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Numero 40, giugno 2003Piccoli paesi -già svuotati dall'emigrazione- che dopo il terremoto rischiano di scomparire. Ma che, per forza e per passione, s'inventano anche uno sviluppo sostenibile. Diamogli una manoBonefro… Non c'è angolo della mia memoria in cui questo nome…

Tratto da Altreconomia 40 — Giugno 2003

Numero 40, giugno 2003

Piccoli paesi -già svuotati dall'emigrazione- che dopo il terremoto rischiano di scomparire. Ma che, per forza e per passione, s'inventano anche uno sviluppo sostenibile. Diamogli una mano


B
onefro… Non c'è angolo della mia memoria in cui questo nome abbia avuto modo di abbarbicarsi, eppure sono sicura che per giorni e giorni i quotidiani ne hanno parlato.

Il viaggio a Bonefro, provincia di Campobasso, Molise, è un viaggio nella memoria e nel futuro: nella memoria di quello che è stata l'Italia, e nel futuro di quello che potrebbe essere; viaggio consigliato agli insegnanti di geografia, ai cultori di slow food ma, soprattutto, ai lettori di Altreconomia; ma non un viaggio nel presente, perché a Bonefro il presente è sospeso, almeno fino al 30 giugno, causa terremoto.

Terremoto?

Sì, scavate anche voi nella memoria: Bonefro è nel “cratere” del sisma che il 31 ottobre e l'1 novembre ha colpito il Molise.

Oggi ha il 50% del patrimonio edilizio privato inagibile. In più non sono più agibili le scuole, la chiesa e la casa di riposo.

1.900 abitanti, 800 nuclei familiari, 250 senza casa. E già questi numeri raccontano una parte della storia: se ci sono 1.900 abitanti e 800 famiglie, provate a dividerli e incomincerete ad avere una foto in bianco e nero del paese: tanti anziani, e nuclei familiari svuotati dalla povertà e dall'emigrazione.

Peccato. Quarant'anni fa questo paese a 631 metri sul livello del mare (e l'altezza, come vedremo, non è particolare secondario) aveva più di 5 mila abitanti. Adesso ci sono mille bonefrani in Francia, più di 4 mila negli Stati Uniti, e altri ancora in Canada, Venezuela e in Sud America.

Ci mancava solo il terremoto. Per la verità erano secoli che qui un sisma non faceva danni, ma nella memoria popolare il ricordo era rimasto. Non nelle mappe geologiche (che, d'altra parte, sono più recenti).

Ma bisogna spostarsi di due chilometri in linea d'aria per ricordarsi di che terremoto si è trattato. A due chilometri da qui c'è San Giuliano di Puglia, un altro paesino come Bonefro, dove è crollata la scuola che ha ucciso 27 bambini e una maestra.

San Giuliano, Bonefro e Santa Croce, questi i tre comuni più danneggiati, più un'altra quarantina tutt'attorno.

Ma è un terremoto televisivo quello che abbiamo memorizzato. La presenza massiccia delle tv a San Giuliano ha cambiato il corso della storia. Nel bene e nel male. Un caso da studiare per sociologi e cultori di mass media. Ora il paese è transennato, completamente inagibile. E più a valle vive il villaggio prefabbricato costruito a tempo di record con la beneficenza privata e i fondi pubblici (più la prima che i secondi): casette in legno piacevoli alla vista appoggiate alla costa della collina, non nella solita spianata ghiaiosa e desolata dei campi per terremotati. Ci sono i muretti, il campetto da gioco per i bambini, in mezzo è rimasto un minuscolo campo di ulivi, le finestre hanno le tendine e i gerani; c'è la chiesa, l'ufficio postale, le scuole, i carabinieri. Non male da vedere. Curati anche i particolari: via delle viole, si chiama una strada. Forse l'unica cosa che manca è l'ombra per gli anziani.

A Bonefro invece le scuole e il centro ricreativo sono state costruite (sempre con il sistema dei prefabbricati in legno garantiti 20 anni) grazie alla solidarietà dell'Università Cattolica di Milano e della Regione Toscana. I 70 moduli in legno per le famiglie che ne hanno fatto richiesta erano, all'inizio di maggio, ancora in costruzione.

