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Ambiente / Opinioni

Non lasciatevi spaventare da Donald Trump

Il neopresidente Usa nega il riscaldamento globale, ma non può cancellare l’adesione all’Accordo di Parigi né favorire le fonti fossili. “Il clima è (già) cambiato”, l’editoriale di Stefano Caserini

Tratto da Altreconomia 189 — Gennaio 2017
Donald Trump: da gennaio 2017 è il presidente degli Stati Uniti

Il gruppo di lavoro dell’International Commission on Stratigraphy discute ancora se ci siano tutte le basi scientifiche per definire l’epoca in cui viviamo “Antropocene”, per le variazioni portate da Homo Sapiens al Pianeta, ma qualcuno si chiede già se non siamo passati oltre.
Che un miliardario sociopatico e bugiardo potesse diventare il presidente di uno dei Paesi più potenti a livello globale era stato previsto da pochi. Il curriculum di Donald Trump sul tema del riscaldamento globale lascia pochi dubbi: le sue dichiarazioni negli ultimi anni sono state di sistematica negazione del problema climatico, condite dal sarcasmo verso chi ne ha segnalato l’importanza e la gravità. Numerosi sono i “tweet climatici” di Trump diventati famosi, tweet che hanno seguito uno schema semplice ed efficace: si parte dalle temperature fredde di qualche giorno in qualche luogo e si ironizza sull’inesistenza del riscaldamento globale. Gelo a New York? “Questa stronzata del riscaldamento globale deve finire”. Nevica in Texas e in Louisiana? “Quella del riscaldamento globale è una bufala costosa”. E così via. Un cliché parecchio abusato da chi non ha chiara la distinzione fra il tempo meteorologico locale e il clima globale. Il tweet più impegnativo è stato quello in cui Trump ha definito il problema del riscaldamento globale “una bufala inventata dai cinesi per minare la competitività dell’industria americana”.

Non essendo certo uno stupido, è probabile che Donald Trump non creda davvero a quanto ha scritto. I tweet potrebbero essere motivati dalla necessità di conquistare consensi in un elettorato, quello repubblicano, in cui la negazione del problema del surriscaldamento globale rimane prevalente. Non ha quindi destato particolare sorpresa sapere che una delle prime dichiarazioni sul tema dopo la sua elezione (“Credo ci siano delle connessioni -fra riscaldamento globale e attività umane, ndr-. Alcune, in qualche caso. Dipende quanto”) sia stata vista come una parziale marcia indietro, se non un’apertura.

7 sono i tweet con cui il neo eletto presidente degli Stati Uniti Donal Trump ha ridicolizzato l’allarme per il riscaldamento globale, sulla base delle temperature rigide di qualche giorno in alcune città

Nella campagna elettorale Trump ha promesso di cancellare l’adesione all’Accordo di Parigi, di annullare il sostegno al Green climate Fund della Convenzione sul clima delle Nazioni Unite, di revocare le restrizioni allo sviluppo di combustibili fossili. Dopo la vittoria, Trump si è circondato di numerose persone da anni impegnate a combattere in modo sistematico la scienza del clima e a ostacolare le azioni federali per la decarbonizzazione del sistema energetico statunitense. Insomma, l’ipotesi che Trump possa far uscire gli Stati Uniti dalla Convenzione sul Clima, e dall’ONU, e dare un buon contributo per scatenare un conflitto globale, mentre il Pianeta si surriscalda indisturbato, non può essere esclusa. Sarebbe qualcosa in più dell’Antropocene, servirebbe un nuovo termine: il Trumpocene.

Per fortuna, il sistema normativo statunitense e il negoziato sul clima sono complessi e con procedure ben definite, le cui modifiche richiedono tempo. Chi teme quindi che Trump -che s’insedia alla Casa bianca il 21 gennaio- e la sua accolita di negazionisti-lobbisti possa affossare l’accordo di Parigi come la junta petrolifera George W. Bush-Dick Cheney affossò il Protocollo di Kyoto può stare tranquillo. Oggi lo scenario è profondamente cambiato, ci sono tanti altri attori importanti nell’arena. L’Accordo di Parigi è solo uno dei segnali che mostrano che il clima nel negoziato internazionale è cambiato. Possiamo fare molto per evitare il Trumpocene.

* Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Il clima è (già) cambiato” (Edizioni Ambiente, 2016)

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