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Ambiente

Obbligati a costruire

Il caso di Legnano, dove il Comune è costretto a mettere -invano- in vendita gli ultimi terreni liberi del territorio. Per fare cassa e rispettare il Patto di stabilità

Tratto da Altreconomia 135 — Febbraio 2012

Sulla mappa del Comune di Legnano le aree rimaste non edificate sono ormai poche. E nell’arco di qualche mese il colore “verde” rischia di scomparire anche da viale Sabotino, via Puecher e via Nazario Sauro. Sono “terreni liberi” di proprietà comunale, resi edificabili e messi all’asta. Si chiama dismissione del patrimonio municipale, e di fronte ai limiti imposti dal Patto di stabilità è quasi una scelta dovuta.
Anche a Legnano, una città di quasi 60mila abitanti, all’estremo Nord-ovest della Provincia di Milano. Il centro urbano nasce e si sviluppa lungo la Ss 33 del Sempione, e ha una storia industriale importante, specie in ambito tessile, iniziata nell’Ottocento. Oggi Legnano si ritrova un suolo urbanizzato per oltre il 70%, ben oltre la media (51%) provinciale. Il territorio di Legnano è diventato, forse suo malgrado, un caso studio sul tema “trasformazioni urbane e rendite immobiliari”, come dimostra la ricerca “Piccolo Nord. Scelte pubbliche e interessi privati nell’Alto milanese” (Bruno Mondadori, 2011), a cura di Simone Tosi e Tommaso Vitale, che censisce sul territorio “dieci grandi aree ex produttive, per una superficie totale di circa 300mila metri quadri” da riqualificare. La più grande è a due passi dal municipio e dal centro storico, ed era occupata dalla fabbrica Cantoni: oggi c’è un centro commerciale Esselunga, accanto al quale sta nascendo un nuovo quartiere residenziale (www.areacantoni.it). Significa oneri di urbanizzazione, ma come dimostra questa storia gli oneri possono non bastare, quando un Comune ha bisogno di far cassa. “Al di là delle previsioni di bilancio, se l’attività edilizia si blocca, come è possibile che accada nel 2012, è difficile equilibrare il bilancio” racconta Ivan Alessandro Mazzoleni, dirigente del Comune. Nel 2011, gli oneri avrebbero dovuto coprire il 7,4% della parte di spesa corrente del bilancio, 4 milioni di euro su 54. Una parte ben più consistente, 19 milioni di euro, avrebbe dovuto giungere dalle dismissioni, secondo il “Piano delle alienazioni e valorizzazione immobiliari”, approvato con il bilancio previsionale del 2011.
Dalla cessione dei tre terreni edificabili, il Comune aveva messo in conto di ricavare poco meno di sette milioni di euro. Chi acquista, potrà contare su una capacità edificatoria di 0,5. Potrò costruire un metro quadro ogni 2 metri quadri di superficie. Dato che la somma dei tre terreni fa 24.504 metri quadri, si tratta di oltre 12mila metri quadri di nuove residenze. 150 appartamenti da 80 metri quadri.
“Peccato”, per il Comune, che la gara bandita a dicembre, con tanto di estratto pubblicato sul Corriere della Sera, sia andata deserta. In tutto, erano cinque lotti in vendita, quattro di proprietà dell’ente, e uno di Legnano patrimonio srl, società controllata dal Comune. “Non sono arrivate offerte, nonostante un ribasso del 10% sulla base d’asta -spiega Mazzoleni-. Probabilmente gli operatori puntano ad ulteriori ribassi -aggiunge-, o forse preferiscono aspettare perché in città ci sono alloggi già costruiti ancora da vendere”. 
Quale che sia la ragione, è dalla primavera scorsa che Legnano prova a vendere quelle aree senza successo. “Era previsto, per ragioni legate al Patto di stabilità”. Un atto necessario, cioè, a garantire la sostenibilità della macchina comunale.
“Il problema del nostro bilancio non è la liquidità, ma i flussi di cassa -spiega Mazzoleni-. Accumuliamo risorse, ‘avanzi di cassa’, che poi non possiamo utilizzare. E per rispettare il Patto di stabilità, dobbiamo valorizzare o dismettere il nostro patrimonio”.
Con le aste per i terreni andate deserte, il Comune è riuscito a cedere, per 10 milioni di euro, la nuova casa di riposo, accreditata di 100 posti letto. Questo permette di rispettare il Patto per il 2011, ma il futuro è nero: “Il Comune ha ancora un discreto patrimonio, che non potrà essere venduto -racconta Mazzoleni-. Si tratta di immobili storici, o delle sedi degli uffici pubblici. Le aree ‘valorizzabili’ sono esclusivamente quelle già messe a gara. Di terreni liberi di proprietà comunale, non ne restano”. Gli oneri d’urbanizzazione, invece, “alterano in modo significativo il bilancio di spesa corrente” sostiene Mazzoleni, perché “finanziare i servizi con entrate variabili rischia di dar corso ad attività che poi non si è in grado di mantenere”. I Comuni, insomma, sono allo sbando, e in loro aiuto non arriverà nemmeno la nuova imposta municipale unica (Imu): il maggior gettito incassato dall’ente locale verrà trasferito a Roma, o pareggiato con minori trasferimenti dal governo. Lo faranno passare per un gioco a somma zero, ma i conti non tornano. Per i Comuni, per i cittadini e per il territorio. —

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