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Nasce la Banca del Sud, la risposta latinoamericana a Fondo monetario e Banca mondiale


Il Sud America fa un passo deciso verso l’autonomia finanziaria
e l’integrazione economica regionale. Il 10 dicembre, a Buenos Aires, è nata la Banca del Sud (Bds), che si propone come alternativa locale alle grandi organizzazioni finanziarie internazionali.

Banca mondiale (Bm), Fondo monetario internazionale (Fmi) e Banca interamericana per lo sviluppo (Bid) per decenni hanno dominato incontrastate nella regione, imponendo, sotto il ricatto dei finanziamenti, politiche economiche spesso fallimentari. La Bds dovrebbe essere operativa già a marzo 2008. 

Secondo il premio Nobel per l’economia Josep Stiglitz si tratta di “un’iniziativa importante: un’istituzione del genere potrà capire meglio del Fmi o della Banca mondiale le esigenze del Sud America”.

La Bds concederà prestiti per lo sviluppo, cercando di favorire l’integrazione regionale (il Bid, rivolto esclusivamente all’America Latina, destina a tale scopo solo il 2 per cento dei suoi prestiti).

Il capitale iniziale dovrebbe aggirarsi intorno ai 7 miliardi di dollari, rastrellati dalle riserve internazionali di ciascun Paese. Ma, a differenza di Fmi e Bm, a tutti i soci sarà assicurata la parità di voto, a prescindere dall’apporto di capitale. La sede principale della banca sarà a Caracas, in Venezuela, ma sono previste delle filiali anche a Buenos Aires (Argentina) e La Paz (Bolivia).

Fomento principale della Bds è stato il presidente venezuelano Hugo Chávez, che già dall’agosto 2004 auspicava la nascita di una nuova entità finanziaria regionale. L’idea è divenuta un progetto concreto solo a febbraio di quest’anno, quando il presidente argentino Kirchner ha ufficializzato il suo sostegno.

A ottobre è arrivato poi il passo decisivo: a Rio de Janeiro, i ministri dell’Economia di Venezuela, Argentina, Brasile, Bolivia, Ecuador, Uruguay e Paraguay hanno redatto l’atto di fondazione della banca, cominciando a definire obiettivi e finalità del nuovo organismo. Si pensa soprattutto al finanziamento di grandi progetti di infrastruttura, ad esempio il completamento del “Gasdotto del Sud”, un impianto capace d’irradiare il gas venezuelano e boliviano nell’intera regione.

Progetti di questo tipo, però, sono al centro del dibattito sul modello di sviluppo economico più adeguato per le popolazioni dell’America del Sud.

Per il momento l’area di manovra non si estenderà invece ad altri Paesi del Sud, neanche ai vicini centro americani. Il progetto ha convinto anche la Colombia di Uribe, mentre per il momento il Cile ha deciso di restare a guardare.

Negli ultimi anni i Paesi sudamericani hanno generato un risparmio domestico significativo: soltanto le riserve di Brasile, Venezuela e Argentina ammonterebbero, secondo le stime, a 154 miliardi di dollari. Denaro che però raramente si è incanalato verso l’economia regionale.

Ma sono tempi di cambio. Il Fondo monetario internazionale sta affrontando un piccolo terremoto finanziario: per risparmiare sul pagamento degli interessi, diversi Paesi membri hanno utilizzato le loro riserve internazionali per ridurre l’indebitamento. Brasile, Argentina, Uruguay hanno effettuato pagamenti anticipati per più di 25 miliardi di dollari. Colombia, Cile, Messico, Perù e Venezuela hanno invece ottenuto aperture di credito che non hanno utilizzato.

L’indipendenza finanziaria del Sud America si sta concretizzando con rapidità imprevista e potrebbe essere d’esempio ad altre regioni del Pianeta. A spingere in tal senso contribuisce soprattutto l’assenza di spiragli di cambiamento nelle gerarchie di Fmi e Bm: Stati Uniti ed Europea anche quest’anno hanno rispettato la tradizionale spartizione delle poltrone.

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