawkes, resa celebre dal fil “V for Vendetta”, in testa.

“Siamo come un bambino, una volta nato non lo puoi più ‘rispedire indietro’, ma lo devi accudire e far crescere nel migliore dei modi, per questo stiamo imparando a discutere e organizzarci sulle tante tematiche che pensiamo vadano affrontate per stimolare un cambiamento reale nell’ambito della società globale”, prosegue Dan.

In effetti i gruppi di lavoro elencati su una lavagna posta all’interno della tenda principale sono numerosi, oltre una trentina. Si va dalle questioni climatiche a quelle finanziarie, ai conflitti sparsi per il Pianeta. Vista la crisi che imperversa, nel Regno Unito come in altre parti del mondo, non è un caso che il primo documento formale con delle richieste specifiche riguardi proprio il ruolo dei paradisi fiscali – quale è la stessa City of London, a detta della società civile internazionale – e la necessità che vengano finalmente smantellati.

“Quasi tutte le persone che si fermano a parlare con noi sono favorevoli a quanto stiamo facendo, i contrari sono una percentuale risibile, eppure i media continuano a parlare di oltre le metà del londinesi che si oppongono alla nostra iniziativa” continua Dan, che ribadisce come Occupy London sia formato da un insieme alquanto eterogeneo di gruppi di base, alcuni reduci dai “climate camp” promossi negli scorsi anni sulle questioni climatiche.

Il governo di coalizione guidato da David Cameron ha già fatto capire di vedere di buon occhio la “fine” dell’accampamento, mentre i laburisti non sembrano intenzionati a fornire alcuna forma di sostegno. Il sindaco di Londra, il conservatore Boris Johnson, ha addirittura definito Occupy London “un gruppo di hippy perdigiorno”, forse preoccupato degli effetti della protesta sull’immagine “olimpica” della Città – Londra ospiterà i Giochi nel 2012.

Eppure, dopo alcune incomprensioni iniziali, pare che gli alti vertici della Chiesa d’Inghilterra, che sovrintende la Cattedrale di St Paul, siano intenzionati ad aiutare i ragazzi di Occupy, o quanto meno a non ostacolarli. Si parla addirittura di una tenda di “riconciliazione” che verrebbe messa a disposizione dall’organizzazione ecclesiastica.

Un segnale molto forte, che potrebbe rivelarsi decisivo nella permanenza dell’accampamento a due passi da Paternoster Square, la piazza dove ha sede la Borsa di Londra. Un fortino recintato e iper-sorvegliato – non ci è stato nemmeno permesso di scattare delle foto – ma che è sempre più sotto assedio. E non solo metaforicamente.  
 

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