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Nella cooperazione allo sviluppo l’Italia indietro tutta

Mancano pochi giorni alla riunione dei ministri dello Sviluppo della Unione europea che indicherà se l’Ue manterrà gli impegni assunti in materia di aiuto ai Paesi in via di sviluppo (Aps). Le 160 Organizzazioni non governative che aderiscono all’associazione Ong italiane hanno rivolto un appello ai governi dei Paesi dell’Ue e a quello italiano, fanalino di cosa tra i Paesi Ocse secondo un rapporto di Concord

In particolare, le Ong chiedono al governo Prodi di allinearsi agli obiettivi fissati con la road map decisa nella Conferenza di Monterrey (la conferenza internazionale sul finanziamento per lo sviluppo) e formalmente confermati in diverse occasioni successive.

A Bruxelles, Concord -la rete europea che rappresenta oltre 1600 Ong- ha presentato il rapporto “Risparmiate gli applausi! I Governi dell’Ue rischiano di non mantenere i loro impegni in materia di aiuto”, realizzato con l’apporto delle “Piattaforme Nazionali” -per l’Italia dell’Associazione Ong italiane- e delle reti e famiglie europee delle Ong.

Da tale rapporto si evince chiaramente come diversi Paesi dell’Unione europea non potranno rispettare gli impegni assunti in materia di aiuti ai Paesi poveri per il 2010 e per il 2015, fatto salvo un aumento drastico delle risorse stanziate.

L’andamento delle  risorse disponibili per l’Aps, infatti, ristagnano a livelli percentuali del Prodotto interno lordo (Pil) inferiori a quelli promessi, e risentono della distorsione indotta dalla contabilizzazione di risorse che nulla hanno a che vedere con la cooperazione internazionale e la lotta contro la povertà.

La media delle risorse allocate nel 2006 dagli Stati membri dell’Ue a 15 si ferma allo 0,33% del Pil, pari a circa 47,5 miliardi di euro. Almeno il 30% è “aiuto gonfiato”, cioè relativo a operazioni di cancellazione del debito, a costi per ospitare i rifugiati e per gli studenti stranieri in Europa.

Questo quadro europeo decisamente preoccupante, assume toni ancora più scuri se si analizza la situazione dell’Italia. Nel 2006 il nostro Paese ha destinato all’Aiuto pubblico allo sviluppo lo 0,20% del Pil (2,925 miliardi di euro in termini assoluti). Il 44% di quanto stanziato (cioè 1,278 miliardi di euro) è da imputarsi alla cancellazione del debito di alcuni Paesi in via di sviluppo (tra gli altri 374 milioni nei confronti dell’Iraq e 607 milioni per la Nigeria). In termini di aiuto reale, quindi, si deve parlare di un misero 0,11% del Pil italiano (1,647 miliardi di euro), ovvero del 41% in meno rispetto al 2005.

Come se non bastasse, i dati del rapporto di Concord evidenziano che il 38% dell’Aps italiano è considerato dall’Ocse “aiuto legato”. La Gran Bretagna, l’Irlanda e i Paesi nordici hanno definitivamente abbandonato questa pratica vessatoria, la Francia lo ha ridotto al 13% e la Germania al 16%.

Sono cifre e percentuali che equiparano il nostro Paese a Cipro, Ungheria o Slovenia -di certo non annoverati tra gli otto grandi della terra- e relegano l’Italia all’ultimo posto dell’Ue e a fanalino di coda dell’insieme dei Paesi Ocse.



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