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Opinioni

La “moneta” del governatore Mark Carney per arginare Donald Trump

Il governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney

Il presidente degli Stati Uniti affronta gli avversari e le leggi di mercato a colpi di guerre doganali. Un antidoto, secondo l’eterodosso governatore della Banca d’Inghilterra, esiste. Una nuova valuta mondiale. Funzionerà? L’analisi di Alessandro Volpi

Lo scenario economico internazionale appare sempre più vicino ad una nuova, pesante recessione.
I segnali in tal senso sono molti e dipendono in larga misura dalle scelte, non sempre brillantissime, dell’originale presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ormai ha fatto capire al mondo, al di là di sporadiche dichiarazioni più rassicuranti, la sua marcata inclinazione a considerare le guerre doganali come lo strumento attraverso cui sconfiggere gli avversari e le leggi del mercato.

Uno dei più preoccupati interpreti delle paure prodotte dall’aggressivo “trumpismo” si sta dimostrando il sorprendente governatore della Banca d’Inghilterra, il canadese Mark Carney, la cui biografia, del resto, non manca di stupire. Dotato di una triplice cittadinanza, canadese, britannica e irlandese, laureato ad Harvard, Carney è stato governatore della Banca del Canada dal 2008 al 2013 e poi, del tutto inaspettatamente, è divenuto governatore di quella d’Inghilterra. In questa veste, in piena Brexit, con l’ultrà Boris Johnson che ha chiuso il Parlamento facendo crollare la sterlina ed è intento a costruire proprio con Trump il paracadute per un eventuale “No deal”, ha avanzato una interessantissima proposta volta a limitare i rischi dello strapotere a stelle e strisce; una proposta che potrebbe essere davvero la chiave di volta per un cambiamento radicale dell’economia mondiale.

Carney muove le sue riflessioni dagli eccessi dell’unilateralismo dell’attuale presidente degli Stati Uniti che rendono, di fatto, impossibile per il dollaro continuare ad esercitare il cruciale ruolo di moneta internazionale. Non è ammissibile infatti, a suo giudizio, che la quasi totalità degli scambi e delle operazioni finanziarie mondiali avvenga con la moneta di un Paese deciso a scatenare guerre commerciali in pratica con tutti, dalla Cina, all’Unione europea fino a una miriade di realtà minori. Il dollaro, secondo Carney, è stata la valuta planetaria non solo per la forza dell’economia Usa, ma per la sua stabilità e per la sua “ragionevolezza”. Dollaro e mercati aperti erano condizioni che dovevano esistere contemporaneamente; oggi questa apertura è cessata e quindi il dollaro ha perso la prerogativa di essere la migliore valuta internazionale. D’altra parte, aggiunge Carney, non si vede in giro un’altra moneta in grado di sostituirsi al biglietto verde. Sarebbe molto pericoloso se tale funzione venisse assolta, in futuro, dallo yuan cinese, valuta legata ad un regime autocratico e troppo opaca, oppure dall’euro, che Carney teme proprio per l’imminente Brexit.

Diventa necessario allora concepire una nuova valuta mondiale, che dovrebbe però essere digitale, in grado di sostituirsi al dollaro senza creare nuove egemonie monetarie. Una simile ipotesi avrebbe certamente alcuni benefici evidenti. In primo luogo, se concepita come una valuta “agganciata” ad un paniere di divise monetarie forti, euro e dollaro in primis, sarebbe certamente stabile e, in tal senso, eliminerebbe le tensioni speculative sui cambi e le insidie determinate dalle guerre valutarie. In altre parole, il prezzo dei beni e dei titoli dipenderebbe dal loro reale valore, dall’effettivo incrocio di domanda e offerta, senza elementi destinati a drogare i mercati. Sarebbe più semplice, inoltre, disporre di un’inflazione stabilizzata e contenuta, sulla base della quale avere politiche dei tassi di interesse e previsioni economiche decisamente più efficaci. In quest’ottica sarebbe sostenibile, senza costi troppo alti per i contribuenti, il fenomeno sempre più palese della crescita dell’indebitamento pubblico, indispensabile per far fronte al mantenimento in vita delle varie forme di Stato sociale e al finanziamento della cruciale transizione ambientale verso un’economia circolare.

Proprio l’agganciamento della nuova valuta digitale alle monete più forti continuerebbe poi a riservare un peso rilevantissimo alle principali banche centrali del Pianeta, a cominciare dalla Bce e dalla Federal Reserve, che potrebbero scegliere strategie coordinate di politica monetaria in grado di correggere gli eventuali squilibri di tenuta economica delle varie aree, comprese quelle in endemico ritardo. Infine, la nascita di una valuta digitale concepita dall’insieme delle banche centrali delle diverse zone del Pianeta sarebbe in grado di scongiurare la diffusione di valute digitali “private”, a partire dalla Libra di Facebook e da altre insidiose criptovalute. La moneta non può divenire infatti una merce come le altre e tantomeno può essere oggetto di un monopolio di matrice privatistica. La proposta dell’eterodosso governatore, capace di fare politica anche senza un governo vero, apre dunque uno scenario di grande importanza che meriterebbe una reale attenzione da parte soprattutto dei governi, e delle opinioni pubbliche, dei Paesi del Vecchio continente e che potrebbe avere una parte non irrilevante nella imminente campagna elettorale americana. Se gli stati Uniti saranno ancora nelle mani di Trump, il resto del mondo si dovrà organizzare ed è bene che questo gli americani lo sappiano.

Università di Pisa

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