485 mila euro il fondo stanziato dal governo per la prima emergenza; è servito soprattutto per costruire e gestire la tendopoli che ha ospitato i 780 sfollati del terremoto. Poi 180 famiglie sono state sistemate o hanno trovato alloggio nelle case vuote e non danneggiate dal terremoto: resteranno lì, fino alla fine della ricostruzione, e per essersi trovati un'”autonoma sistemazione” riceveranno da Roma un contributo per l'affitto. Mancavano ancora 70 nuclei familiari che non avevano altra possibilità e che adesso troveranno sistemazione nei prefabbricati. !!pagebreak!!

Qui inizia il futuro. Perché se Bonefro e gli altri paesini terremotati avranno un futuro molto dipenderà dalle scelte che farà il governo. Si sceglierà di ricostruire i paesi o sarà consentito ristrutturare solo le case che alla data del terremoto erano abitate? La scelta avrebbe una sua logica: perché ristrutturare abitazioni abbandonate? Ma se fate un giro a Bonefro lo capite bene: qui le case sono addossate le une sulle le altre, e come nella vecchia edilizia di montagna una sostiene l'altra. Magari era disabitato il primo piano, ma il secondo no. E poi il sisma ha colpito a zig zag: io ho dormito in una casa con una stanza chiusa e inagibile, ma per il resto la casa era abitata.

Il futuro di questi luoghi dipenderà anche dalla possibilità di puntare su un'altra economia che non sia quella, a pochi chilometri da qui, della Fiat a Termoli.

È anche per questi motivi che volontari delle Caritas liguri e della Pro loco di Bonefro, si sono inventati tre viaggi di turismo responsabile (vedi il programma a pagina 15), alla scoperta del Molise terremotato ma, soprattutto, delle innumerevoli risorse del territorio.

Un giro in Molise lo consigliamo davvero: per sostenere il coraggio e la voglia di sperimentare economie sostenibili di alcuni che qui ci abitano (vedi pagina 17) ma anche perché in posti come questi si capiscono subito cose complicate come la Pac (la politica agricola comune dell'Unione Europea), il decentramento fiscale o il futuro dell'agricoltura biologica. E poi gli sprechi e le ruberie del passato: a Bonefro hanno costruito un carcere di cui esistono solo le mura perimetrali, mai finito; e, in mezzo alla campagna, incontri -e poi t'abitui- una sorta di doppia corsia autostradale su piloni di cemento armato che inizia nel niente e finisce a mezz'aria, come una moderna torre di Babele.

Ma si capisce anche il ruolo della Cassa del Mezzogiorno: a Campolieto, dove scollini verso Bonefro, un cippo ricorda la costruzione dell'acquedotto e, proprio accanto, sulla cresta delle alture ci sono decine e decine di grandi piloni di impianti eolici. A saper guardare, simboli entrambi, uno del passato l'altro del futuro: queste zone ventose sono appetite dalle società che producono energie rinnovabili; ma serve comunque una programmazione del territorio: a questi comuni, dove le attività produttive sono minime e l'Ici, l'imposta comunale sugli immobili, genera poche decine di milioni di lire, in assenza di trasferimenti statali anche una servitù pagata per un impianto eolico può far comodo. Il rischio è di svendere il territorio, mentre è proprio questo che andrebbe preservato. Difficile che ce la possano fare da soli. Ma la storia riserva delle sorprese. In un certo senso anche il terremoto, per Bonefro e dintorni, può rivelarsi un'occasione di sviluppo e di nuove energie. Le Caritas di tutta Italia si sono gemellate con quasi tutti i comuni della zona, ognuna ha un progetto e uno stile di intervento diverso: qui a Bonefro le Caritas liguri pagano la presenza di un operatore a tempo pieno fino al prossimo settembre. Emanuela Chinchella si è fatta tutto l'inverno, e il rapido turn over tra tenda, roulotte, campo sportivo e finalmente una stanza in affitto. E, a rotazione, due o tre volontari liguri l'affiancano con turni di una decina di giorni. Si creano relazioni, si condividono tradizioni e competenze, si aprono orizzonti. Come è successo con Andrea, arrivato a Bonefro come volontaria dopo il terremoto, che a Genova fa la guida turistica ed ha già organizzato viaggi di turismo responsabile.

Il Molise è una regione pressoché sconosciuta, e dall'imprenditorialità scarsa: perché non provare se funziona un turismo di scoperta, fatto di viaggiatori attenti e consapevoli, che aiuti a crescere anche gli agriturismi e le strutture di ospitalità nate negli ultimi anni?

