Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Ambiente / Attualità

Nella comunità olandese delle Earthships, case a impatto zero

Le 23 abitazioni di Olst, nel Nord del Paese, sono come velieri in mezzo al mare, (auto)costruite per essere indipendenti dalle fonti di energia fossile. Un progetto di condivisione avviato dieci anni fa  

Tratto da Altreconomia 183 — Giugno 2016

“Earthships” letteralmente significa “navi terrestri”. Il nome racchiude in sè il concetto di abitazioni ad impatto zero ed autonome in ogni loro singola parte, come un veliero in mezzo al mare che non necessita di attingere a nessuna fonte per sostenersi.

Per vedere il primo villaggio “Earthships” in Europa è possibile far tappa a Olst, nel Nord dell’Olanda: la comunità che lo abita, composta da una quarantina di adulti, ha tradotto un modello nato negli anni Settanta negli Stati Uniti, sotto la guida dell’architetto Michael Reynolds, capace di combinare le nuove tecnologie energetiche moderne e le antiche e più semplici strutture. A livello architettonico le 23 case sono costruite basandosi sull’isolamento dall’ambiente esterno. Le abitazioni hanno un tetto spiovente e la parete anteriore ricoperti di terra, che funge da massa termica per mantenere una temperatura bassa d’estate. La facciata che guarda a Sud è interamente fatta di vetro, così da ricevere la maggior quantità di luce e calore possibile d’inverno. Questo sistema termico passivo permette di mantenere una temperatura media di 15° usando un riscaldamento minimo d’inverno, generalmente fornito dai pannelli solari e aiutato da stufe in ceramica.
Per la costruzione delle Earthships si cerca di usare il più possibile materiali riciclati e trovati sul luogo: ad Olst -dove i lavori sono iniziati una decina di anni fa, contando anche sul supporto finanziario di due banche, Triodos e Rabobank- sono stati usati pneumatici di automobili riciclati che raccolgono il calore, riempiti e ricoperti di cob. Si tratta di una mistura di terra argillosa e paglia, la quale agisce da isolante e lascia le pareti di un caldo color ocra, un materiale usato in Africa da secoli. È stato proprio un volontario arrivato dall’Africa ad insegnare alla comunità a utilizzare il cob: i volontari venuti da tutto il mondo per contribuire al processo di costruzione sono una parte integrante e fondamentale del progetto. L’impianto idrico è invece strutturato in modo da limitare gli sprechi e la quantità d’acqua utilizzata, la quale viene raccolta dalle piogge, estratta dal terreno e in seguito purificata. Un’altra peculiarità sono i servizi igienici, che non usano acqua potabile per lo scarico e sono dotati di un sistema di compostaggio che permette di riutilizzare le feci per fertilizzare l’orto. Dal tetto alle fondamenta, ogni parte della casa è ideata per “collaborare” con le altre e rendere l’intera costruzione autosufficiente ed ad impatto zero. Come spiega Estella Franssen, una delle persone che lanciò il progetto iniziale, la realtà di Olst è il primo esempio di una comunità che utilizza bioarchitettura di questo tipo in Europa. La speranza è che altri seguano l’esempio vedendo come è possibile vivere in armonia con la biosfera e con le persone che ci circondano. Grazie alle gite scolastiche, che visitano l’ecovillaggio, molti ragazzi cominciano a comprendere l’importanza di una maggiore eco sostenibilità e una minore dipendenza dalle risorse energetiche limitate.
Heleen, volontaria ora stabilitasi nella comunità, racconta di essere stata spinta dal desiderio di un contatto maggiore con le persone; avere la possibilità di conoscersi, di confrontarsi per stabilire un contatto appagante e concreto fanno della vita comunitaria l’aspetto più importante per lei. Naturalmente ci sono disaccordi, ma parte dell’accettare l’altro è anche non imporre i propri valori, lasciando ognuno libero nel proprio privato senza regole stabilite dalla comunità.
Ogni decisione viene discussa nell’assemblea di tutti i quaranta membri adulti, che si confrontano fino a raggiungere l’unanimità dei consensi. Riuscire a relazionarsi e a confrontarsi in questo modo per risolvere i problemi non è sempre facile, pertanto alcuni abitanti seguono lezioni sulla risoluzione di conflitti e sulla vita comunitaria.
Heleen ha una figlia di sette anni per qui questo luogo è come un grande parco giochi. I bambini delle varie famiglie giocano sempre insieme muovendosi liberamente fra una casa e l’altra. Lo stesso racconta Estella, che avendo un figlio spesso si ritrova la casa invasa da bambini per merenda. Per lei l’esperienza del villaggio Earthships è diversa: dieci anni fa era stata spinta a partecipare dalla consapevolezza che un cambiamento era necessario e che fosse assurdo continuare a costruire case con l’impianto a gas, per l’impatto ambientale del suo utilizzo. Più il progetto continuava, più sentiva le sue radici attaccarsi a quel piccolo pezzo di pianeta. Secondo Estella non sarebbe più parte della nostra cultura sentire le proprie radici in un luogo specifico, e tendiamo a spostarci da un posto all’altro non per il luogo in sé, ma per ciò che possiamo trovarvi. “Da quando ho fatto crescere le mie radici in questo posto, ho cominciato a fiorire” spiega.
E così è stato anche per l’ambiente intorno, che da terra consumata dalla monocultura, fertilizzanti chimici e pesticidi, sta ritrovando il proprio eco sistema. Gli uccelli tornano a fare i nidi negli alberi intorno alle case, ci sono rane negli stagni e le lucertole nei giorni di sole. Più Estella lavorava e si insediava in quel luogo, più l’ambiente circostante cominciava a parlarle. La connessione e il sentimento nato dal veder crescere e fiorire una pianta messa in terra con le proprie mani era quello che sperava di trovare. Oltre alla connessione con il luogo è nato anche un forte legame con le altre persone.
“La comunità è nata quando le case non erano ancora costruite” racconta Estella. I membri originari, infatti, hanno vissuto per due anni in camper -con tutta la loro famiglia- lavorando ogni giorno alla costruzione della loro casa, e mantenendo anche il loro lavoro “formale”, fuori. Oggi la profonda connessione istauratasi fra i membri è per Estella l’immensa ricompensa per i suoi sforzi. La casa non è più solo un punto di arrivo, ma è il mezzo materiale per raggiungere questi obiettivi.

Attraverso i tour organizzati dai residenti (tutte le informazioni sono sul sito www.aardehuis.nl/en/) la diffusione del progetto attraverso i media e le diverse iniziative della comunità, sono in molti a considerare sempre più seriamente la possibilità di cambiare il proprio stile di vita: alcune persone stanno già lavorando su un nuovo progetto, sempre in Olanda.


© riproduzione riservata

 

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati