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Ambiente

Nigeria, l’esercito della Shell

L’impresa petrolifera ha speso, in tre anni, quasi 400 milioni di dollari per la "sicurezza" nel Delta del Niger, finanziando forze governative e gruppi armati attivi nella regione, responsabili di numerose violazioni dei diritti umani. Lo rivelano documenti ufficiali

Fra il 2007 e il 2009 la Shell ha speso in Nigeria il 40 per cento per cento del budget stanziato per garantire la sicurezza delle sue operazioni. La cifra esatta ammonta a 383 milioni di dollari, a fronte di un totale di circa un miliardo.

A rivelarlo l’Ong inglese Platform, che è entrata in possesso della documentazione ufficiale della multinazionale petrolifera. Una documentazione che attesta come buona parte dei fondi siano andati a soggetti -forze governative e vari gruppi armati attivi nella regione del Delta del Niger- che per tutelare gli interessi della Shell non si sono fatti scrupolo a compiere numerose violazioni dei diritti umani.

Ben 65 milioni di dollari sono stati erogati in favore dei reparti speciali della polizia denominati “kill & go”, come lascia intendere il nome tra i più violenti di tutto il Paese, mentre per spese di 75 milioni non si trovano delle giustificazioni esaurienti.

Sul campo i conflitti e l’instabilità sociale sono in crescita esponenziale. Le comunità del Delta sono stufe dell’inquinamento provocato da perdite di petrolio o dal fenomeno del gas flaring, ma quando provano a fare sentire la loro voce, denunciando i nefasti impatti dell’estrazione petrolifera, tutto quello che ottengono è una forte repressione. Ce lo raccontano nero su bianco le carte della stessa Shell.

Per scaricare il briefing di Platform: http://platformlondon.org/2011/10/03/counting-the-cost-corporations-and-human-rights-abuses-in-the-niger-d

* Re:Common ha raccolto il testimone dalla Campagna per la riforma della Banca mondiale (CRBM), rinnovando il suo impegno a sottrarre al mercato e alle istituzioni finanziarie private e pubbliche, come Banca mondiale e Banca europea per gli investimenti, il controllo delle risorse naturali, restituendone l’accesso e la gestione diretta ai cittadini tramite politiche di partecipazione attiva. Politiche che devono facilitare la nascita di nuovi meccanismi per il finanziamento pubblico dei beni comuni a livello nazionale e globale.

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