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Napoli, la rivoluzione dell’Asilo

Una parte del complesso monumentale di San Gregorio Armeno rinasce grazie ad un regolamento sugli “usi civici”, approvato nel dicembre del 2015 dalla giunta De Magistris. La delibera di assegnazione ne garantisce l’utilizzo “a tutti i cittadini che attraversano il territorio, e comunque all’intera collettività [e] il funzionamento in base a processi partecipativi”. L’editoriale di Tomaso Montanari 

Tratto da Altreconomia 181 — Aprile 2016

Napoli: non c’è città al mondo in cui il rapporto tra le eccezionali qualità e importanza storica del patrimonio culturale e la sua conservazione e apertura ai cittadini sia così svantaggioso, anzi rovinoso. La cosa è tanto più paradossale se si pensa che il patrimonio, a Napoli, è diffuso capillarmente: ogni strada del suo gigantesco centro storico, anche la più degradata, è in qualche modo monumentale. In particolare, l’enorme “Napoli sacra”, la cittadella religiosa fatta di chiese, oratori, confraternite, conventi, monasteri, innerva altrettanto capillarmente il corpo della città: e ne è, in qualche modo, l’anima. Un’anima non solo religiosa, ma civile: la Napoli religiosa di ieri offre alla Napoli civile di oggi un’enorme quantità di spazio pubblico di straordinaria qualità. Ma come è possibile rendere di nuovo accessibile questo straordinario patrimonio negato, questo cruciale bene comune? 

Ebbene, dopo anni di inerzia, di incuria, di abbandono, una via si è aperta. Quattro anni fa, nel 2012, un gruppo di lavoratori della conoscenza ha occupato una parte del complesso monumentale di San Gregorio Armeno, il monastero femminile benedettino noto in tutto il mondo per la via dei presepi che lo fiancheggia. Già nel Cinquecento quegli spazi erano stati destinati ad opificio, e dopo la Guerra Giulia Filangieri di Candida vi fondò un orfanotrofio: da allora, per tutti, quello è l’Asilo Filangieri. 

Come moltissime altre parti del centro storico, anche l’Asilo venne abbandonato dopo il disastroso terremoto del 1980: e quando, nel 2012, si pensò di destinarlo al Forum delle Culture (un carrozzone grottesco che si tradusse in una vera danza macabra giocata su una città in disfacimento), una comunità di artisti e intellettuali ne occupò gli spazi. 

Da allora l’Asilo è resuscitato, diventando un luogo di incontro, di cultura, di cittadinanza. Nel dicembre del 2015, la giunta De Magistris ha approvato una delibera che consente l’uso civico dell’Asilo, con un apposito regolamento, ispirato alla più eletta dottrina costituzionale. “Gli ‘usi civici’ -vi si legge- sono la più antica forma di uso collettivo di beni destinati al godimento e all’uso pubblico (sent. Cort. Cost. n. 142/1972); vi è una stretta connessione fra l’interesse della collettività alla conservazione degli usi civici e il principio democratico di partecipazione alle decisioni in sede locale (sent. Cort. Cost. n. 345/1997)”. Il regolamento del Filangieri è un’innovazione giuridica, sociale e politica che viene già vista come un traguardo, in Italia e in Europa. In un Paese e in una città in cui la norma è l’esercizio pubblico di interessi privati, l’uso civico dell’Asilo è -diciamolo con le parole con cui Piero Calamandrei, nel 1956, difese Danilo Dolci, che per protestare si era messo a ricostruire una strada pubblica- un “esercizio privato di pubbliche funzioni volontariamente assunte dai cittadini a servizio della comunità”. 

La delibera sull’Asilo garantisce “l’uso consentito a tutti i cittadini che attraversano il territorio, e comunque all’intera collettività; il funzionamento in base a processi partecipativi”. Così la Napoli sacra torna a vivere: con una sacralità nuova, quella dell’eguaglianza costituzionale.

* Tomaso Montanari è professore ordinario di Storia dell’arte moderna all’Università di Napoli. Il suo ultimo libro è “Privati del patrimonio” (Einaudi, 2015)

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