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Nonostante tutto, non possiamo fare a meno dell’Europa

Mentre l’Ue e il Regno Unito rischiano il “no deal” e le elezioni incombono, in libreria il nuovo saggio di Alessandro Volpi. Tutte le buone ragioni per restare europeisti, contro la retorica anti-euro di sovranisti e populisti

Tratto da Altreconomia 212 — Febbraio 2019

Le elezioni europee del prossimo 23-26 maggio potrebbero essere le più importanti della storia. Non solo perché saranno chiamate alle urne circa 400 milioni di persone -in un contesto democratico solo l’India ha un corpo elettorale più vasto- ma perché oggi è il modello stesso di Europa a essere in discussione. Il Regno Unito si dibatte tra la Brexit e un possibile “no deal”. L’egoismo sovranista e le nostalgie autarchiche in molti Paesi – Italia compresa – mettono in discussione l’Unione e la moneta europea.

Come saperne di più? Alessandro Volpi, docente di Storia del Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa, affronta queste spine nel libro “Perché non possiamo fare a meno dell’Europa”, in libreria per Altreconomia edizioni.  Un’opera che affronta -in modo brillante- la complessità del tema e contrappone la forza dei fatti e dei numeri agli slogan e ai proclami lanciati sui “social”, smontando le visioni nostalgiche delle monete nazionali, le tesi nazionaliste, le derive protezionistiche e la logica dei muri eretti contro i migranti. “Se i suoi detrattori la addita come istituzione ‘matrigna’ e, in maniera del tutto aprioristica, origine di tutti i mali nazionali -afferma il professor Volpi-, la storia, la geografia e soprattutto la logica economica indicano con chiarezza, che l’Europa e la sua moneta sono indispensabili non solo per l’Unione medesima ma per i singoli Stati, cui ormai non è concessa una ‘normale’ vita da separati”.

L’autore affronta, capitolo per capitolo -contemperando tecnica e passione- le dieci grandi questioni che saranno centrali nella campagna elettorale permanente che vivremo da qui a maggio.

In primis le dure ripercussioni di un’eventuale uscita del nostro Paese (o di altri) dall’euro e la vacuità delle nostalgie per la vecchia lira; il ruolo fondamentale dell’Europa per tenere sotto controllo il debito pubblico e i suoi interessi e ridurre il costo del suo “collocamento”; la “falsa questione” del bilancio europeo e i reali e diversi vantaggi dell’adesione all’Unione Europea e all’Eurozona; lo scenario economico attuale che suggerisce la necessità di rivedere -comunque- il trattato di Maastricht e superare alcuni dei suoi vincoli; il rapporto tra le politiche industriali e gli investimenti pubblici, necessari per far decollare la ripresa; il delicato nodo della spesa sociale e della lotta alla povertà, cosa ben più complessa della sua “abolizione” per decreto; le conseguenze negative del protezionismo, in termini non solo economici ma sociali e ambientali; il “punto caldo” delle migrazioni, brandito come un’ascia dai governi populisti; le pericolose oscillazioni tra principio di rappresentanza e un’infantile “democrazia diretta” realizzati dai cosiddetti “popoli”.

“La storia, la geografia e soprattutto la logica economica indicano che l’Europa e la sua moneta sono indispensabili non solo per l’Unione medesima ma per i singoli Stati”

In attesa di elezioni decisive: “In maniera paradossale l’idea di Europa (…) -argomenta Volpi- è diventata il cuore del dibattito politico, attorno a cui aggregare visioni e famiglie di partiti e movimenti altrimenti inconciliabili. L’‘inesistente’ Europa è riuscita a occupare la scena tanto da fare delle prossime elezioni europee forse la prima consultazione di tal genere in cui l’essere a favore o contro l’Europa in modo del tutto generico definisce la sostanza della appartenenza e del consenso nazionale, e non più viceversa”. 


BENI COMUNI “DA MARE”. IL CASO DEI PORTI TURISTICI

Come può uno scoglio arginare il mare? Può succedere proprio il contrario: la costruzione di un porto turistico, con le sue barriere e dighe può provocare gravi alterazioni del moto ondoso e dei fondali. È uno dei temi centrali di “Il mare privato”, il libro curato da Fabio Balocco in uscita a febbraio, che riempie una lacuna nel campo della “letteratura dei beni comuni”. Nessuno infatti, salvo forse Antonio Cederna, aveva ancora affrontato il tema dei porti turistici o “porticcioli” (come impropriamente sono definiti). Strutture che portano con sé a corollario, insieme alla privatizzazione del mare e del suo lido, copiose colate di cemento e danni ambientali permanenti, come la distruzione dell’ambiente marino -in particolare delle prateria di Posidonia Oceanica-, e i cambiamenti del moto ondoso, che favoriscono l’erosione quando non vere e proprie devastazioni. Il focus del libro è sulla Liguria, regina del diporto con oltre 23.700 posti barca, anche perché qui è stato ideato il decreto 509/1997, maggior responsabile per la proliferazione dei porticcioli. Ma la sostanza del libro -dal capitolo dedicato alla normativa a quello che descrive le conseguenze del cemento- si può “esportare” in tutta Italia, dal Friuli a Fiumicino. I porticcioli, in sintesi, hanno l’impatto di una grande opera e pochi vantaggi in termini di indotto, limitati all’estate, visto che il resto dell’anno rimangono cattedrali nel deserto. In compenso hanno quasi sempre incontrato il favore dei politici sia di destra, sia di sinistra, intenti a vendere il sogno ai propri elettori, oltre che quello dei proprietari di barche, non proprio la maggioranza del popolo italiano. Ma ci sono altri interessi, che il libro squaderna: quelli dei grandi gruppi privati che -grazie al sistema delle concessioni- ottengono i maggiori vantaggi; e quelli della criminalità organizzata le cui infiltrazioni sono passate in giudicato. Con la prefazione di Paolo Berdini e i contributi di Sebastiano Venneri, Giampietro Filippi, Franco Zunino, Marco Piombo, Franca Guelfi e di altri attivisti e giornalisti. Una luce in questo quadro fosco? L’impegno dei comuni cittadini -comitati senza sindrome Nimby- che in Liguria difendono ancora spiagge e faraglioni; e a Chia (SU) dove il Gruppo di intervento giuridico propone di acquistare collettivamente le dune per preservarle. Prima che sia troppo tardi, perché il ricordo -come si sa- non consola.

“Il mare privato. Lo scempio delle coste italiane e il caso dei porti turistici in Liguria”, a cura di Fabio Balocco, 128 pagine, 13 euro.

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