Ai nostri lettori la risposta.!!pagebreak!!

Antichi pastori sanniti e scavi romani: fascino al crepuscolo
Il Cardo e il Decumano, i due assi perpendicolari che attraversavano gli insediamenti romani, e che qui, probabilmente, si sovrappongono agli antichi tratturi (i percorsi secolari delle greggi che scendevano a svernare dalle montagne) qui ti sorprendono. Sepino, di fondazione pre-romana (sannita), è uno delle mete inserite nel viaggio di turismo responsabile (vedi il programma qui sotto). Ci sono la cinta muraria, il macello e i recinti per le bestie, la basilica e il foro. Ma il fascino di Sepino è il suo essere en plain air, senza protezione quasi, in un'osmosi con l'ambiente rurale e con le costruzioni del XVII secolo che ha del miracoloso. Poco frequentata offre il meglio di sé al crepuscolo.

Costo
208 euro da versare all'iscrizione e 263 come cassa comune. Le due quote coprono tutte le spese (musei compresi) tranne i pranzi che saranno al sacco. Il viaggio andata e ritorno fino a Bonefro è a carico dei partecipanti

Date
Da sabato a sabato: un'intera settimana per conoscere il Molise. Per il momento sono tre i viaggi programmati. Ecco le date di partenza: dal 28 giugno al 5 luglio, dal 12 al 19 luglio e dal 9 al 16 agosto

Tappe
Appuntamento il sabato pomeriggio a Bonefro. Il primo giorno è dedicato al “cratere” del terremoto.
In più visita a Colletorto e ai tratturi. Poi, nei giorni seguenti, il Parco nazionale d'Abruzzo, il Tavoliere e il Gargano, l'Alto Molise con gli insediamenti degli antichi sanniti, visita a Campolieto in casa famiglia (struttura per disabili mentali: cena preparata e consumata insieme), una giornata in barca alle Tremiti (e visita a Termoli), infine escursione sui monti del Matese e visita alla bottega del commercio equo di Campobasso

Iscrizioni
Dopo la Valle d'Aosta, il Molise è la più piccola regione italiana. Tanto piccola che è quasi sconosciuta. Poco più di 300 mila gli abitanti, due le province, Campobasso e Isernia. Ma la regione, per luoghi e tradizioni, merita il viaggio. Tagliata fuori dal turismo di massa (anche se in realtà si può sciare d'inverno e andare al mare ) conserva una reale possibilità di incontro con la gente.

Il viaggio è organizzato da Pindorama, La bottega solidale di Genova, Caritas liguri e Chico Mendes. Per info e iscrizioni: Pindorama, tel. 02-39.21.87.14 (nel pomeriggio)

Finimondo il 31 ottobre
Piccoli paesi svuotati dall'emigrazione degli anni Sessanta e Settanta e, il 31 ottobre 2002, il terremoto. Una quarantina i comuni (soprattutto molisani) che hanno avuto danni. Alcuni, come San Giuliano, completamente da ricostruire.

Altri, come Bonefro, hanno perso metà del patrimonio edilizio privato, ma poi anche gli spazi pubblici, la chiesa, le scuole, la casa di riposo. Ma resterà San Giuliano di Puglie il “volto” di questo terremoto: 27 bambini e un'insegnate morti nel crollo della scuola.

Dove dormire
Alcuni indirizzi per “viaggiatori fai da te” che vogliano ripercorrere le tappe del viaggio alla scoperta del Molise. Per la notte si può far base a Larino: “Azienda agricola larinese”, tel 0874-82.27.81 (circa 21 euro pernottamento e prima colazione ma se ci si ferma una notte sola bisogna aggiungere 5,16 euro; pranzo e cena attorno ai 13-15 euro). A Bonefro si può mangiare all'agriturismo “Antichi sapori” (nella foto), tel. 0874-73.21.69.!!pagebreak!!

Decine di varietà e coltivazioni bio
Stregati da olive e frantoio
Bonefro è il paese dell'olivo. Come ce ne sono tanti in Italia, ma qui sostengono che quei 631 metri di altitudine proteggono le piante dai principali parassiti, mosca olearia compresa. Eppure, anche se l'olio è buono, qui ognuno lo produce per sé, e per una piccola cerchia di compratori-amici: non c'è un mercato vero e proprio, mancano i canali di vendita per commercializzare il prodotto, e così quella che potrebbe essere una risorsa economica fondamentale per la rinascita dei paesi terremotati (e per la salvaguardia del territorio) resta una promessa mancata.

Ma una volta l'anno, all'epoca della raccolta e della spremitura, ci si ritrova tutti attorno all'unico frantoio del paese, e se ne riparla. Il frantoio è un posto assolutamente da visitare: non nei 40-50 giorni in cui lavora 24 ore su 24 (non è un modo di dire: le olive vanno spremute velocemente dopo la raccolta), ma nel resto dell'anno. Così si capisce che le olive sono come l'uva, una varietà diversa dall'altra, e producono quindi un olio diverso. Le olive possono essere ovoidali come la “Gentile di Larino”, tardive come la “Cerasa di Montenero”, giallo-rosa come la “Cazzarella” o rosso-vinose come la “Sperone di Gallo”. Nel basso Molise, praticamente ogni paese ha la sua varietà: c'è la “Cellina di Rotello”, l'”Oliva nera di Colletorto”, l'”Olivastro di Montenero”, la “Rosciola di Rotello”.

Provate voi a distinguerne l'olio!

Ma, da consumatori, almeno qualche nozione sulla spremitura bisognerà averla. Extra-vergine ormai non significa più niente. E, tutto sommato, anche la dizione “spremitura a freddo” è insufficiente, perché anche i frantoi industriali a ciclo continuo usano questa definizione.

La differenza tra la produzione industriale e quella tradizionale potrebbe forse essere sottolineata -ci spiega Antonio Lalli, figlio d'arte al frantoio- segnando sulle confezioni “ciclo continuo” o “discontinuo”. Ma sono definizioni non ancora entrate nell'uso.

L'olio che esce dal frantoio di Bonefro è spremuto con le antiche macine di granito (le stesse una volta azionate dagli animali), senza riscaldamento della pasta (polpa e nocciolo pressati insieme) e sorvegliato continuamente “a vista” da occhi esperti. Perché se le olive sono diverse è chiaro che diversi dovranno essere i tempi di spremitura. E le rese: il “ciclo continuo”, quello industriale, invece mischia tutto e spreme fino all'ultimo (più conveniente per i produttori ma non per i consumatori, perché la qualità è minore).

Bonefro potrebbe rinascere anche grazie all'olio. Ma ha bisogno di una mano. Se come consumatori critici o gruppi d'acquisto solidali siete interessati, il recapito è quello del frantoio di Luigi Lalli (0874-73.27.29). L'olio di quest'anno costava 5 euro al litro. E, dalla prossima raccolta, ci sarà anche quello certificato bio.

Le mele ad una ad una
Lui le sue piante di mele sostiene di conoscerle a una a una. E c'è da credergli mentre passa accanto ai filari e dirada a mano i piccoli frutti che già si vedono. Su tre ne resterà uno solo, quello centrale, quello più forte. Diventeranno “Annurca rossa”, “Fuji” e “Golden”, varietà invernali e autunnali, e “Galaxi”, varietà estiva. Insomma, mele tutto l'anno, rigorosamente biologiche.

Non è come in Trentino, ma Mario Montagano, detto “Pucello”, sulle mele scommette. Abita a Bonefro, due figli ormai grandi, nel 1999 ha convertito tutta l'azienda al biologico. Ma non riesce ancora a convincere gli altri agricoltori a passare al biologico e ad abbandonare la monocultura dei cereali, ovvero quel che resta dell'agricoltura sovvenzionata.

Qui capisci pregi e limiti della politica agricola europea (la Pac): per ogni ettaro che decidi di coltivare a grano, o girasoli, hai un contributo (per il solo fatto di seminarlo) che, a secondo delle colture, raggiunge anche i 500 mila euro. È la famosa agricoltura sovvenzionata, quella che, tra l'altro, impedisce ai prodotti del Sud del mondo di essere competitivi sui nostri mercati. Ma, negli anni, ha fatto uscire dalla povertà intere realtà rurali.

Oggi però è già conveniente coltivare mele. “Se riuscissi a convincerli -dice tra l'altro Mario- potremmo comprarci un frigorifero e non essere costretti a vendere subito il raccolto, che altrimenti perde peso”. Se siete di passaggio a Bonefro e avete voglia di mele, ecco il recapito di “Pucello”: 0874-73.26.72 (prezzo di quest'anno: 80 centesimi al chilo).

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