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Ambiente

Nagoya, COP10: un passo avanti per la tutela della biodiversità

Nasce il "Protocollo di Nagoya" che, dopo quello di Kyoto, dovrebbe impegnare i 190 Paesi membri della Convenzione per la Diversità Biologica (CBD) nei prossimi 10 anni a tutelare in maniera vincolante e efficace la biodiversità del nostro pianeta.Ad un…

Nasce il "Protocollo di Nagoya" che, dopo quello di Kyoto, dovrebbe impegnare i 190 Paesi membri della Convenzione per la Diversità Biologica (CBD) nei prossimi 10 anni a tutelare in maniera vincolante e efficace la biodiversità del nostro pianeta.
Ad un mese dalla 16a Conferenza delle Parti di Cancun sul cambiamento climatico è una boccata di ossigeno, considerate le difficoltà che i Governi stanno incontrando nel trovare un accordo che contrasti il riscaldamento globale.
Due gli elementi interessanti dell’accordo scaturito nella città giapponese di Nagoya, nella Conferenza delle Parti che si è tenuta dal 18 al 29 ottobre. Il primo è la moratoria sulla geoingegneria, quella serie di pratiche teconolgiche che, attraverso l’applicazione di progetti alcuni dei quali fantascientifici, dovrebbe contrastare il cambiamento climatico. Alcuni esempi? Il premio Nobel per la chimica Paul Joseph Crutzen propose di abbassare la temperatura della Terra liberando nell’atmosfera enormi quantità di zolfo.     Sostanzialmente, si andrebbe ad immettere nella stratosfera almeno un milione di tonnellate di zolfo portato da una serie di palloni lanciati dalla zona dei Tropici. Lassù, il materiale verrebbe bruciatoper ottenere biossido di zolfo, che verrebbe convertito particelle di solfato infinitesimali, una sorta di scudo capace di assorbire parte dei raggi solari. Costo? 14 miliardi di euro all’anno.
I 193 Paesi firmatari hanno raggiunto un accordo che chiede ai Governi di assicurare che non siano attività di geoingegneria senza che non siano state prese in considerazione in maniera approfondita le conseguenze ambientali e sulla biodiversità e gli impatti culturali ed economici.
Una decisione che si collega alla precedente moratoria del 2008 nsulla fertilizzazione oceanica, un accordo negoziato durante la scorsa Conferenza delle Parti di Bonn che frenò una serie di esperimenti molto rischiosi per catturare il biossido di carbonio nel fondo degli oceani, attraverso il rilascio di nutrienti sulla superficie marina capace di far aumentare esponenzialmente la vita algale.
Secondo Francois Simard, del Conservation group dell’Iucn: «Siamo certamente a favore di più ricerca, come in tutti i campi, ma non per il momento a qualsiasi implementazione, perché è troppo pericoloso. Non sappiamo quali effetti potrà avere. Migliorare la salvaguardia della natura è quel che dovremmo fare per combattere il cambiamento climatico, non cercare di cambiare la natura».
Ad un accordo così importante si affianca al Protocollo ABS (Access and Benefit Sharing Protocol) che inizia a mettere uno freno alla biopirateria, consentendo ai Paesi ricchi di biodiversità di poter condividere i benefici dell’utilizzo delle risorse naturali con le multinazionali che, fino a ieri, ne risultavano le sole beneficiarie.
E al Piano d’azione per la tutela della biodiversità, che ha l’obiettivo di ridurne la perdità entro 10 anni. Il Giappone ha annunciato lo stanziamento di oltre 2 miliardi di dollari in tre anni per la costituzione di un fondo per i Paesi in via di sviluppo. Una posizione chiara che ha trovato poca eco nei Paesi industrializzati, che hanno deciso un percorso fino al 2012 per individuare i finanziamenti necessari.
Il nuovo Piano d’Azione per la biodiversità individua anche l’obiettivo di proteggere il 17% degli habitat terrestri che è un incremento modesto dell’attuale 10% ma pur sempre uno slancio in avanti perchè riguarda tutto il pianeta e da realizzarsi in un arco di tempo piuttosto breve (10 anni).
Il WWF ha confermato il fondamentale ruolo delle ONG in questi giorni di trattative nel legare tra loro i paesi, nel trovare soluzioni, nell’avvicinare posizioni, un continuo sforzo di facilitazione che ha aiutato a superare le contrapposizioni tra paesi sviluppati e non.
Un passo avanti per un futuro più sostenibile, in attesa che anche il prossimo appuntamento di Cancun sappia fare altrettanto.
 

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