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Diritti / Attualità

“Non vorrei rimandare le persone in Libia”. La falsa narrazione del direttore di Frontex

Il direttore esecutivo di Frontex Hans Leijtens © Commissione europea

In un’intervista rilasciata a Euronews, il numero uno dell’Agenzia europea delle frontiere ha dichiarato di “non aver scelta” rispetto alla condivisione con le milizie libiche delle posizioni delle imbarcazioni in pericolo nel Mediterraneo. Per le Ong Front-lex e Refugees in Libya è pura “manipolazione”. Sul punto si esprimerà la Corte di giustizia dell’Ue che, per la prima volta in vent’anni, valuterà nel merito il comportamento delle “divise blu”

“Non voglio che le persone vengano riportate in Libia ma è l’unico modo in cui possiamo agire”. Così il direttore esecutivo di Frontex Hans Leijtens, lo scorso 25 aprile, ha giustificato durante un’intervista a Euronews l’attività dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera nel Mediterraneo, sottolineando che neanche lui vorrebbe che i migranti vengano consegnati alla Guardia costiera libica.

Un’affermazione che ha fatto discutere. Secondo l’avvocato Iftach Cohen, della Ong Front-lex, Leijtens starebbe “manipolando la verità” quando dichiara che non ha altra scelta. “Potrebbe e legalmente dovrebbe fare diversamente ma decide di non farlo”, spiega ad Altreconomia.

Le dichiarazioni di Lejtens vanno contestualizzate nell’ambito di un’azione legale presentata a fine 2024 da Front-lex e Refugees in Libya di fronte alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Le Ong ricorrenti sostengono che la trasmissione da parte di Frontex di informazioni alle milizie libiche riguardanti l’esatta posizione delle imbarcazioni nel Mediterraneo centrale sarebbe “illegale” secondo il diritto dell’Unione europea perché, favorendo il respingimento forzato dei migranti in Libia, li esporrebbe a gravi crimini contro l’umanità. A fine aprile 2025 la Corte ha deciso di riservarsi sull’ammissibilità del caso fino a quando non si pronuncerà prima sul merito della causa e sulle prove presenti nel fascicolo. È la prima volta che succede in vent’anni di operatività dell’Agenzia, che nel 2025 ha superato il miliardo di euro di budget, e l’intervista di Lejtens sembrerebbe essere anche una “mossa mediatica” preventiva in vista di quello che succederà di fronte ai giudici.

Più nel dettaglio, il direttore di Frontex sostiene che sussiste un obbligo per l’Agenzia di fornire indicazioni all’Mrcc competente, ovvero il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo, che sarebbe, nei casi contestati, quello libico. “Questo è vero ma è solo uno dei diversi obblighi legali che bisogna rispettare -riprende l’avvocato Cohen-. Sussiste infatti anche il dovere di rispettare il divieto di espulsioni collettive di richiedenti asilo intercettati in mare verso Paesi nei quali rischiano persecuzioni. Un obbligo che deriva dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che ha valore costituzionale”. Per il legale di Front-lex, in altri termini, l’Agenzia starebbe arbitrariamente scegliendo quali obblighi legali seguire e quali ignorare.

Le affermazioni di Lejtens sarebbero sbagliate sia nel metodo sia nelle modalità. “Che il direttore si senta bene o male per le sue azioni od omissioni è irrilevante, quando dichiara di non ‘desiderare’ il ritorno dei migranti in Libia -prosegue l’avvocato-. Il diritto dell’Unione europea lo obbliga a terminare qualsiasi attività collegata a violazioni dei diritti fondamentali. E ciò che abbiamo in questo caso sono omicidi, atti di tortura, riduzione in schiavitù, violenza sessuale e stupro che si verificano nei centri di detenzione libici e sono chiaramente legati alla condivisione di informazioni da parte di Frontex con le autorità libiche. Pertanto, terminare la mortale trasmissione di informazioni alla Libia è un altro obbligo legale che l’Agenzia sceglie di ignorare e non sta rispettando”. Secondo uno studio realizzato dal progetto Liminal, centro di ricerca con sede a Bologna, Frontex ha collaborato al respingimento verso Libia e Tunisia di almeno 27.288 naufraghi tra il 2019 e il 2023.

Le due Ong mettono poi l’accento su un’altra parte dell’intervista di Leijtens. “Mi è stato chiesto, ‘Perché non saltate i libici e informate solo le Ong?’ Ma questo significherebbe giocare con le vite umane, perché se le Ong non sono disponibili, non c’è coordinamento, e le persone potrebbero annegare”. Un atteggiamento nuovamente “disonesto e cinico” secondo David Yambio, presidente di Refugees in Libya. “Ciò che non è disponibile in mare non sono le imbarcazioni delle Ong di soccorso ma l’intenzione genuina di Frontex di salvare vite. Leijtens ignora semplicemente le prove presentate alla Corte, fornite da Sea-Watch, che dimostrano chiaramente che l’Agenzia esclude intenzionalmente e sistematicamente le Ong dal soccorso e le imbarcazioni commerciali dalle operazioni di ricerca e salvataggio (Sar), anche quando sono nelle vicinanze, con l’obiettivo deliberato di impedire che i rifugiati vengano salvati dalle navi che li portrebbero in Europa”.

Yambio afferma inoltre che la preoccupazione espressa da Leijtens per la vita dei rifugiati che fuggono dalla Libia è paradossale. “Frontex non può ‘salvare’ le persone dall’annegamento per poi rimandarle a morire nei campi di detenzione libici. E non spetta a lei decidere per loro -aggiunge-. Abbiamo presentato prove che dimostrano come i rifugiati sulle imbarcazioni individuate e consegnate alle milizie libiche rifiutino di venir intercettati e rapiti dai cosiddetti ‘soccorritori’, che sono dei torturatori. In molti casi, scelgono di saltare in mare piuttosto che essere rimandati indietro. Questa narrazione quindi è inaccettabile”.

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